sabato 15 gennaio 2022

Alla festa di nozze


Le nozze di Cana. Gesù, Maria, i discepoli, fanno festa agli sposi. E perché la festa non si rattristi vale la pena anche cambiare l’acqua in vino. È un “segno”, come sottolinea Giovanni. Un segno di cosa? Di un rapporto nuovo tra Dio e l’umanità che trova l’immagine più appropriata nel matrimonio.

Già dall’Antico Testamento l’idea di Dio “sposo” d’Israele, è impiegata per descrivere l’opera di salvezza che egli compie in favore del suo popolo e stabilire con lui un legame indissolubile proprio come quello sponsale). L’amore umano diventa il paradigma dell’amore di Dio per il suo popolo e della risposta del popolo al suo Dio. La storia d’Israele è letta in chiave di rapporto sponsale. Si narrano il fidanzamento e le alterne vicende dell’amore, fatto di tradimenti, di ritorni, di momenti di intimità… Punto fermo rimane l’amore eterno e fedele di Dio, che non si lascia scoraggiare dalle infedeltà del popolo-sposa: «Ti ho amato di amore eterno, per questo ti conservo ancora la mia fedeltà amorosa» (Ger 31, 3; cf Ez 18 e 23).

L’immagine sponsale è ripresa in maniera velata da Gesù. Lo sposo è il Messia (cf Gv 3, 29) o il figlio del re (cf Mt 22, 1-4), Gesù stesso (cf Mc 2, 18-20). La sposa invece non viene espressamente indicata, anche se in Gv 2,1-12 la si può intendere come Maria, quale immagine della Chiesa.

Sarà Paolo a riprendere riprese la relazione tra Cristo Sposo e la Chiesa in termini sponsali. Egli ha fidanzato a Cristo la comunità di Corinto, e si sente impegnato a custodirla e a preservarla dalla seduzione delle false dottrine così da poterla presentare allo sposo come vergine pura (cf 2 Cor 11, 2). Per questo i fedeli appartengono ormai a Cristo: «Voi siete di Cristo» (1 Cor 3,2), al punto che «i vostri corpi sono membra di Cristo» (1 Cor 6, 15). Anche in Gal 5,24 i cristiani vengono designati come «quelli che sono di Cristo Gesù». Cristo ha amato la Chiesa e per lei si è offerto al fine di santificarla e di averla accanto a sé gloriosa, senza macchia o ruga, santa e irreprensibile (cf Ef 5,25-27). L’unione dell’uomo e della donna diventa profezia del mystérion, del progetto di alleanza definitiva con l’umanità intera che Dio ha inaugurato nel mistero pasquale.

I primi scrittori cristiani riprendono l’immagine sponsale per indicare il particolare tipo di legame che unisce Cristo alla Chiesa e per esprimere l’esigenza di una reale comunione con Dio. Origene scrive: «Intendi che Cristo è lo sposo, e la sposa è la Chiesa senza macchia né ruga». Quindi, passando dalla Chiesa alla singola anima, continua: «L’interpretazione spirituale (…) ha per oggetto la chiesa che va a Cristo sotto le figure della sposa e dello sposo, e l’anima che si unisce al Verbo di Dio». La Sposa si identifica sia con il singolo che con l’intera comunità dei cristiani, a condizione che il singolo sia Chiesa!, come scrive Bernardo di Chiaravalle: «Anche se nessuno di noi può tanto pretendere di chiamare la sua anima sposa del Signore, tuttavia, poiché apparteniamo alla Chiesa, la quale si gloria di chiamarsi ed essere veramente, tale, non senza ragione ci attribuiamo una partecipazione a questo onore. Siamo infatti singolarmente partecipi, senza dubbio, di ciò che tutti insieme pienamente e integralmente possediamo».

Per questo, come a Cana, dobbiamo restare assieme: Gesù, Maria, i discepoli…

Sposo amato,
che hai cambiato l’acqua in vino
e il vino nel sangue tuo,
siedi ancora alla nostra mensa,
disseta la brama di vita vera,
inebria di desiderio di Cielo,
ricolma il cuore
d’infinita gioia,
trasforma la nostra grigia umanità
nella tua luminosa divinità
e saremo pronti per la festa di nozze.

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