Si racconta che
sant’Antonio verso la fine della vita si sia fatto costruire una celletta su un
noce maestoso in Camposampiero, nel luogo che il conte Tiso aveva messo a
disposizione dei frati. Precedentemente il nobile lo aveva ospitato nella sua
casa, in una camera appartata. «Mentre osservava con sollecitudine e devozione
la stanza in cui pregava sant’Antonio da solo – leggiamo nel Libro dei
miracoli –, occhieggiando di nascosto attraverso una finestra, vide
comparire tra le braccia del beato Antonio un bambino bellissimo e gioioso. Il
Santo lo abbracciava e lo baciava, contemplandone il viso con lena incessante…
Quel bambino era il Signore Gesù».
È l’esperienza anche
di san Francesco e di tanti altri santi e sante, anche della Piccola Sorella
Madeleine, come abbiamo visto pochi giorni fa.
È il sogno di molti, come di apa
Pafnunzio, antico monaco del deserto nel quale amo rispecchiarmi:
«Sognò di trovarsi nella grotta di
Betlemme, dove s’era recato assieme ai pastori, chiamato dalla voce
dell’angelo. Trovò, come gli era stato annunciato, la madre che stava
allattando il bambino.
Quando ebbe terminato, ella si guardò attorno, in cerca di un angoletto dove
adagiarlo, ma non trovò spazio che fosse adatto, fin quando posò lo sguardo su
di lui.
Apa Pafnunzio vide rivolgere su di sé lo sguardo della vergine madre. Gli bastò
quello sguardo per sentire il cuore svuotarsi d’ogni vanità.
Si ritrovò bambino.
Fu pervaso da un fuoco d’amore.
Si ritrovò grande, dilatato all’infinito.
Maria gli si accostò e adagiò il figlio tra le sue braccia».
Sarebbe bello...
Eppure ogni mattina, alla Messa, il
miracolo si compie di nuovo...
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