La prima volta che transitai dall’aeroporto di Amsterdam fu il 27 giugno 2001. A causa di ritardi rimasi in aeroporto sei ore. Rileggo alcuni stralci del diario di quella sosta:
«Ho tutto il tempo di ritirarmi in una zona appartata
dell’aeroporto che ospita, tra l’altro, un moderno ambiente in alluminio e
vetro. Unico ornamento alla nudità architettonica una serie di pannelli di
vetro istoriato con disegni astratti. È la cappella, almeno così diremmo
all’aeroporto Leonardo da Vinci a Roma. Qui invece si chiama Place of Worship:
luogo d’adorazione.
Il luogo è rigorosamente aconfessionale, neppure un segno
religioso, né una croce, né un versetto del corano, né una mezza luna, né una menonà,
né una stella di David, né un buddha. Un luogo, appunto, per tutti i credenti e
non credenti. Noto soltanto, per terra, una rosa dei venti con l’indicazione
della Mecca. In compenso uno scaffale, che copre una parete intera, contiene
libri sacri di tutte le religioni in tutte le lingue).
Mentre passo il tempo in preghiera nella prolungata attesa
della venuta del prete, mi rendo conto che “tutti i credenti” vuol dire, in
pratica, soltanto musulmani (Islam non vuol dire credere?). Soltanto loro
vengono al Place of worship. Si tolgono le scarpe, le depongono nelle apposite
scansie, prendono un tappetino dallo scaffale, nonostante una massiccia
moquette ricopra già la sala principale, si inginocchiano in direzione della
Mecca a dispetto dell’orientamento della sala, e pregano in silenzio. Un
addetto dell’aeroporto (lo riconosco dal cartellino con foto che porta sulla
giacca) in due ore viene quattro volte a fare le sue prostrazioni.
Nell’aeroporto si vedono molto donne musulmane, alcune completamente velate.
Qui invece approdano esclusivamente gli uomini (tutto il contrario delle nostre
chiese...).
Quando finalmente appare il cappellano
cattolico posso celebrare la Messa. In un primo momento mi sento stringere il
cuore. Infatti, mentre inizio la celebrazione da solo, tre musulmani iniziano
la loro preghiera rivolti in altra direzione (la Mecca). Entrano inoltre due
ragazze, le prime donne che vedo, e una si accoccola per terra volgendomi le
spalle e inizia a canticchiare degli alleluia dondolandosi con le braccia
alzate, la seconda si siede con le spalle alla parete e si lascia andare nella
meditazione profonda somigliante alla sonnolenza. Un signore molto distinto ed
elegante si siede immobile e silenzioso davanti a me, gli occhi chiusi. Per
tutta la durata della Messa la scena non cambia. E pensare che ognuno, rivolto
dalla sua parte, sta parlando allo stesso Dio (mi pare ce ne sia uno solo!). Non
credo di aver mai pregato con tanta intensità e con tanto desiderio di unità.
Alla fine della Messa le due ragazze, religiosamente le più vicine, mi
domandano se sono cattolico. Loro si presentano come Pentecostali. Vengono
dagli Stati Uniti e stanno andando in Ucraina per uno stage come missionarie».
Sono tornato a cercare quella stanza, che
oggi si chiama Meditation Center. È più piccolo di quella che c’era anni fa. E
certamente è molto meno frequentata, qualche musulmano appena e uno che pratica
yoga. In compenso L’Internet Center è molto più frequentato: che sia la nuova
via per connettersi con Dio?
Ho iniziato il mio viaggio continuando la
rilettura di Gaudete etr exsultate,
sempre ispiratrice. Oggi ho riletto i nn. 140-146, intitolati “In comunità”: “La
santificazione è un cammino comunitario, da fare a due a due”… dovrò
ricordarmene nei prossimi giorni, parlando ai formatori oblati dell’Africa. Il
Papa è uno specialista nel descrivere i “tanti piccoli dettagli quotidiani” di
cui è fatta la vita comunitaria. Dove porta questo cammino: “il nostro cammino
di santificazione” ci porta verso il desiderio di Gesù: “che tutti siano una
sola cosa”.
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