venerdì 28 giugno 2024

La Chiesa del cenacolo... in uscita

“Sapevo che ero amato da Dio. In questi giorni l’ho sperimentato!”. Così uno di quelli che stanno seguendo il ritiro qui al Celio. “Tutto mi ha portato a fare questa esperienza, le catechesi, la preghiera… All’inizio sono rimasto un po’ sconcertato vedendo che il programma prevedeva un momento di condivisione, inusuale durante gli esercizi. Invece è stato utilissimo…”.

Proseguiamo con la contemplazione del Chiesa del cenacolo:

La Chiesa del cenacolo è il luogo permanente della presenza del Signore risorto, dove lo si può incontrare, riconoscere nella fede, sperimentare e proclamare “Signore mio, Dio mio” in una benedizione e lode perenni. Un’esperienza che non può essere taciuta, ma che domanda di essere condivisa con tutti. La Chiesa è una Persona, quella di Cristo presente tra i suoi, fatti lui da questa presenza.

La Chiesa del cenacolo è mariana. La presenza nel suo seno della Madre del Signore è segno della piena accoglienza del dono di Dio, della Parola e dell’Eucaristia. Assicura il primato dell’ascolto, del carisma, del sacerdozio regale, della laicità del popolo di Dio, della sua essenziale componente femminile.

La Chiesa del cenacolo è carismatica, avvolta dal fuoco dello Spirito Santo. Niente meglio della Lumen gentium n. 4 ha saputo sintetizzare la presenza e l’opera dello Spirito nella Chiesa: egli inabita in essa e nel cuore dei fedeli «come in un tempio (cf. 1 Cor 3, 16; 6, 19), in essi prega e attesta la loro condizione di figli adottivi (cf. Gal 4, 6; Rm 8, 15-16 e 26). Egli guida la Chiesa verso la verità tutta intera (cf. Gv 16, 13), la unifica nella comunione e nel servizio, la costruisce e la dirige mediante i diversi doni gerarchici e carismatici, e la arricchisce dei suoi frutti (cf. Ef 4, 11-12; 1 Cor 12, 4; Gal 5, 22). Con la forza del Vangelo fa ringiovanire la Chiesa, la rinnova continuamente e la conduce all’unione perfetta col suo Sposo. Infatti lo Spirito e la Sposa dicono al Signore Gesù: Vieni! (cf. Ap 22, 17)».

La Chiesa del cenacolo è una famiglia, con un solo cuore e una sola anima, unita attorno alla mensa della parola e dell’Eucaristia, pronta alla condivisione dell’esperienza di fede e di beni materiali. Una famiglia che mantiene rapporti veri e semplici tra tutti i suoi membri, come quella che si viveva nelle case di Giovanna madre di Marco, a Gerusalemme, di Aquila e Priscilla a Corinto e a Roma, dove c’era anche la comunità che si riuniva nella casa di Narciso, di Filòlogo e Giulia, Nereo e Olimpias.

La Chiesa del cenacolo deve continuare a essere una famiglia, che sa accogliere sempre nuovi membri provenienti da culture e nazioni diverse, aperta alla diversità dei riti e delle espressioni popolari e colte. Una famiglia “cattolica”, che valorizza le tradizioni del passato senza imporle, rimanendo aperta al nuovo, credendo nella ricchezza della pluralità.

La Chiesa del cenacolo è obbediente al comando di andare e di condividere l’esperienza del Signore Risorto, fiduciosa non nelle proprie risorse, ma nella grazia. È “Chiesa in uscita”.

In quest’ora in cui la Chiesa sta perdendo credibilità e sembra soccombere sotto il peso degli scandali, quando il Papa, suo segno visibile di unità, viene criticato e rifiutato, la tentazione è la stessa degli apostoli: rinnegare e fuggire. Chiesa in uscita è condividere l’umiliazione di Cristo, la sua angoscia nel vedersi tradito, rifiutato, abbandonato. «Volete andarvene anche voi?», sembra ripetere Gesù (Gv 6, 67). Chiesa in uscita è far proprio l’invito della Lettera agli Ebrei: «Usciamo dunque verso di lui fuori dell'accampamento, portando il suo disonore» (Eb 13, 13). 

