mercoledì 1 novembre 2023

Oblati noti e meno noti... a chi?

Sono 63 gli Oblati sepolti nel Campo Verano a Roma, ella tomba di famiglia dove il 3 novembre, come da tradizione, andremo a celebrare la messa. In fondo alla cappella il bel mosaico qui riprodotto.

Un cimitero monumentale, quello del Verano, vicino alla tomba e alla basilica di san Lorenzo. Un cimitero che accoglie le spoglie di persone illustri nel campo della cultura come Gioacchino Belli, Ernesto Bonaiuti, Grazie Deledda, Eduardo e Peppino De Filippo, Emilio Cecchi, Natalia Ginzburg, Giuseppe Ungaretti; dello spettacolo come Marcello Mastroiani e Raimondi Vianello; politici come Alcide De Gasperi, Giuseppe Saragat, Palmiro Togliatti, Nilde Iotti, Ugo La Malfa, Pietro Nenni; della Chiesa come la famiglia Pacelli, Van Thuán…

Anche alcuni dei nostri Oblati sono famosi, nel nostro mondo: mons. Allard, iniziatore della missione in Sud Africa, padre Baffie, che ha scritto un bellissimo libro su sant’Eugenio, il vescovo Dontenwill, superiore generale negli anni Venti, padre Anselmo Trèves, un santo particolarmente amante della Madonna, sulla quale ha scritto tantissimo, i Padre Dindinger, Perbal e Seumois, grandi professori di missiologia all’Urbaniana, italiani come Gaetano Drago, Carlo Irbicella, Luigi Rossetti, Angelo Mitri…

Qui vi sono anche Oblati più umili e meno noti, a cominciare dal primo che vi fu sepolto nel 1868, di cui non si è più trovata neppure la tomba: Fratel Francesco Gandolfi, nato in Corsica nel 1855. Nella comunità di Roma era il factotum, raccontava il superiore di allora: “era solo e dovendo fare tutti i servizi di casa, sapeva farsi in quattro per sopperire ad ogni necessità, senza tralasciare nessuno dei esercizi religiosi”. Aveva poco più di quarant’anni quando cominciò ad avvertire scrupoli mai provati, fino ad una vera e propria infermità mentale. Morì di tisi.

Il penultimo degli Oblati lì sepolti è padre David Adam, nato a Londra nel 1922 e vissuto quasi tutta la vita in Sud Africa. Durante la guerra fu fatto prigioniero e inviato in un campo di concentramento vicino a Torino. Riuscì a fuggire e dopo giorni e giorni di cammino tra campagne e montagne, aiutato dalla gente, riuscì a raggiungere la sua unità militare. Tornato in Sud Africa divenne Oblato. Nel 1987 fu chiamato a Roma per l’informatizzazione degli uffici. Morì all’Ospedale Gemelli il 14 aprile 2002.

L’ultimo è l’indimenticabile fratel D’Orazio...

Alcuni noti, altri meno noti… a chi? A noi. Ma chissà come Dio vede le cose. Quando mi trovo in mezzo alle folle, quando viaggio in metro, quando sono in una chiesa gremita, guardo le persone sconosciute e anonime e penso che ognuna di loro non è tale davanti a Dio, ma a lui conosciutissima e da lui amata e pensata; egli ne ha premura. Ci ha voluti uno per uno e gli siamo preziosi e cari come unici.

Ognuno di noi – ognuno dei miliardi e miliardi di essere umani che sono passati, che sono e che passeranno – è una parola che il Padre ha pronunciato nel generare il Figlio suo e gli siamo figli nel suo Figlio: tutti un unico figlio nel suo unico Figlio.

A lui tutti torniamo e quando lo vedremo faccia a faccia dovremmo pronunciare, realizzata, la parola da egli pronunciata quando ci ha pensati e creati. “Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Is 55, 10-11). Ognuno di noi è una di quelle parole, chiamata a portare frutto…

 

Nessun commento:

Posta un commento