21 marzo 1826. A Roma iniziava la
primavera. Iniziava anche per la Congregazione degli Oblati che in quel giorno
ricevette la bolla di approvazione da Papa Leone XII. Nella mia ultima “lectio
brevis” ho mostrato la preziosa pergamena. Purtroppo, benché sia un testo di
primaria importanza per la nostra storia, è poco conosciuto. Ho chiesto ha
Roberto Sartor di tradurlo, per la prima volta. Eccone un estratto, nel
glorioso anniversario…
LEONE PAPA XII
A futura memoria
Ci
fu un tempo in cui questa Sede Apostolica ha curato con tutti i mezzi gli studi
e le opere che dovevano essere sostenute e favorite di quei presbiteri che,
accesi dal fuoco della pietà, predicando il vangelo di Dio per tutto l’orbe, si
dedicavano a ricolmare gli uomini dell’insegnamento e dei doveri propri della
religione cristiana e ad insegnare ai popoli a sottomettersi alle legittime
potestà (…)
Già
son passati undici anni da quando il nostro predecessore di felice memoria Pio
VII, poco dopo che ha condotto, con l’aiuto di Dio, salva e incolume la nave
della Chiesa così miseramente agitata da ogni parte, aveva apertamente indicato
che in Francia, a causa dei turbamenti nelle situazioni civili ed
ecclesiastiche c’era bisogno di predicatori del vangelo che chiamassero alla
retta via coloro che si allontanavano. Un manipolo di sacerdoti è sorto per
dedicarsi senza indugio a questo sacro ministero nella Diocesi di Aix della
provincia meridionale della Francia (Provenza).
L’ingente
frutto con cui infatti la divina clemenza si era degnata di premiare i loro
tentativi non poteva più a lungo rimanere nascosto; per cui mentre cominciava sempre
più a diffondersi, parecchi vescovi delle diocesi vicine chiamarono con
insistenza questi sacerdoti affinché volessero portare anche al loro gregge
un’opera così importante.
Ricolmi
di benefici venuti dal cielo, hanno cercato sempre di più di legarsi alle cose
del cielo, ad impegnarsi seriamente alla loro propria perfezione e nello stesso
tempo a dedicarsi con tutte le forze e con tutto il cuore alla salvezza delle
anime.
E
mentre dovevano andare in diverse diocesi annunziando la penitenza, hanno
ritenuto necessario scrivere delle leggi e dei canoni affinché fosse costituito
un legame e un presidio della nascente società scegliendo per sé il titolo di
Missionari Oblati di San Carlo, benché fossero comunemente chiamati missionari
di Provenza (della Provincia meridionale della Francia / Provenza).
Questa
società si impegna a che i suoi membri, legati con i voti perpetui e semplici
di castità, povertà, obbedienza e di perseveranza nel medesimo istituto, da potersi
sciogliere solamente dal suo moderatore supremo o dal romano pontefice, si dedichino
con premura alla principale opera delle sacre missioni; soprattutto evangelizzino
in luoghi sprovvisti di qualsiasi aiuto nella lingua locale il popolo incolto.
I missionari, che sono impegnati nei seminari, offrano fraterni sussidi al
clero per la sua idonea formazione; si mostrino pronti ad aiutare i parroci o
gli altri pastori nella riforma dei costumi della gente con la predicazione e
con altri esercizi spirituali; riservino soprattutto una sollecita attenzione e
cura alla gioventù, tendano con forza a sottrarre la parte migliore del popolo
cristiano alle lusinghe del secolo; amministrino la parola divina e i
sacramenti a coloro che sono rinchiusi in carcere e accompagnino all’estremo
supplizio i condannati alla sentenza capitale.
Ora
i sacerdoti che costituiscono questa società cominciarono a diffondersi per
lungo e per largo, abbandonando quelle comodità che da tutti erano ricercate;
da qui hanno ottenuto già quattro case e una residenza; godono delle sacre
facoltà nelle diocesi, negli ospedali di Aix, nelle carceri di Marsiglia e
della stessa Aix e infine sono chiamati qui e là a guidare di presenza alcuni
seminari vescovili.
Stando
così le cose, il diletto figlio Carlo Eugenio de Mazenod, vicario del Vescovo
di Marsiglia, preposito del collegio dei canonici della medesima cattedrale e
fondatore della summenzionata società, ci ha rivolto anche a nome dei sodali il
libello di supplica affinché, per la maggior gloria di Dio e per promuovere la
salvezza delle anime, noi approviamo questa famiglia come anche le sue leggi e,
affinché sia evitata ogni confusione con altre società che portano il nome di
Oblati di San Carlo, orniamo la medesima (società) del titolo di Missionari
Oblati della Santissima e Immacolata Vergine Maria.
Noi
dunque, dopo che l’abbiamo ben esaminata e che dallo stesso Pio VII
predecessore nostro e Noi stessi l’abbiamo ricolmata di favori e indulgenze e
che da parecchi vescovi è stata ritenuta sommamente utile e in futuro di non
lieve sostegno alle tristi vicende della Chiesa e a suo ornamento, raccomandando
la sollecitudine e la cura dello stesso Carlo Eugenio de Mazenod, il quale,
uomo di rettitudine e di erudizione e con somma gioia del nostro animo, per
primo ha iniziato l’opera e strenuamente non ha tralasciato di promuovere
l’opera iniziata (…) con animo lieto e volentieri costituiamo la stessa
Congregazione e la vogliamo costituita
con il nome di Congregazione dei Missionari Oblati della Santissima Vergine
Maria concepita senza peccato. (…)
Alla
approvazione e alla raccomandazione di questa opera salutare siamo portati
ancor più volentieri dal fatto che nel seminario di questa congregazione,
dedita alla predicazione della Parola di Dio e alla amministrazione dei sacramenti,
gli alunni professano espressamente la dovuta riverenza, soggezione e
obbedienza verso la cattedra di Roma e verso i singoli vescovi che vorranno
usare della loro opera ed essere aiutati nelle loro proprie diocesi; e di fatto
non dubitiamo che lo faranno anche in futuro. (…)
Finalmente
dunque erigiamo questa famiglia nella speranza che i suoi figli che sotto una
qualche legge, necessaria per formare gli animi alla pietà, si sono dedicati al
ministero della parola di Dio e riconoscono come patrona la Madre di Dio
concepita senza peccato, cerchino con tutte le forze e con l’esempio di portare
nel seno della Madre di misericordia gli uomini che Gesù Cristo sospeso sulla
croce volle affidare a lei come figli.
Dato
a Roma presso San Pietro sub anulo
piscatoris, XXI Marzo MDCCCXXVI, terzo del nostro pontificato.
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