«Nata dal sangue di un Dio che muore sulla croce – scriveva sant’Eugenio de Mazenod ai suoi fedeli di Marsiglia –, [la Chiesa] avrà un’esistenza conforme alla sua origine e sempre, tanto sotto la porpora come nelle galere, porterà la croce dolorosa, dove è sospesa la salvezza del mondo. Indissolubilmente unita a Gesù Cristo, calunniato, perseguitato, condannato dagli ingrati che voleva salvare, camminerà con costanza sino alla fine dei secoli nella via delle sue sofferenze e in un’unione ineffabile che l’inferno fremente di rabbia proverà incessantemente a turbare; dovrà sempre lottare, come il suo sposo divino che è anche il suo eterno modello, contro tutti gli errori e tutte le passioni scongiurate, e sostenere i diritti eterni di Dio, che sono la verità e la giustizia» (Lettera pastorale, 19 gennaio 1845).

Al termine della vita, nella sua ultima Lettera pastorale del 16 febbraio 1860, sant’Eugenio cantava il suo inno d’amore a Cristo e alla Chiesa, indissolubilmente compenetrati l’uno nell’altro: «Come è possibile separare il nostro amore per Gesù Cristo da quello per la sua Chiesa? Questi due amori si confondono: amare la Chiesa è amare Gesù Cristo e viceversa. Si ama Gesù Cristo nella Chiesa perché essa è la sua sposa immacolata uscita dal costato aperto sulla croce, come Eva è uscita dal primo Adamo».

giovedì 27 giugno 2024

Nel Cenacolo

Già, ma che ci faccio una settimana qua sul Celio dai Passionisti?

Sto guidando il ritiro a un bel gruppetto di persone: sei preti diocesani, nove religiosi, tre religiose… da Crotone a Bolzano e Sassari…

Il tema? Uno dei soliti: Il Cenacolo.

Con i Dodici siamo saliti alla grande sala del piano superiore, ci siamo seduti a mensa con il Signore in quell’ultima cena, per rivivere i momenti più intensi della nostra redenzione. Vediamo entrare il Risorto e restare in mezzo a noi. Con Maria e la comunità dei discepoli attenderemo unanimi in preghiera la venuta dello Spirito, fino a quando egli scenderà con il suo fuoco.

Non è soltanto un desiderio, un sogno: quanto avvenne in quella sala 2000 anni fa è realtà quotidiana della nostra vita cristiana, che si attualizza nei secoli, di generazione in generazione, fino a quando sederemo a mensa in Paradiso e berremo il vino nuovo tenuto in serbo per noi.

La Chiesa che nasce nel cenacolo è mossa da “un ardente desiderio” di sedersi alla mensa del Signore, con l’umanità intera. Non ha desideri di conquista, di potere, di supremazia, di prestigio. Vuole semplicemente quello che vuole il suo Signore: radunare la famiglia dei figli di Dio dispersi… Ha un solo desiderio: essere popolo di Dio radunato nell’unità del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo.

La Chiesa del cenacolo è segnata da un amore fedele e senza misura, come quello del suo fondatore che amò “fino alla fine”. Ognuno ha cura delle persone che gli sono state affidate, per un amore concreto e fattivo. Nella famiglia cristiana nessuno può mai sentirsi lasciato solo a se stesso. Ogni battezzato è responsabile della Chiesa: è sua nelle persone e nelle istituzioni. La si ama e per lei si dà la vita.

La Chiesa del cenacolo è a servizio di tutti, a cominciare dagli ultimi. La lavanda dei piedi non è un rito annuale, ma l’attitudine costante di ogni cristiano chiamato a mettersi a livello di chi gli è accanto e a servirlo con amore fattivo, rispondendo ai bisogni più vari, pronto a sporcarsi le mani.

La Chiesa del cenacolo è una Chiesa di peccatori, con le piaghe, e quindi «capace di comprendere le piaghe del mondo di oggi e di farle sue, patirle, accompagnarle e cercare di sanarle». Confida nella misericordia e sa essere a sua volta misericordiosa.

La Chiesa del cenacolo è una Chiesa eucaristica, che non può vivere senza il dono del corpo e del sangue di Cristo. È una Chiesa in donazione, fino a farsi cibo per ogni essere umano.

