«Avverrà come a un
uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi
beni...»
Quanta fiducia nei nostri confronti! Al punto da consegnare i suoi
beni nelle nostre mani. Gesù sale al cielo e lascia a noi il compimento della sua
missione. Si arrischia, pur conoscendo la nostra piccolezza, le infedeltà, i
tradimenti.
Tutto in noi è opera sua. Eppure non siamo oggetti inerti del suo
amore. Ci vuole soggetti attivi, corresponsabili nel suo disegno di amore.
Senza di lui non possiamo fare nulla, ma... anche lui senza di noi non può fare
nulla. Ha un tale rispetto di noi che ci ha resi liberi così da poter
accogliere il suo dono e rispondere al suo amore con un’adesione convinta ed
operosa.
Si è tutto donato rivolgendoci la sua parola, l’ha deposta in noi
come un seme. Ora attenda che esso cresca, diventi albero, porti frutto e che a
nostra volta seminiamo in altri il suo vangelo.
Si è tutto donato nel pane e nel vino, suo corpo e sangue, e vuole
che il dono si perpetui: “Fate questo in memoria di me”. Ora attende che chi
mangia di lui viva di lui e viva per lui, così che cresca il suo corpo fino
alla statura adulta.
Ci ha donato il comandamento nuovo dell’amore reciproco. È “suo”
perché è quanto vive con il Padre e il Figlio nell’unità trinitaria e lo fa
diventare “nostro” per renderci partecipi della sua divinità. Ora attende che
ci amiamo tra di noi fino a fare della terra il cielo.
Ha rischiato, eccome, mettendo nelle nostre mani la sua stessa
vita. Ora chiede a noi di rischiare con lui, donandoci come lui si è donato,
mettendo a frutto i talenti che ci ha donato.
Spesso ci sentiamo troppo piccoli, inadeguati, incapaci di
rispondere. Non crediamo che il dono ricevuto ha in sé la vita, la capacità di
germogliare e di portare frutto, attivando in noi risorse nascoste. Non ci
fidiamo di Dio, forse perché ci si para davanti l’immagine di un Dio duro ed
esigente. Riteniamo allora, come il servo pigro e infedele, che la cosa
migliore sia rimanere ligi al proprio dovere, facendo il minimo indispensabile,
senza prendere nessuna iniziativa rischiosa, per paura di sbagliare, di essere
giudicati. Può darsi che come mi muovo sbaglio (e allora Dio mi corregge), ma
rimanere senza far nulla è uno sbaglio ancora più grande.
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