Le
nozze di Cana. Gesù, Maria, i discepoli, fanno festa agli sposi. E perché la
festa non si rattristi vale la pena anche cambiare l’acqua in vino. È un “segno”,
come sottolinea Giovanni. Un segno di cosa? Di un rapporto nuovo tra Dio e l’umanità
che trova l’immagine più appropriata nel matrimonio.
Già
dall’Antico Testamento l’idea di Dio “sposo” d’Israele, è impiegata per
descrivere l’opera di salvezza che egli compie in favore del suo popolo e stabilire
con lui un legame indissolubile proprio come quello sponsale). L’amore umano
diventa il paradigma dell’amore di Dio per il suo popolo e della risposta del
popolo al suo Dio. La storia d’Israele è letta in chiave di rapporto sponsale.
Si narrano il fidanzamento e le alterne vicende dell’amore, fatto di
tradimenti, di ritorni, di momenti di intimità… Punto fermo rimane l’amore
eterno e fedele di Dio, che non si lascia scoraggiare dalle infedeltà del
popolo-sposa: «Ti ho amato di amore eterno, per questo ti conservo ancora la
mia fedeltà amorosa» (Ger 31, 3; cf Ez 18 e 23).
L’immagine
sponsale è ripresa in maniera velata da Gesù. Lo sposo è il Messia (cf Gv 3, 29) o il figlio del re (cf Mt 22, 1-4), Gesù stesso (cf Mc 2, 18-20). La sposa invece non viene
espressamente indicata, anche se in Gv
2,1-12 la si può intendere come Maria, quale immagine della Chiesa.
Sarà
Paolo a riprendere riprese la relazione tra Cristo Sposo e la Chiesa in termini
sponsali. Egli ha fidanzato a Cristo la comunità di Corinto, e si sente impegnato
a custodirla e a preservarla dalla seduzione delle false dottrine così da
poterla presentare allo sposo come vergine pura (cf 2 Cor 11, 2). Per questo i fedeli appartengono ormai a Cristo: «Voi
siete di Cristo» (1 Cor 3,2), al
punto che «i vostri corpi sono membra di Cristo» (1 Cor 6, 15). Anche in Gal 5,24
i cristiani vengono designati come «quelli che sono di Cristo Gesù». Cristo ha
amato la Chiesa e per lei si è offerto al fine di santificarla e di averla
accanto a sé gloriosa, senza macchia o ruga, santa e irreprensibile (cf Ef 5,25-27). L’unione dell’uomo e della
donna diventa profezia del mystérion,
del progetto di alleanza definitiva con l’umanità intera che Dio ha inaugurato
nel mistero pasquale.
I
primi scrittori cristiani riprendono l’immagine sponsale per indicare il
particolare tipo di legame che unisce Cristo alla Chiesa e per esprimere
l’esigenza di una reale comunione con Dio. Origene scrive: «Intendi che Cristo
è lo sposo, e la sposa è la Chiesa senza macchia né ruga». Quindi, passando
dalla Chiesa alla singola anima, continua: «L’interpretazione spirituale (…) ha
per oggetto la chiesa che va a Cristo sotto le figure della sposa e dello
sposo, e l’anima che si unisce al Verbo di Dio». La Sposa si identifica sia con
il singolo che con l’intera comunità dei cristiani, a condizione che il singolo
sia Chiesa!, come scrive Bernardo di Chiaravalle: «Anche se nessuno di noi può
tanto pretendere di chiamare la sua anima sposa del Signore, tuttavia, poiché
apparteniamo alla Chiesa, la quale si gloria di chiamarsi ed essere veramente,
tale, non senza ragione ci attribuiamo una partecipazione a questo onore. Siamo
infatti singolarmente partecipi, senza dubbio, di ciò che tutti insieme
pienamente e integralmente possediamo».
Per
questo, come a Cana, dobbiamo restare assieme: Gesù, Maria, i discepoli…
Sposo
amato,
che hai cambiato l’acqua in vino
e il vino nel sangue tuo,
siedi ancora alla nostra mensa,
disseta la brama di vita vera,
inebria di desiderio di Cielo,
ricolma il cuore
d’infinita gioia,
trasforma la nostra grigia umanità
nella tua luminosa divinità
e saremo pronti per la festa di nozze.
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