venerdì 6 luglio 2018

Raccontare le storie



Più di 20 i formatori oblati dell’Africa presenti a Nairobi per un incontro di lavoro. Provengono da Sud Africa, Lesotho Namibia, Zambia, Magadascar, Cameroun, Congo, Nigeria, Kenya.  Sono rappresentanti delle diverse case di formazione. Mancano i maestri dei novizi che sono in Francia ad Aix. Il convegno è iniziato da qualche giorno e si prolungherà ancora per una settimana.

Bel gruppo, molto vario. Non si sa bene cosa ci stia a fare io, unico bianco… che più bianco non si può.

Oggi ho parlato del carisma come di una realtà viva: un’esperienza che il Fondatore ci ha trasmesso, un’eredità che abbiamo assunto, di cui siamo responsabili in prima persona, e che continuiamo a portare avanti da due secoli. Ho mostrato la bellezza dell’albero nato dal seme gettato in terra da sant’Eugenio. Ho mostrato anche tantissime delle mie fotografie che testimoniano la vita degli Oblati nel mondo, i tanti rami dell’albero. Ho raccontato la vita degli Oblati.
Forse è questo il modo migliore per trasmettere l’eredità ricevuta, raccontare la vita e far nascere il desiderio di continuare a portare avanti la vita.


Il lavoro del gruppo oggi è stato proprio quello di individuare le “storie” da raccontare, le persone che possono raccontarle, a cominciare dai tanti laici che hanno visto gli Oblati all’opera nelle loro terre, di prendere coscienza della ricchezza delle esperienze missionarie degli Oblati in Africa, del cammino di evangelizzazione percorso da tanti pionieri e portato avanti oggi con altrettanto coraggio.

I formatori presenti stanno prendendo coscienza che, oltre ai racconti orali, è giunto il tempo di raccogliere e di scrivere le storie del passato, e di riflettere in maniera critica su quelle del presente.
Raccontare la storia, le storie, il vissuto: forse questo, più di altre cose, dà il senso di appartenenza e crea famiglia.


Oggi si mangia capra

Siamo a Karen, un quartiere periferico di Nairobi, alloggiati in una casa di accoglienza dell’Istituto “Eau vive” i cui membri, come in tutte le loro case, vengono dal Viet Nam, dell’Oceania, dal Madagascar, quasi peggio di noi Oblati.
Siamo serviti e riveriti da un nutrito gruppo di ragazze che fanno qui la loro scuola alberghiera.
Insomma, non potevamo capitare meglio.




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