martedì 6 marzo 2018

Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi



«Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione» (Lc 22, 15). Sono le prime parole che risuonano nel cenacolo.


«Nel desiderio di Gesù – ha spiegato Benedetto XVI nell’omelia del giovedì santo, il 21 aprile 2011 possiamo riconoscere il desiderio di Dio stesso, il suo amore per gli uomini, per la sua creazione, un amore in attesa. L’amore che attende il momento dell’unione, l’amore che vuole attirare gli uomini a sé, per dare compimento con ciò anche al desiderio della stessa creazione: essa, infatti, è protesa verso la manifestazione dei figli di Dio (cf. Rm 8,19). Gesù ha desiderio di noi, ci attende».
Sa che andrà alla morte, e a una morte infamante, maledetta: sarà desidero, percosso, umiliato… ne è pienamente cosciente (cf. Mc 8, 31). Niente lo trattiene, sa che questa è la volontà del Padre e questa sola vuole, è il suo cibo quotidiano.
Per questo è venuto e finalmente il momento tanto atteso è giunto.

Lo confida ai discepoli perché sono davvero i suoi “amici” e agli amici niente può essere celato. Sono loro i primi destinatari dell’atto che sta per compiere. È con loro che egli vuole cenare. Lungo i Vangeli lo troviamo spesso a tavola, alle feste di nozze, al banchetto dei farisei come a quelli di peccatori e prostitute. Questa sera vuole sedere a tavola soltanto con i Dodici. Ha da affidare loro qualcosa di grande, di unico, che sarà per tutti e di cui loro stessi diventeranno ministri. Una cena nell’intimità, per gli amici, e nello stesso tempo già aperta al mondo intero, col desiderio di riunire l’umanità intera attorno al grande banchetto che sta per imbandire e di cui quello nella sala superiore è segno profetico e strumento di attuazione. L’intimità del cenacolo è già spalancata, le pareti di quella sala si aprono sull’universo. Perché tale è l’intimità di Dio, sempre creatore e Padre: avvolgente per tutto e tutti.

Il Padre che vuole sedersi a tavola con noi. Dal primo istante in cui siamo usciti dalle sue mani ha desiderato raccoglierci attorno a sé, come la sua famiglia, stringendoci nell’abbraccio paterno. Egli vuole essere il “Dio tra noi”, il nostro Dio e vuole che noi siamo il suo popolo.
Ha affidato al Figlio diletto, l’Amato, il compimento del suo desiderio di sempre, ed ora che il tempo è compiuto si realizza, nel cenacolo.

La prima cosa da fare, entrando nella sala superiore e sedendoci a mensa attorno a Gesù, fianco a fianco con i suoi discepoli, è credere all’amore e Dio e lasciarci avvolgere da esso: siamo desiderati, cercati, raggiunti, amati. 

La prima cosa da fare, entrando nella sala superiore e sedendoci a mensa attorno a Gesù, fianco a fianco con i suoi discepoli, è credere all’amore e Dio e lasciarci avvolgere da esso: siamo desiderati, cercati, raggiunti, amati. Un Dio che s’invita a pranzo e ci invita a pranzo. Ognuno di noi per lui è importante e ci rende tali. C’è ancora posto per complessi di inferiorità, per frustrazioni, sensi di abbandono e di solitudine? 

«Gesù ci ha amato – ricordava papa Francesco alle persone emarginate alle quale lavava i piedi il 2 aprile 2015. Gesù ci ama. Senza limiti, sempre, sino alla fine. L’amore di Gesù per noi non ha limiti: sempre di più, sempre di più. Non si stanca di amare. Nessuno. Ama tutti noi, al punto da dare la vita per noi. Sì, dare la vita per noi; sì, dare la vita per tutti noi, dare la vita per ognuno di noi. E ognuno di noi può dire: “Ha dato la vita per me”. Ognuno. Ha dato la vita per te, per te, per te, per me, per lui… per ognuno, con nome e cognome. Il suo amore è così: personale. L’amore di Gesù non delude mai, perché Lui non si stanca di amare, come non si stanca di perdonare, non si stanca di abbracciarci. (…) Gesù ci ha amato, ognuno di noi, sino alla fine».




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