venerdì 21 gennaio 2022

La Bibbia è viva e parla


La Bibbia mi appassiona come credente, perché so che in essa Dio mi parla con parole che possiedono uno spessore e una profondità che altre parole non hanno, siano esse di filosofi, di politici, di poeti. Per me sono «parole di vita»: contengono la vita e la comunicano, fanno vivere la persona umana in tutta la sua interezza. Leggo la Bibbia ogni giorno, la studio, la prego, cerco di lasciarmi guidare dal suo insegnamento.

Mi appassiona come uomo, amante dell’umanità, perché vi vedo dipinta la bellezza della natura; sento l’incanto e la meraviglia davanti allo sbocciare della vita in tutte le sue espressioni ed età. In essa ritrovo i grandi valori umani presenti in tutte le culture, i sentimenti comuni a ogni uomo, a ogni donna; incontro la saggezza di molti popoli; riconosco i comuni miti antichi; seguo le gesta paradigmatiche di uomini e di genti.

Mi appassiona come amante delle arti, perché vi ritrovo i simboli, le storie, i riferimenti che hanno ispirato letteratura e musica, scultura e pittura, poesia e teatro, impregnando di divino e di cielo il genio dell’umanità. Poeti, pittori, scultori, scrittori, musicisti, registi, hanno letto la Bibbia non soltanto come un immenso repertorio iconografico e simbolico, ma anche come uno dei codici fondamentali di riferimento espressivo e spirituale.

La Bibbia esercita un fascino anche al di fuori del mondo occidentale e cristiano. Gandhi vi coglieva qualcosa che sapeva gli apparteneva da sempre: «Quando lessi i Vangeli e arrivai al Sermone della Montagna, cominciai a cogliere in profondità l’insegnamento cristiano. L’insegnamento del Sermone della Montagna riecheggiava qualcosa da me appreso durante l’infanzia, qualcosa che sembrava appartenere al mio essere e che mi pareva di veder attuare nella mia vita di ogni giorno... Dissetatevi profondamente alle fonti del Sermone della Montagna».

La Bibbia, «grande codice» dell’umanità, come l’ha definita Northrop Frye sulla scia di William Blake, è il punto di riferimento imprescindibile della nostra cultura, la stella polare a cui si sono orientati tutti, credenti e non credenti, quando hanno cercato il bello, il vero e il bene, magari anche per respingerne la guida e vagare altrove. Non ci si può non confrontare con questa grande opera. Eppure per i più rimane un libro sconosciuto. Non manca in nessuna delle case degli italiani, forse anche in edizione elegante, ma chi la legge?

Nelle nostre scuole di legge di tutto (anche se poco, purtroppo), ma non la Bibbia. Se ne lamentava anche un grande critico della letteratura italiana come Francesco de Sanctis, che pure era di idee anticlericali. «Non avevo mai letto la Bibbia, e i giovani neppure – racconta lui stesso. Con quella indifferenza mescolata di disprezzo, che allora si sentiva per le cose religiose, la Bibbia, come parola di Dio, muoveva al sarcasmo... Lessi non so dove meraviglie di quel libro, come documento di alta eloquenza e, tirato dall’argomento delle mie lezioni, gittai l’occhio sopra il libro di Giobbe. Rimasi atterrito. Non trovavo nella mia erudizione classica niente di comparabile a quella grandezza». Da qui la meraviglia «come nelle nostre scuole, dove si fanno leggere tante cose frivole, non sia penetrata un’antologia biblica».

Domenica prossima si celebra la “Giornata della Bibbia”. Perché non promuoverne almeno una semplice lettura? Come quando nel 2008 la si lesse integralmente in maniera continuata, giorno e notte, nella basilica di santa Croce in Gerusalemme a Roma, in una celebre maratona di 139 ore trasmessa dalla Rai?

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