sabato 3 marzo 2018

Il tempio vivo


«Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Egli parlava del tempio del suo corpo. (Gv 2, 13-25)

Quando ho visitato la Terra Santa sono stato al tempio di Geru­salemme. Non è rimasta pietra su pietra, come Gesù aveva predetto. C’è soltanto l’imponente basamento costruito con grandi bloc­chi di pietra bianca sul quale Erode il Grande aveva edificato il tempio. Assieme con i fratelli ebrei anch’io, al tramonto, ho poggiato la mano su quelle pietre del Muro occidentale ancora calde dei raggi del sole. Con i rabbini ho pregato lo stesso Dio dei nostri Padri e delle nostre Madri, il Dio di Abramo, di Isac­co e di Giacobbe, di Sara, di Rebecca e di Rachele, ma anche il Dio di Maria, il Dio di Gesù.
Ho provato la gioia che per secoli ha animato gli ebrei quando salivano al tempio cantando: «Il Signore abita in Gerusalemme»; «È in Gerusalemme la sua dimora»; «Quale gioia quando mi hanno detto: Andiamo alla dimora del Signore, ed ecco i nostri piedi sono giunti alle tue porte, Gerusalemme! Gerusalemme è città ben costruita, in cui tutto è unità, è là che salgono le moltitudini, le moltitudini del Signore». Ho visto le rondini che volavano nell’ultima luce della sera; il loro garrire mi ricordava il salmo nel quale l’ebreo venuto al tempio sentiva il dolore di doverlo lasciare: «Anche il passero ha trovato qui la sua casa e la rondine una fessura nella quale ha posto il suo nido».

Ora il tempio non c’è più. Era il segno della presenza di Dio tra gli uomini. Ormai esso ha lasciato il posto a una nuova realtà. È Gesù la presenza di Dio tra noi, il tempio vivo. Dopo la ri­surrezione i discepoli si ricordarono delle sue parole, perché lo sperimentarono presente in modi e luoghi diversi: appariva in mezzo a loro quando si trovavano insieme, lo sapevano vivo nel pane che spezzavano, lo riconoscevano nei fratelli… Gesù ha dilata­to il tempio sull’estensione della terra intera, moltiplicando la sua presenza e portando Dio dovunque.

La Gerusalemme terrena, che conteneva il tempio, era segno di un’altra città non più costruita con pietre, di una nuova Geru­salemme nella quale non vi sarà alcun tempio «perché il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio», come ci insegna l’Apocalisse. La Gerusalemme celeste «non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello».
Possiamo essere profezia e anticipazione di questa città futura? Possiamo già fin da ora avere la sua presenza piena di luce che tutto illumina e riscalda? Sì, Gesù stesso ce ne hai indicato la via quando ci ha donato il comandamento dell’amore reciproco, quell’amore circolare che va e torna, nel quale si ama e si è ama­ti.
È così che si crea la città nuova, la nuova Gerusalemme.
Gesù ci chiama a essere pietre vive, che già da adesso costituiscono il tempio vivo, il luogo santo nel quale il Santo vuole abitare e tutti illuminare.





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