La Chiesa del cenacolo è una Chiesa sacerdotale, che “fa” la memoria dell’offerta sacerdotale del Signore. Con lui si offre al Padre e coinvolge nella sua offerta il mondo intero. Con quel pane e vino porta a Dio il lavoro, le gioie, le sofferenze, le speranze dell’umanità, e porta la presenza del Signore in tutte le espressioni umane.

La Chiesa del cenacolo è il luogo dove si vive l’amore reciproco, ossia la vita della Santissima Trinità portata da Cristo in terra. È il luogo della reciprocità, dove ognuno si fa attento all’altro, dove le diversità di vocazioni, di ministeri, così come delle culture, vivono al servizio l’uno dell’altro, facendo a gara a chi mette in luce il bene dell’altro e lo valorizza.

La Chiesa del cenacolo condivide il sogno di Dio, l’unità e per l’unità innalza la sua incessante preghiera. Patisce le disunità e le lacerazioni al suo interno e raccoglie quelle all’interno delle famiglie, nella società. La sua missione è penetrare in ogni disunità e sanarla. Ogni sua istituzione, i sacramenti, le opere hanno un'unica direzione: «perché tutti siano una sola cosa», nell’unità trinitaria e nella santificazione (Gv 17, 21). L’unità è la sua ragion d’essere e il criterio di valutazione delle sue scelte e delle sue opere, e l’obiettivo verso cui riorientarle costantemente.



mercoledì 26 giugno 2024

Sul luogo del martirio di Giovanni e Paolo

Che bella coincidenza essere sul Celio proprio nel giorno della festa dei santi Giovanni e Paolo a cui è dedicata la basilica. La tradizione fa risalire il martirio dei due frate

lli, alti ufficiali dell’esercito, al tempo dell'imperatore Giuliano l'Apostata. Poco dopo nello stesso luogo furono uccisi tre dei loro amici: Crispo, Crispiniano e Benedetta.

La Passio racconta che i due vennero giustiziati il 26 giugno del 362 e segretamente sepolti, «non essendo conveniente uccidere pubblicamente uomini cresciuti a corte», nel criptoportico della loro stessa casa. Venne messa poi in giro la voce che erano stati mandati in esilio.

Gli amici Crispo, Crispiniano e Benedetta immaginano la loro sorte, ma non possono far altro che piangerli e pregare per conoscere il luogo della loro sepoltura. Vengono esauditi. 

Ma anche loro subiscono la decapitazione e vengono seppelliti accanto a Giovanni e Paolo.




Siamo scesi nella grande casa, ambienti tornati alla luce, dopo secoli di oblio, grazie agli scavi intrapresi da nel 1887 da Padre Germano, il confessore di santa Gemma Galgani. La presenza di affreschi cristiani e di un altare rivelano la trasformazione dell'ambiente in luogo di culto religioso, corso del IV secolo.

https://fabiociardi.blogspot.com/2018/07/la-casa-dei-santi-giovanni-e-paolo.html



Oggi, nel luogo della loro sepoltura, abbiamo rinnovato la nostra fede.

Sono immerso in luoghi d'arte e di fede straordinari.






martedì 25 giugno 2024

Troppo bella la nostra Roma

Dall’alto del Celio, e più precisamente dal parco dei Passionisti, lo sguardo si allarga su altri colli e monumenti di Roma. Accanto il Palatino, con il convento francescano di san Bonaventura. Qui ha vissuto san Leonardo da Porto Maurizio. Dalla sua finestra vedeva il Colosseo – come si vede qui dal Celio – depredato, cava per materiale di costruzione dei palazzi romani. Allora scese in processione con i suoi frati, entrò nell’anfiteatro, vi piantò la croce, vi eresse la via crucis e lo dichiarò luogo sacro. Quel che è rimasto del Colosseo lo si deve a lui.

Percorrendo con lo sguardo la valle che divise il Celio dal Palatino ecco l’Arco di Costantino, il tempio di Venere e Roma, il Colosseo… la Torre delle Milizie, più lontano il Vittoriano… Che bella la nostra Roma!

