Si può essere condizionati dall’immagine che gli altri hanno di noi. In duplice senso. Ci si può lasciare condizionare da come gli altri ci vedono o da quell'immagine che vogliamo dare di noi stessi solo perché pensiamo possa piacere e renderci accetti.
È difficile essere
quelli che siamo. Ed è difficile sapere chi realmente siamo. Qual è il mio vero
io? Quello che gli altri pensano di me? La maschera che mi metto per apparire
come non sono?
Il Vangelo di questa
domenica ci ha mostrato un Giovanni Battista che non ha timore di dire ripetutamente
di no a quello che gli altri pensano di lui: non è come gli altri lo vedono o
se lo immaginano, non si lascia condizionare da loro. Lui è un altro. Chi è? La scoperta
della propria identità è maturata in lui lentamente, nel silenzio, nella
preghiera, fino a fargli prendere coscienza di essere una “voce”, di essere una
missione: il battistrada del Messia. Agli altri può piacere o non piacere.
Forse sono delusi perché lo pensano il Messia. Ma egli è un’altra cosa, è un’altra
persona, è un’altra missione, e deve essere sé stesso. E si dichiara contento
di essere sé stesso, contento di non essere lo sposo e di essere l’amico dello sposo e si rallegra
nell’udire la voce dello sposo (cf. Gv 3, 29).
Giovanni invita a
far emergere il vero io, a scoprire la propria missione, a essere ciò che
siamo, un essere sempre in divenire, una scoperta di sé sempre nuova, in
crescita costante, ma mai in contraddizione.
Qual è il mio vero
io? Mi si rivela giorno per giorno. Forse lo comprenderò in pienezza soltanto
alla fine. Intanto cerco di essere fedele a come mi si manifesta fin qui.
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