Ho vissuto questa mia prima
settimana malgascia con 30 Oblati venuti dalle diverse missioni per il loro
ritiro annuale. Siamo stati ospiti nella casa di incontri dei Carmelitani, ad
Antananarivo, nel quartiere di Itaosy, dove città e campagna si compenetrano:
fazzoletti di terra coltivati a mais, ciuffi di bananeti, pini, stagni, frotte
di ragazzini della scuola cattolica, micro negozi con un bambino che vende un
fascio di verdura, un uomo che ha un banco con interiora di animale
originariamente biancastre ma ora completamente nere per le mosche che vi si
sono posate sopra e che ogni tanto tenta inutilmente di scacciare… Una
transumanza costante di uomini, donne bambini, volti bellissimi che ricordano
l’Oriente e insieme l’Africa, in una amalgama di popoli che si sono succeduti a
ondate sull’isola. Il canto dei galli e dei mille uccelli al mattino,
l’abbaiare dei cani e il canto dei grilli a notte… E tutto incorniciato da un
orizzonte di dolci colline, dal disegno delle palme di cocco, da casette
disseminate alla rinfusa, immersi in un clima mite e un alternarsi subitaneo di
cielo intensamente azzurro, cupo plumbeo, nubi bianchissime.
Gli Oblati mi raccontano delle loro
missioni, mi danno le foto dei loro posti e della loro gente. Io parlo della
nostra vocazione, “indubbiamente la più bella, perché la stessa di quella di
Gesù”, come direbbe sant’Eugenio. A sera mostro a mia volta le mie foto e li
porto in giro per il mondo a conoscere i luoghi d’origine degli Oblati e della
loro missione nei diversi continenti. Abbiamo una storia comune da raccontarci,
quella che lo Spirito ha disegnato per noi; abbiamo un passato meraviglioso a
cui occorre sempre tornare per ritrovare l’ispirazione originaria; abbiamo un
presente ricco di esperienze e di difficoltà; abbiamo dunque un grande futuro.
Al termine dell’adorazione ognuno mi
è passato davanti, ad ognuno ho imposto le mani, ho invocato l’amore di Dio, l’unico
amore che pure si manifesta per ciascuno in modo diverso. A cena la festa di
Natale, preceduta dal perdono reciproco: ognuno ha spezzato con l’altro il pane
del perdono e si è abbracciato. Inizia poi la sfida tra polacchi e malgasci con i canti di Natale.
Naturalmente vincono i polacchi, sono imbattibile, ne hanno troppi. Infine i regali, a chiusura del tempo di
Natale. Torneranno presto alla loro missione… uniti nello stesso lavoro, come
dice la sapienza malgascia: “Il mondo è come una grande risaia: il lavoro porta
i suoi frutti grazie all’impegno di tutti”.
Anch'io posso andare per il mondo con queste splendide foto e respiro l'atmosfera di una comunità che ama .Il Signore ricompenserà del bene che ci fa il vostro blog Grazie
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