Diana Luna, una delle studenti che ha seguito il corso del Claterianum che ho dato recentemente per le vie di Roma, mi ha lasciato una bella testimonianza al riguardo:

«Il corso itinerante "I fondatori a Roma" è stato un viaggio altamente formativo, nel significato più pieno della parola. Direi che è stata un'originalità pedagogica, un'azione formativa con una metodologia pratica che ci ha portato a ripercorrere i passi di chi ci ha preceduto nella città eterna, dando vita a luoghi, strade, chiese, storie.

Non riesco a trovare un modo migliore per imparare a imparare. Ogni visita è stata una motivazione e una provocazione, in cui i carismi potevano essere visti, toccati, ascoltati in ogni luogo; una presa di coscienza che ciò che leggiamo nei libri (e ultimamente nei film e in altri media audiovisivi) che sono una mediazione limitata dell'esperienza rispetto alla possibilità di "vivere il film" dalle scene in cui sono stati registrati.

È chiaro che il presente è diverso, le strade, la cultura, i costumi sono cambiati, ma in tutte le visite abbiamo trovato testimoni silenziosi che hanno assistito agli eventi citati (monasteri, mura, strade, case, colonne, arte in tutte le sue forme, ecc.) e che ci hanno messo in contatto con tanti che hanno lasciato un segno indelebile nella storia.

Ho imparato ad imparare, riconoscendo che Roma è un libro aperto, un film vivente, un luogo che parla e santifica, grazie ai suoi tanti testimoni, e perché il percorso è stato plasmato, come i "sampietrini" di questa bellissima città, dai santi fondatori che abbiamo potuto incontrare».







lunedì 24 giugno 2024

Nel cuore della Roma antica

La piccola finestra che si vede in alto sull’acquedotto Claudio è la cella di san Giovanni di Matha: siamo ai primi del 1200. La vedo dal parco dei Passionisti dove sono in questi giorni. Nella loro casa, costruita sulle grandiose fondazioni del tempio di Claudio, c’è la cella dove ha vissuto negli ultimi anni san Paolo della Croce: siamo nel 1700. Accanto la basilica dei Santi Giovanni e Paolo di cui sabato prossimo sarà la festa. Poco più in là la casa di san Gregorio Magno (siamo fine 500). Dall’alta parte la basilica di santa Maria in Navicella e accanto santo Stefano Rotondo. Poco più in là i Quattro Santi Coronati…

Il Celio è uno dei Sette Colli di Roma, ricco di storia, ma anche di tanta santità… speriamo che un po’ si attacchi anche a me.

San Paolo della Croce, assieme a 16 altri Passionisti, prese possesso del complesso basilicale-monastico nel pomeriggio del 9 dicembre 1773. allora, questa zona cristiano tra le più antiche di Roma, era quasi disabitata. Ma anche adesso è piena di parchi e giardini, a cominciare dalla Villa Celimontana.

Qui san Paolo della Croce, grazie alla sua fama di guida spirituale, riceveva molte visite, tra cui Papa Pio VI; qui accolse la notizia dell’approvazione solenne delle regole; qui morì il 18 ottobre 1775 e venne sepolto nella Basilica.

In questa casa hanno fatto gli esercizi spirituali san Giuliano Eymard, san Gaspare del Bufalo, sant’Antonio Maria Giannelli, san Vincenzo Pallotti, il beato Antonio Rosmini, ma anche Pio IX, Leone XIII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I… Ora tocca a me…




 

domenica 23 giugno 2024

Profezia di un mondo unito


 

A conclusione dell’anno la nostra comunità si è ritrovata in festa, prima della dispersione dell’estate. 

Siamo tanti, una sessantina, diversissimi, 25 nazioni di tutto il mondo, tra i quali anche 4 italiani! Quanta varietà di lingue, usanze, culture, quanta ricchezza. 

Ma non dovrebbe essere così ovunque? Profezia di un mondo unito…



sabato 22 giugno 2024

Per fare un cristiano...

Non ho molte occasioni di amministrate il battesimo, ma ogni volta è una gioia e un’avventura, specialmente se la bambina ha un anno e mezzo ed è vivacissima! Ho chiesto al babbo che lingua le stava insegnando. Meravigliato mi ha risposto l’italiano. È una domanda che mi viene spontanea quando sento dire a qualcuno che non battezza il figlio per non condizionarlo: che scelga lui da grande la sua religione. Ma intanto lo condiziona insegnandogli la propria lingua, senza aspettare che da grande sia lui a decidere la lingua che vuole imparare, il cinese o l’arabo o il tedesco...

