Per indicare questo continente si dice sempre “Africa e
Madagascar”. I malgasci ci tengono a distinguersi dal resto dell’Africa, un po’
come gli inglesi dal resto dell’Europa. In effetti si tratta di due mondi
diversi. Lo si vede già da piccoli segni che saltano subito all’occhio. Qui non
vi sono gli abiti colorati e le stoffe stampate dell’Africa, così come non vi
sono i tam tam (forse sono al nord). È tutto più sobrio. Si vede la differenza
soprattutto nei tratti somatici e in quelli culturali, più spostati verso
l’Asia. Il succedersi delle colonizzazioni è significativo: prima gli
indonesiani, poi i bantu, gli indiani, i malesi, gli arabi... Ultimi sono
arrivati gli europei che conoscevano il nome dell’isola misteriosa dal Milione di Marco Polo, il primo a
nominare il Madagascar. Ognuno ha portato un suo tratto culturale, una tecnica
lavorativa, una lingua… Il popolo malgascio si è formato in una lunga e
profonda mescolanza di costumi e di etnie.
Oggi il Madagascar è uno Paesi più poveri al mondo. Lo stipendio medio è
dai 40 ai 60 euro al mese. Dal tempo dell’indipendenza (1960) la deforestazione
è arrivata all’80% (noi europei, con gli Stati Uniti e la Cina, ne godiamo i
frutti). Diventerà come Haiti? Mi raccontano della mancanza di lavoro,
divisione etniche, monopolio di attività economiche, inflazione, corruzione, e
conseguentemente recrudescenza del banditismo, insicurezza, rapine... Ma anche
di perdita di identità culturale e sparizione dei valori ancestrale per l’appiattimento
sui costumi occidentali nella corsa cieca verso la novità. Tra i giovani cresce
la dipendenza dall’alcool e dalla droga, così come l’analfabetismo.
L’urbanizzazione spopola le campagne dove il lavoro si fa sempre più duro e
insicuro e dove tuttavia rimane il 70 % della popolazione. La politica è in
stallo. Dal 2010 vi è un comitato in attesa dell’elezione di un presidente
della Repubblica che ancora non appare all’orizzonte. In questo vuoto ognuno
cerca di profittare il più possibile.
Forse la Chiesa è
ancora l’unico punto fermo e credibile, che lotta contro la povertà, per
l’educazione, i diritti umani, attivando una rete capillare di formazione e di
aiuti, rispondendo al bisogno di ritrovare i valori autentici di un popolo che
di per sé è buono.
Gli Oblati sono una
goccia in questa terra assetata: 40, metà polacchi, metà malgasci, con 27 scolastici, 8 novizi, 9 prenovizi, 5 frateli
in formazione. Forse vale per loro il proverbio malgascio: “Il tuo amore non
sia come un torrente: scende a grande fiotti, ma sparisce presto. Che sia come
l’acqua nella sabbia: si pensava di non trovarne ed ecco il secchio è pieno”.
Carissimo Padre Fabio, grazie di queste visite in Madagascar e dei proverbi malgasci. Oggi, per esempio, mi sembra adatto ad una situazione che ho vissuto. Nonostante il 'deserto' intorno ho ricevuto la risposta da una persona che di sua natura è schiva. Parafrasando il proverbio, 'pensavo di non trovare l'acqua, ma ne è arrivato un bicchiere pieno.' Buon fine settimana.
RispondiEliminaFrancesco.
Sono affascinato di quello che si legge del Madagascar.
RispondiEliminaSono un impiegato statale e mi piacerebbe visitare Il Madagascar perché sono in cerca di un paese dove andare a vivere quando andrò in pensione, la mia sarà un po' povera.
Con un budget di 15 euro al giorno è possibile vivere.
Mi piacerebbe avere informazioni più reali per poter vivere da residente non da turista.
Grazie
Iraci Antonino
Italia