mercoledì 25 aprile 2018

Santità nascosta: Maria Chiara Damato



Nel parlatorio del monastero delle Clarisse ad Albano trovo un pieghevole con la narrazione di quanto sia viva una loro suora morta 70 anni fa: molte persone vengono a visitare la tomba (anche papa Francesco), altri scrivono per avere reliquie, nella cassetta per le preghiere che è in chiesa vengono lasciati tanti bigliettini per richieste di grazie.
Sono andato allora a riprendere in mano un libro che avevo scritto 20 anni fa su di lei, la serva di Dio Maria Chiara Damato (Il fascino del chiostro. Maria Chiara Damato, Città Nuova, Roma 1998. L’anno successivo un altro libretto: La “perfetta letizia” di Maria Chiara Damato, Albano 1999).

Buoni si nasce, santi si diventascrivevo nell’introduzione –. Vincenzina era una bambina buona. Ma ce ne sono tante di bambine buone! Come avrà fatto a diventare santa? (e di santi ce ne sono pochi, almeno canonizzati).
Forse ci aspettiamo di vederla compiere prodigi e miracoli, o almeno ricevere qualche grazia mistica particolare, così comuni nella vita dei santi. Niente di tutto ciò. Delusione! Possiamo chiudere il libro prima ancora di leggerlo perché sicuramente non troveremo una di quelle belle vite avventurose che ci lasciano col fiato sospeso.

Oppure tiriamo un sospiro di sollievo perché, se anche nella nostra vita non ci sono miracoli ed eventi straordinari, possiamo consolarci: non per questo ci è preclusa la strada alla santità. «La santità a noi richiesta – affermava infatti Paolo VI – non è quella dei miracoli, cioè dei fenomeni straordinari, ma quella della volontà buona e ferma che, in ogni vicenda ordinaria della vita comune, cerca la rettitudine logica della ricerca della volontà di Dio».

Vincenza Damato è una ragazza come tante che, agli inizi del 1900, vive a Barletta, in una tranquilla cittadina del Sud, in provincia di Bari. A 19 anni va ad Albano Laziale, sulle colline vicino a Roma, per chiudersi in un monastero di clausura. Vi uscirà solo per morire, a 39 anni.


Poi, verso la fine del libro mi domando: 

Come ha fatto sr. Maria Chiara a diventare santa?
A lei lo Spirito aveva suggerito di esprimere il suo amore per lo Sposo nel conformarsi pienamente a lui. La sua preghiera era esplicita: “Gesù mio Diletto, che io divenga una viva tua copia, che i tuoi lineamenti si riversino in me”.
Il suo rapporto con Gesù è stato un rapporto sponsale: Lui era lo Sposo, lei la sposa, nella reciprocità dell’amore e del dono. Se lo ha seguito fin sulla croce è perché la sposa segue la sorte dello Sposo. Alla fine della vita aveva riconosciuto che il Padre celeste si era “compiaciuto donarmi il Suo Santissimo figlio per Sposo; vuol farmi diventare una viva copia di Lui mediante la sofferenza”.
Ha amato come lui ha amato. Di qui il suo amore per la Sorelle del monastero, il servizio premuroso per ognuna di esse, a cominciare dalle più piccole, il suo impegno generoso per l’edificazione della fraternità...
Ha fatto propri gli interessi di lui. Di qui il desiderio appassionato di farsi vittima con lui per cooperare alla salvezza dell’umanità dai volti concreti: quelli della sorella protestante, dei peccatori, dei poveri, dei popoli in guerra. Di qui la volontà di contribuire alla santità delle persone consacrate, dei sacerdoti, dei missionari...

Ma il culmine della sua conformazione a Gesù suor Maria Chiara l’ha forse raggiunto quando anche lei, come lo Sposo suo, si è sentita sola e abbandonata da tutti.
Il chiostro l’aveva affascinata. Quando parlava del monastero lo definiva “il mio paradiso”. Ma la sua vocazione ultima non era il chiostro. Il monastero era solo un mezzo per giungere a Dio. L’unico ideale doveva essere Dio. Per questo Dio, nell’ultimo periodo della sua vita, le chiede di perdere ciò che aveva di più caro, il monastero appunto, per l’Unico necessario.
È la prova più grande della sua vita. La malattia la strappa dal convento e la porta di ospedale in ospedale.
Dio le toglie il chiostro, il monastero, il coro, le Sorelle, la Madre perché possa essere degna sposa del Figlio suo, consumata con lui fino ad essere trasformata in lui. Nell’accettazione, per amore, della volontà di Dio che le si manifesta in maniera così inattesa, troviamo il perché della santità di suor Maria Chiara. Il dolore, aveva scritto alla sorella, era per lei “la via più certa e vantaggiosa per divenire alter Christus”.
La santità di sr. Maria Chiara è stata l’unica santità possibile, la piena conformazione a Cristo Gesù, fino ad essere come lui, immolata sulla croce per l’umanità intera. È la santità possibile per tutti, anche se il modo di seguire Gesù e di essere simili a lui non sarà lo stesso di quello di suor Maria Chiara. Lei lo ha seguito come le veniva suggerito dallo Spirito Santo. Il chiostro è stato il luogo della sua santità, ma non era quello la sua santità. Alla fine Dio l’ha strappata dal chiostro per mostrarci che è indifferente il luogo o la condizione. Deve restare solo Dio.
L’importante è saper rispondere con generosità agli inviti che lo Spirito rivolge a ciascuno. Per vie diversi, tutti siamo chiamati alla stessa metà.

Mi pare che anche le Clarisse di oggi, ad Albano, continuino in quella meravigliosa avventura.




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