Sì, è naturale che un bambino lo si immerga nella cultura della propria famiglia, nel proprio mondo. E se il nostro mondo fosse la comunità cristiana? Lo immergiamo in questo nostro mondo, dandogli il nostro patrimonio di fede come gli doniamo tutto il resto. Lo portiamo con noi nel nostro cammino…

Ogni bambino diventa adulto con l’apporto di un numero infinito di persone, molte di più di quelle che possiamo immaginare. Ogni bambino diventa cristiano con l’apporto di tutta la comunità cristiana: ognuno di noi ne è responsabile.

venerdì 21 giugno 2024

Cos'è la santità?

Ieri sono stato all’altare di san Luigi nella chiesa di sant’Ignazio: un capolavoro d’arte, con tanti angeli che recano in mano il giglio simbolo della purezza. Io avrei messo loro in mano la palma simbolo del martirio. Luigi Gonzaga non è santo per la purezza ma per l’eroicità della carità che lo ha fatto morire appestato tra gli appestati.

Ho mandato gli auguri onomastici a un grande storico della Chiesa, Luigi Mezzadri, che ha scritto molto sui protagonisti, soprattutto i santi. Da buon intenditore mi ha risposto:

La santità è dono dello Spirito,
il martirio dei suoi biografi,
la preghiera è il nostro piccolo contributo.

giovedì 20 giugno 2024

Una tesi che profuma di freschezza

 

“Una tesi che profuma di freschezza”. Questo il giudizio che il professore censore ha pronunciato oggi, all’esame di tesi di Henrikus Prasojo, Oblato dell’Indonesia, dal titolo: Testimoniare la speranza cristiana secondo il carisma di Eugenio de Mazenod nei social media.

Il lavoro vuole esplorare la dinamica dell’evangelizzazione della speranza nel mondo digitale e analizzare gli elementi fondamentali per trasmettere la speranza cristiana secondo il carisma di Eugenio de Mazenod, fondatore dei Missionari Oblati di Maria Immacolata.

Il primo capitolo delinea la realtà contemporanea che richiede la speranza cristiana. Si presentano anche i fenomeni che evidenziano la mancanza di speranza nel mondo. Un punto importante in questo capitolo riguarda la riflessione sulla Chiesa come portatrice di speranza e sui compiti dei consacrati nel partecipare a questa missione come dispensatori di speranza.

Il secondo capitolo mostra Eugenio de Mazenod come portatore di speranza nel suo tempo, soprattutto tra i poveri e gli abbandonati.

Nel terzo capitolo viene delineato il modo di diffondere la speranza cristiana, essendo testimoni sui social media, attraverso l’esempio di vita e missione degli Oblati.

La tesi – come ha rivelato il Relatore – è scritta con entusiasmo, con amore per la Congregazione e il suo Fondatore. 

Il Relatore ha poi chiesto se il tema della speranza è presente nel linguaggio del Fondatore o se è debitore di una “moda” attuale. Prasojo ha risposto bene. Da parte mia mi sembra che il modo con cui egli ha parlato della speranza sia una maniera di attualizzare il carisma, la risposta oggi a quello che sant'Eugenio chiamava il grido della Chiesa e della società, che egli sentiva levarsi dal mondo del suo tempo che chiedeva a gran voce la salvezza. Come rispondere oggi se non ridando speranza al mondo? «La nostra missione – ci ricorda la nostra Regola – è quella di andare prima di tutto verso coloro la cui condizione richiede a gran voce la speranza e la salvezza che solo Cristo può dare pienamente» (C 5), nella convinzione che Cristo è la vera speranza del mondo (C 10). E perché non usare i mezzi oggi più efficaci e pervasivi – i social media appunto – per raggiungere questo scopo? Certo che occorre un loro impiego intelligente, creativo... e molta preparazione.

Grazie, Prasojo, e auguri.

