giovedì 15 marzo 2018

Una lettera a Leone XII


Questa sera decima “lectio brevis” con la quale faccio conoscere alcune delle fonti oblate.

Oggi ho mostrato alcuni documenti di particolare importanza riguardanti l’approvazione della Regola degli Oblati da parte di Leone XII nel 1826.
Oltre naturalmente alla bolla pontificia, che porta la data del 21 marzo 1926, ho mostrato la lettera, in latino, che sant’Eugenio scrisse al papa l’8 dicembre 1825, in vista dell’incontri che poi ebbe con lui il 20 gennaio 1826.
Lo stesso sant’Eugenio la tradusse in italiano, ma l’originale di questa lettera è in Vaticano. Eccone comunque alcuni brani, nel suo bell’italiano:

L’abate de Mazenod, vicario generale di Marsiglia, prostrato ai piedi di Vostra S[antità], gli espone umilmente che fin dall’anno 1815, il sovrano pontefice Pio VII avendo manifestato che desiderava che si facessero in Francia dalle missioni al popolo demoraliz[z]ato dalla rivoluzione, lui ed alcuni compagni scelti si fecero un dovere di consacrarsi a questo ministero nella diocesi di Aix in Provenza 

Le benedizioni straordinarie che Iddio si compiacque di spargere sugli sforzi del loro zelo, fecero nascere il pensiero ai vescovi circonvicini di procurare i mede[si]mi vantaggi ai loro diocesani. L’abate de Mazenod si stimò fortunato di essere al caso di corrispondere alle domande reiterate che quei prelati aveano fatto per determinarlo a evangeliz[z]are coi suoi compagni le loro diocesi, nulla più desiderando che di propagare vieppiù la conoscenza di Gesù Cristo, ed il rawedimento di un maggior numero di traviati. Ma i missionari con ragione pensarono che, dovendo ormai estendersi in diverse diocesi, non si poteva a meno che di fissare certe regole comuni, che fossero come il legame delia loro nascente società.

Colpiti essi stessi dei prodigi che la grazia operava per mezzo del loro ministero, capirono che, per rendersi degni della loro vocazione, bisognava camminare sulle orme dei santi e procurare ai soggetti della società la facilita di poter travagliare all’opera della propria perfezione nel tempo stesso che procurerebbero ai popoli mezzi opportuni di santificazione predicando loro la penitenza.
Fu comune risoluzione di abbracciare i consigli evangelici e di darsi senza riserva a tutto ciò che potrebbe procacciare maggiormente la gloria di Dio, la salute delle anime le più derelitte ed il servizio della Chiesa.
Le regole e le costituzioni della società dei Missionari Oblati di s[an] Carlo (questo fu il nome che presero), chiamati volgarmente Missionari di Provenza, furono composte in questo senso.

I missionari consacraronsi principalmente alle missioni, fine principale del loro istituto, preferendo sempre i paesi più ab[b]andonati, ove predicano in lingua volgare, cioè nel patois, idioma del volgo, che in quei paesi fuor di mano non capisce bene il francese. Diedero soccorso al clero per la riforma dei costumi cogli esercizi ed una buona educazione chiericale nei seminari. Aiutarono la gioventù, formando congregazioni cristiane per sottrarla alla corruzione del secolo. Finalmente si diedero tutti al servizio dei poveri prigionieri, che istruiscono, ai quali amministrano i sacramenti, e che accompagnano persino sul palco quando vengono condannati a morte…
Fanno il servizio di sei vastissime diocesi. Fanno pure il servizio degli ospedali di Aix, delle prigioni di Marsiglia, di quelle di Aix, del santuario della Madonna du Laus (ove concorrono più di cinquanta mila pel[l]egrini all’anno), ecc. Sono invitati dai vescovi a prendere la direzione dei loro seminari. Hanno di più la consolazione di godere dell’affetto e della stima dei loro superiori e dei loro concittadini. Ma manca loro quel che desiderano di più, ciò che ognun di loro sollecita colle più calde brame e le istanze più vive per mezzo del loro superiore, l’abate de Mazenod, manca loro l’approvazione di Vostra Santità…

Ma questa famiglia, della quale la Santità Vostra è l’amato padre, questa famiglia, tutta dedita alla Chiesa, alla santa Sede ed alla sacra persona della Santità Vostra, la supplica di aggiungere ai benefizi già accordati quello di darle la consistenza, che solo può tenere dalla Santità Vostra e che aspetta con intiera fiducia dall’approvazione formale che Vostra Santità si degnerà dare alle sue regole…
Si degni dunque, beatissimo Padre, dare l’ultima mano e consolidare per sempre un opera tanto importante, munendola della sua pontificia sanzione e della sua apostolica benedizione.
La Santità Vostra è supplicata nello stesso tempo di dare ai missionari, nella bolla di approvazione che domandano a Vostra Santità, il nome di Oblati della santissima ed immacolata Vergine Maria in- vece di Oblati di s[an] Carlo, affine di evitare qualunque confusione di nomi con altre congregazioni…


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