«Io sono il buon pastore,
conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce
me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore» (Gv
10, 11-18).
Conosciuti
e amati
Tu ci conosci, a uno a uno,
e con ognuno di noi hai un rapporto personale. Sai la nostra storia, i sogni
segreti, le prove e i dolori, le gioie intime. Tutto il contrario di quando ci
si riferisce, in modo dispregiativo, a un “branco di pecore”, dove i singoli
sono anonimi e amorfi.
Nel tuo gregge ogni persona è unica, ha un
inestimabile valore, costituisce il bene più prezioso che tu possiedi, al punto
che per ognuno sei pronto a dare la vita, tanto ti siamo cari.
Mi conosci come nessuno mi
conosce, mi penetri come nessuno può farlo. Mi conosci in un rapporto d’amore
vivo e concreto. Non è soltanto un pensiero, un sentimento, ma un’azione: dai
la vita per me, mi strappi dalla morte. Ti fai sbranare dal lupo rapace perché
io sia salvo. Il tuo morire per me non è una fatalità, un tragico incidente; è
il frutto di una libera scelta: nessuno ti toglie la vita con violenza, la dai
da te stesso, perché mi ami veramente.
Instauri in terra, con noi,
quei rapporti di conoscenza e d’amore che vivi in cielo con il Padre, dove la
conoscenza, l’amore, la generazione sono reciproci. Di tanto in tanto nel tuo
parlare apri uno squarcio di Paradiso e lasci intravedere la sovrabbondanza di
vita, di essere, di amore che fa di Dio la Trinità, in un gioco di rapporti in
cui ognuno conosce l’altro con una conoscenza che è dono, comunione, che fa sì
che l’Altro sia e i Tre siano Uno nell’unità della conoscenza, del dono,
dell’amore.
Vuoi coinvolgerci nello stesso
gioco d’amore. Tu ci conosci, ci ami, ti doni e altrettanto chiedi a noi nei
tuoi confronti. Scatta così la medesima dinamica che ti muove verso di noi. È
la nostra vocazione: conoscerti, sapere i tuoi sogni segreti, penetrare il tuo
mistero e amarti come l’unico, possederti come il dono più prezioso, fino a
dare la vita per te, nell’obbedienza alla tua parola, come tu la dai a noi
nell’obbedienza al Padre.
Rivivere con te il rapporto
trinitario di reciprocità che tu vivi con il Padre, fino a che si dilati e
giunga a coinvolgere, a una a una, anche le altre pecore vicine e lontane,
quelle nel recinto e quelle fuori dal recinto, così da diventare un solo
gregge, una sola famiglia, che rispecchi, in terra, l’unità trinitaria.
I rapporti di conoscenza, di
amore, di dono della vita si moltiplicheranno all’infinito, da persona a
persona, da ognuno di noi a te, da tutti a te, al Padre, allo Spirito. Un gioco
che si eternizzerà dietro a te, Pastore buono, che ci conduci nel seno della
Trinità.
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