 

mercoledì 19 giugno 2024

Quarta età, età della contemplazione

“Come vivere la mia vita adesso che sto entrando nella quarta età?”. Così mi avrebbe chiesto anni fa una persona anziana che oggi ho nuovamente incontrato. Sono stato infatti nella casa di riposo cosiddetta “di Via Boccea”, dove ho incontrato le Suore dei poveri e le focolarine che lì vivono gli ultimi giorni della loro vita in una profonda serenità e pace.

A quella domanda avrei risposto che la quarta età si caratterizza come il tempo della contemplazione. Naturalmente non ricordavo né la domanda né la risposta, ma la persona interessata sì. E soprattutto mi ha detto che sta vivendo nella contemplazione…

 

martedì 18 giugno 2024

Un articolo per Oblatio, per favore

 

Con un bel gruppo dei nostri superiori maggiori provenienti da tutto il mondo per un momento di formazione agli inizi della loro missione… E cosa devo dire loro? L’importanza dello studio! Sono o non sono il direttore (sarebbe meglio con la maiuscola, Direttore) del Servizio generale degli studi oblati?

Dicono che per un gesuita che lavora, ce ne sono dieci che scrivono di lui. Per 100 Oblati che lavorano si stenta a trovarne uno che scriva su di loro… Non basta fare, occorre riflettere su ciò che si fa, su come si fa, su come farlo meglio… E poi, per favore, scrivetemelo in un articolo per “Oblatio”!

lunedì 17 giugno 2024

Quella malattia provvidenziale

 

Questa sera a Marino grande celebrazione: gli 80 anni di partenza per il cielo di p. Armando Messuri. Presenti tanti Oblati giovani e meno giovani, la nipote, gli amici… Davvero una festa come p. Armando si meritava.

Qualche giorno fa ho scritto che gli ultimi anni della sua vita passati a Marino sono stato risolutivi per la sua santità. Dicevo che a farlo santo sono stati i bisogni della gente in quegli anni terribili della guerra, davanti ai quali si è donato senza risparmiarsi.

Preparando la mia conferenza mi pare ci sia stato un altro elemento determinante, la malattia. Dopo pochi mesi dal suo arrivo a Marino una grave polmonite mette infatti in pericolo la sua vita. Si alza un coro di preghiere a Oné di Fonte e a Marino. La guarigione meraviglia i dottori, come scrive lui stesso in convalescenza: «Mi trovo a via dei Prefetti non in piene forze ma ristabilito. Ho meravigliato i dottori e gli inservienti della clinica per la mia rapida guarigione. Mi dicono di costituzione forte per aver potuto superare così rapidamente una polmonite tanto grave».

Chissà cos’è avvenuto durante quella malattia. Fatto sta che qualcosa in lui cambia e ne è ben consapevole. Ancora convalescente scrive infatti: «Se tutto prosegue bene, posso ringraziare veramente il Signore, e sarà certo un principio di nuova vita perché mi vedo circondato da tante cure da parte di tutti, specialmente dai su­periori che con volto lieto mi rivedono a casa».

P. Messuri sente che la malattia segnerà “un principio di vita nuova”. Lo ripeterò con altre parole anche subito dopo: «Nel morale ho guadagnato infinita­mente di più». Il 25 ottobre 1936, tornato a Marino, scrive alla sorella Antonietta: «Senza una buona lezione sarei rimasto sempre misero come prima». Ancora da Marino il 28 ottobre: «E poi quei giorni di sofferenza fisica hanno fatto del bene alla mia anima».

P. Armando è sempre tanto discreto sulla sua vita interiore, parla così poco di sé, eppure torna più volte su questo pensiero. Che davvero la malattia sia stata un particolare momento di grazie per lui? Di fatto dopo quella malattia p. Messuri non è più lui, è un altro.

Un suo compagno di scolasticato andò una volta a trovarlo a Marino: «Lo trovai molto cambiato: allegro, loquace, desideroso di farmi conoscere i suoi lavori presso le Suore e in Parrocchia...».

Dio si serve anche della malattia…

domenica 16 giugno 2024

Mettere in luce la bellezza

Questa mattina dalla mia finestra spunta l’alba di Roma! L’Indonesia è tuttavia ancora mei miei occhi. “La chiesa indonesiana che mi hai mostrato la vedo innamorata di Dio che continua ad attrarre tutti...”. Questa una delle tante risposte avute ai miei blog. O ancora: “Il nostro mondo ha perso questa semplicità”.

