Il
pellegrinaggio è un’esperienza che incide indelebilmente nell’anima di quanti lo compiono, anche se non credenti. Risponde infatti ad una esigenza inscritta
nel cuore della persona umana, quasi una inquietudine, una insoddisfazione che
spinge ad andare sempre oltre, alla ricerca di qualcosa di più grande, di più
bello, di più vero.
È
l’intera nostra vita che assume i connotati di un cammino, che per il cristiano
ha una chiara meta: il Cielo. Fu una chiamata di Dio a mettere in movimento
Abramo e a fare di lui un “arameo errante” in cerca di una terra promessa da
Dio. Dopo di lui fu l’intero popolo di Israele a mettersi in cammino: l’esodo
dall’Egitto verso la Terra santa divenne il simbolo di un itinerario dalla
schiavitù alla libertà, dal peccato alla vita nuova, dalla terra al Cielo.
Gesù, che si è definito “la Via”, ha dato infine il via al cammino del nuovo
popolo di Dio. Su questa terra siamo “stranieri e pellegrini” (
Il
pericolo che corriamo è dimenticare la metà del nostro cammino, di ridurre la
vita a soddisfare le esigenze contingenti terreni, a radicarci nelle realtà
umana come fossero le ultime, fine a se stesse. I pellegrinaggi diventano
momenti che ci risvegliano e ci aiutano a guardare in altro, a ricordare il
senso del nostro cammino. La Scrittura voleva che il popolo ebraico, anche
quando divenne sedentario nella terra promessa, rimanesse sempre pellegrino;
per questo ogni anno doveva salire a Gerusalemme per incontrare Dio e rinnovare
la tensione verso di lui. Anche quando Elia volle ritrovare la purezza delle
origini andò in pellegrinaggio al monte Oreb, dove Dio si era incontrato con il
suo popolo e gli aveva dato la legge.
I
pellegrinaggi, nel pellegrinaggio della vita, sono come un “sacramento” che ci
ridice il carattere transeunte della situazione umana, la caducità e la
provvisorietà di quello che facciamo; l’appello ad un’esperienza di distacco
interiore, di spogliazione per una libertà dello spirito che non deve mai
lasciarsi imprigionare dalle realtà umane, a riprendere con nuovo slancio e
decisione il cammino spirituale. I pellegrinaggi non sono fine a se stessi, ma
momenti di grazia che ci consentono poi di tornare nell’ambiente ordinario di
vita, agli impegni abituali, per portarvi quell’anelito di Cielo che il luogo
del pellegrinaggio ha ravvivato. Così “tutti i buoni frutti della nostra
operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo
il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, ma
illuminati e trasfigurati” quando, al termine del nostro pellegrinaggio,
“Cristo rimetterà al Padre il regno eterno e universale” (Gaudium et spes 39).
Mi
hanno chiesto una pagina sul pellegrinaggio, così ho ripensato ai miei molti
pellegrinaggi...
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