Sto preparando un articolo
con testi autobiografici di sant’Eugenio. A differenza di altri fondatori non
ha scritto una propria autobiografia, a parte i ricordi del suo esilio in
Italia. Molti dei suoi scritti hanno tuttavia un carattere autobiografico. Riporto
in particolare una lettera al card.
Gousset, scritta il 21 luglio 1852. Le controverse sul
giornalismo cattolico – attorno al giornale romano La Correspondence de Rome
e a quello parigino L’Univers – lo avevano coinvolto direttamente. Il 30
giugno 1852 il card. Gousset scrisse a tutti i vescovi della Francia accusando
di idee antiromane gli avversati dei due giornali. Il riferimento a de Mazenod
non era diretto, ma la lettera fu inviata a tutti i vescovi ad eccezione, in
maniera significativa, del vescovo di Marsiglia e del vescovo oblato di Vivers,
mons. Guibert. Accusare mons. de Mazenod di tendenze antiromane era un
autentico paradosso. È così che sant’Eugenio scrisse al Card. Gousset una lunga
lettera in propria difesa. È un autentica “autobiografia”: una rilettura della
propria vita attorno al rapporto con il Papa, la Santa Sede, Roma. Ecco una
parte soltanto di questa lettera che, come scrive sant’Eugenio, nasce da una «ispirazione
sincera e da un cuore profondamente commosso». Leggendola verrebbe da ripetere
quanto ebbe a dire il cardinale Bernabò: «Mons. de Mazenod è il vescovo più
romano dei francesi e il più francese dei romani».
Proclamo la mia obbedienza a
qualunque cosa il Vicario di Gesù Cristo vorrà ordinarmi. Invoco a garanzia di
questa obbedienza gli esempi di tutta la mia vita e gli insegnamenti che ho
sempre dato, e con tanto frutto, ai miei sacerdoti (...).
Costa parlare a lungo di sé,
ma non mi trovo in una situazione ordinaria. Potrei contenere il mio dolore, ma
non lo farò. Capo di una Congregazione nascente, la cui opera il Signore,
concedendole un inaspettato incremento, benedice in quattro parti del mondo, ho
il dovere verso questa famiglia spirituale di non permettere che nulla di
quanto è rivolto contro di me possa diminuire la fiducia e la protezione con
cui il Vicario di Gesù Cristo si degna di favorire i figli dei quali mi ha
canonicamente costituito padre. Sono quindi costretto a dire, dovendo
difendermi, quale è stato sempre il mio amore per la Chiesa romana, alla quale
mi piace, inoltre, come Vescovo, testimoniare i miei sentimenti.
Ancora diacono e poi giovane
sacerdote, mi fu dato, malgrado la più attiva sorveglianza di una polizia
sospettosa, di dedicarmi con rapporti quotidiani al servizio dei cardinali
romani portati a Parigi e perseguitati per la loro fedeltà alla Santa Sede. I
pericoli ai quali costantemente mi esponevo erano compensati nel mio animo
dalla felicità di essere utile a questi illustri esuli e di permettere di ispirarmi
sempre più al loro spirito. Più tardi, senza che io prestassi ascolto a certi
avvertimenti di amicizia, il mio noto attaccamento a Roma rimase incrollabile
di fronte ad una politica repressiva nei loro confronti.
Grazie all'indirizzo che,
come vicario generale e come vescovo, ho potuto imprimere nell'animo del clero,
la diocesi di Marsiglia è stata una delle prime in Francia a permearsi interamente
di quei sentimenti di romanità che esprimevo ancora pubblicamente due anni fa,
in un discorso pronunciato all'ultima sessione del Concilio di Aix. Ho potuto
fondare la Congregazione degli Oblati di Maria Immacolata solo in mezzo agli
ostacoli posti da antichi pregiudizi contraddetti dagli stessi sentimenti con
cui l'ho nutrita per fare dei suoi membri uomini del Papa oltre che vescovi,
vale a dire, gli uomini della Chiesa e gli uomini di Dio.
Devo infine ricordarvi di sant'Alfonso
dei Liguori: avevo insegnato e praticato la sua teologia molto prima dei libri
da voi pubblicati a questo scopo, il primo dei quali introdusse il suo culto in
Francia. La sua biografia, scritta davanti a me e per mia ispirazione da uno
dei miei, si diffuse ovunque ed è stata tradotto in diverse lingue straniere. Avevo
voluto servire la causa di Dio attraverso la dottrina e gli esempi di questo
ammirevole Vescovo, la cui devozione all'autorità del Papa arriva fino a oggi; nel
XVIII secolo fu la massima espressione e testimonianza, il più fulgido esempio
di santità della Chiesa. Lo zelo che mi animava nei suoi confronti fu approvato
da Pio VIII, che mi onorò su questo argomento di un breve privato.
Questo, Monsignore, è quello
che ero, quello che sono; ecco l'uomo accusato di ostilità alla Santa Sede!
(...)
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