E a proposito del "la bellezza dei popoli", ecco un’altra condivisione a uno dei miei blog. 

«Ti comunico qualcosa di personale. Pongo però l’accento non tanto sui popoli, quanto sulla Chiesa. Bisogna proprio accogliere e valorizzare quanto di meglio si vive oggi nella Chiesa. Sono dell’avviso che occorre mettere in luce non tanto le ombre, le debolezze, i limiti delle varie espressioni ecclesiali, che non mancheranno mai, quanto il loro splendore, la loro reale bellezza.

Nel portare avanti il servizio pastorale di parroco sono entrato in contatto diretto con altri parroci, con diverse parrocchie e diocesi. Non ricordo di aver mai espresso critiche o giudizi severi su un parroco o sulle istituzioni ecclesiali.  Andando al di là degli aspetti negativi – “La carità tutto copre” - ho cercato di evidenziare in più occasioni il positivo, la parte migliore, sempre presente. Ciò mi ha permesso di creare rapporti di fiducia reciproca e di autentica collaborazione. È emersa la gioia di incontrarsi come fratelli.

Si parte da tante scintille di carità per i singoli prossimi e si genera un incendio d’amore nell’umanità che ci circonda».



 

sabato 15 giugno 2024

Ritorno dall'Indonesia

Roma, 15 giugno 2024

Eccomi di nuovo a Roma, dopo il lungo volo e una lunga giornata, quasi 24 ore, con un sole che non si decideva mai a tramontare…

Che esperienza l’Indonesia!

Ricordo quando nel 1975 i missionari espulsi dal Laos si ritrovarono insieme a Vermicino per decidere del loro futuro. Si divisero in tre direzioni: Senegal, Uruguay, Indonesia. Stavano imparando l’inglese e ripetevano una frase che avevano letto negli Atti degli Apostoli: dopo essere stati flagellati gli apostoli uscirono dal Sinedrio “full of joy”, pieni di gioia. Anche noi, dicevano, siamo stati perseguitati e cacciati dal Loas… e siamo “full of joy”. La persecuzione a Gerusalemme fu occasione per la diffusione della Chiesa in Samaria e poi nel resto del mondo. Anche la persecuzione della Chiesa del Laos è stata causa di un allargamento del campo di missione. Uno dei frutti è chiaramente quello nato in Indonesia. Gli Oblati italiani andarono in una regione del Kalimantan, quelli francesi in un'altra della stessa isola, e iniziarono a lavorare assieme agli australiani presenti in Java.

Nel 1992 i tre provinciali da cui dipendevano le tre delegazioni degli Oblati in Indonesia, fra questi p. Santino Bisignano, si diedero appuntamento a Maguwo, Yogyakarta. Insieme a loro si incontrarono i superiori delle tre delegazioni: Natalino Belinghieri per la delegazione italiana. Presente il vicario generale, p. Gilles Cazabon, e il consigliere per l’Asia-Oceania, p. Desmond O’Donnell. L’anno successivo si celebrò il Congresso della costituenda Provincia e fu nominato il primo superiore provinciale, p. Mario Bertoli. A vent’anni dagli inizi l’esperienza missionaria in Indonesia si rendeva indipendente.

Sono seguiti molti altri frutti, a cominciare dalle numerose vocazioni locali, fino alla creatività sempre più feconda di opere missionarie.

Mi ha colpito, oltre alla vitalità degli Oblati, il coinvolgimento di tanti laici nella comune missione. E che accoglienza ci hanno riservato!


Dopo un viaggio così è più facile ripetere le ultime parole della formula di oblazione: “faccio voto di perseverare fino alla morte nel santo Istituto e nella Società dei Missionari Oblati della Santissima e Immacolata Vergine Maria”. È proprio una bella famiglia. Anche se occorre sempre concludere con “Così Dio mi aiuti. Amen”.



venerdì 14 giugno 2024

Una Accademia Navale per missione

 

Cilacap, 14 giugno 2024

C’era una volta una Accademia Marittima Privata, ma era stata istituita a 250 km dal mare.  Il Ministero per la Marina e la Gente di Mare faceva pressione perché l'Istituto venisse trasferito in un luogo vicino a un porto. Il luogo ideale era Cilacap, l'unica città portuale sulla costa meridionale di Giava, dotata di un porto con acque profonde. A Cilacap c’erano persone con una buona esperienza, gli Oblati.

