La
lettera del Papa “Rallegratevi ed esultate” non soltanto ricorda che la santità
riguarda tutti, ma che può essere vissuta anche oggi, in questo nostro tempo, in questa nostra società. Questo intendo è chiaramente espresso nel sottotitolo “Sulla
chiamata alla santità nel mondo moderno”. La santità è sempre la stessa, come
spiega bene: è vivere i misteri di Gesù, identificandosi sempre più con lui, fino a giungere alla pienezza dell’amore.
Il programma è delineato nelle beatitudini e nel discorso del giudizio finale, la grande regola di comportamento sulla quale saremo giudicati: l’amore concreto verso tutti (Capitolo terzo dell'Esortazione).
Il programma è delineato nelle beatitudini e nel discorso del giudizio finale, la grande regola di comportamento sulla quale saremo giudicati: l’amore concreto verso tutti (Capitolo terzo dell'Esortazione).
Ma
il Papa ha un suo modo originale per portare nella vita di oggi quelle realtà
evangeliche, per mostrarne l’attualità confrontandole con la cultura moderna.
Il quarto capitolo della lettera si intitola proprio così: “Alcune
caratteristiche della santità nel mondo attuale”. Come essere santi in mezzo ai
rischi e ai limiti della cultura di oggi, nella quale si manifestano «l’ansietà nervosa e violenta che ci disperde e debilita; la
negatività e la tristezza; l’accidia comoda, consumista ed egoista;
l’individualismo, e tante forme di falsa spiritualità senza incontro con Dio
che dominano nel mercato religioso attuale»?
La
sua proposta si sintetizza, in maniera semplice e realista, in cinque manifestazione
dell’amore per Dio e per il prossimo.
In un mondo aggressivo ed egocentrico la santità consiste nel «sopportare,
sostenere le contrarietà, le vicissitudini della vita, e anche le aggressioni
degli altri, le loro infedeltà e i loro difetti». Siamo sommersi dalla violenza di tutti i tipi, prima di tutto da verbale, anche attraverso i media. Davanti alle calunnie, alle avversità, alle
umiliazioni non possiamo rispondere con altrettanta violenza. La santità consiste nel non «lasciarci trascinare dalla violenza che invade la
vita sociale, perché la grazia smorza la vanità e rende possibile la mitezza
del cuore. Il santo non spreca le sue energie lamentandosi degli errori altrui,
è capace di fare silenzio davanti ai difetti dei fratelli ed evita la violenza
verbale che distrugge e maltratta, perché non si ritiene degno di essere duro
con gli altri, ma piuttosto li considera “superiori a sé stesso” (Fil 2,3).
Non ci fa bene guardare dall’alto in basso, assumere il ruolo di giudici
spietati, considerare gli altri come indegni e pretendere continuamente di dare
lezioni. Questa è una sottile forma di violenza». Questo è eroismo della
carità, e quindi della santità, possibile solo a un cuore pacificato da Cristo, libero
dall’aggressività.
La seconda caratteristica della santità di oggi è la gioia, perfino il
senso dell’umorismo, anche nei momenti di sofferenza. Ma è possibile? Come gioire davanti a tanto male che ci circonda, a tante preoccupazioni e difficoltà. La gioia del cristiano non è quella superficiale e facile, ma quella che nasce dalla
consapevolezza di essere amati da Dio.
La terza è l’audacia, la libertà interiore che spinge ad amare
tutti e a dare a tutti testimonianza dell’amore di Dio. Chi possiede questi doni? Non
siamo piuttosto fragili e deboli? Proprio questa piccolezza e inadeguatezza è la materia prima della santità: «Riconosciamo la nostra fragilità ma lasciamo che Gesù
la prenda nelle sue mani e ci lanci in missione. Siamo fragili, ma portatori di
un tesoro che ci rende grandi e che può rendere più buoni e felici quelli che
lo accolgono». Questo aiuta a uscire da se stessi e a essere
creativi: «Sfidiamo l’abitudinarietà, apriamo bene gli occhi e gli orecchi, e
soprattutto il cuore, per lasciarci smuovere da ciò che succede intorno a noi e
dal grido della Parola viva ed efficace del Risorto».
Come si vede in tutti questi aspetti che il Papa sta esaminando, si capisce che la santità è prima di tutto un dono di Dio, accolto con gratitudine.
Come si vede in tutti questi aspetti che il Papa sta esaminando, si capisce che la santità è prima di tutto un dono di Dio, accolto con gratitudine.
Quarto: in comunità. Da soli è troppo difficile andare controcorrente e resistere all'ondata di male che ci investe: «È tale il
bombardamento che ci seduce che, se siamo troppo soli, facilmente perdiamo il
senso della realtà, la chiarezza interiore, e soccombiamo. La santificazione è
un cammino comunitario, da fare a due a due». Una vita in comune è fatta, spiega il Papa, di tanti piccoli dettagli ai quali essere attenti per rendere sempre più
concreto l’amore reciproco, in modo da prendersi cura gli uni degli altri.
Infine: in preghiera costante. «Il santo è una persona dallo
spirito orante, che ha bisogno di comunicare con Dio... Non credo nella santità
senza preghiera… Dunque mi permetto di chiederti: ci sono momenti in cui
ti poni alla sua presenza in silenzio, rimani con Lui senza fretta, e ti lasci
guardare da Lui? Lasci che il suo fuoco infiammi il tuo cuore?». Non si tratta
di evasione, ma di saper portare il mondo che ci circonda, con le persone
concrete e la storia, con noi davanti a Dio, e adorarlo nel silenzio
o nel cantarlo con gioia, nell'ascoltarlo nella lettura orante della Parola di
Dio, nell'incontrarlo nell'Eucaristia.
Sì, ci si può fare santi anche in questo nostro mondo, fatto com'è
fatto.
Nessun commento:
Posta un commento