Così chiedono a p. Charlie un aiuto a trasferire l'istituzione; più ancora, chiedono di rilevare la proprietà dell’Istituto: proposta accettata. Nel frattempo, in attesa della nuova costruzione, i docenti e i cadetti, nelle ore serali, utilizzano la Scuola Media Maria Immacolata, una delle scuole oblate di Cilacap.

Finalmente il nuovo edificio: costruito a forma di nave! con al centro un ponte di comando pienamente funzionante. Architetto è lo stesso p. Charlie e la costruzione – 11 piani. La maggior parte del sostegno finanziario è stato sostenuto dalle imprese di autotrasporti di proprietà degli Oblati: p. Charlie, tra le sue numerosa attività, ha infatti comprato dei camion e li ha noleggiati... Ma cosa non ha inventato questo p. Charlie. L'edificio dell'accademia ha resistito a molti terremoti ed è sopravvissuto intatto.

Finalmente, al termine del nostro incontro di lavoro, eccoci giunti all’Accademia. Un gruppo di studenti proveniente da Flores ci accoglie a passo di danza e ci guida verso l’entrata. Qui cadetti in uniforme bianche, ci fanno passare sotto le sciabole sguainate.

Tutto lo staff ci guida all’interno dell’edificio. In ogni ufficio ci mostrano il lavoro. Vediamo i motori delle sale macchie delle navi, le sale di simulazione, i dormitori per le ragazze, le sale di adunanza... I cadetti possono esercitarsi nella supervisione del porto e seguire le attività di navigazione fornendo tutte le comunicazioni radio delle navi in entrata e in uscita.

Ci illustrano gli obiettivi dell’Accademia:

1. Venire incontro ai poveri e preparare gli studenti a diventare mentalmente, spiritualmente e scientificamente professionisti nella scienza e nella tecnologia marittima, sia nella teoria che nella pratica.

2. Sviluppare la scienza e la tecnologia marittima per migliorare la vita delle persone.

3. Proteggere e preservare l'ambiente marittimo.

L’Accademia ha 3 programmi di studio a livello di laurea:
1. Ingegneria navale
2. Gestione portuale
3. Scienze nautiche

Gli alunni fanno pratica nel porto e un anno di navigazione prima di terminare gli studi. In questi anni si sono laureati 5500 studenti, uomini e donne. La maggior parte occupa oggi posizioni di rilievo nelle compagnie di navigazione e alcuni sono funzionari governativi di livello superiore.

Ma perché proprio un’Accademia Navale, è una istituzione che ha a che fare con gli Oblati? Nel primo pomeriggio finalmente possiamo parlare con p. Charlie che ci racconta delle sue iniziative, dei 20 ponti che ha costruito, dei canali di irrigazione, della banca popolare cui ha dato vita per la promozione della donna, delle scuole che ha costruito…

L’aiuto ai poveri per p. Charlie è molto concreto, è dare un lavoro, aiutare nel salire nella scala sociale, a rendere le persone più umane...

Nel pomeriggio finalmente possiamo contrare con il vecchio e ancora giovanissimo p. Charlie, contento di raccontare, raccontare, raccontare...



Rilevante anche l’esperienza che ci hanno illustrato nell’ufficio per l’aiuto finanziario delle donne – tenuto da un gruppo vivacissimo di donne, un’altra invenzione” di p. Charlie.

Sono coinvolte migliaia di donne che ricevono piccole somme di denaro per progetti concreti, che a loro volta devono fruttare per promuovere altri progetti. Sulle lavagne dell’ufficio sono segnati i movimenti giornalieri degli investimenti dei diversi gruppi di donne…

Mi sarebbe piaciuto visitare il seminario minore degli Oblati, dedicato a p. Mario Borzaga, qualcuna delle scuole oblate dei quartieri nei dintorni… Sarà per il mio prossimo viaggio…