Ogni volta che leggiamo o ascoltiamo un testo della Sacra
Scrittura, che ci è familiare, tradotto con parole diverse da quelle che siamo
abituati a leggere o ascoltare restiamo sorpresi. Così la prima volta che nella
nuova traduzione della CEI si riportano le parole che Pietro rivolge a Gesù in
occasione della Trasfigurazione: “Facciamo tre capanne”. Tre capanne? Ma se si
è sempre detto tre tende! Non parliamo poi di “non abbandonarci nella
tentazione” al posto di “non indurci in tentazione”: che dibattito ha
suscitato…
Adesso la Parola di vita proposta da Città Nuova cita le
parole dei Magi indirizzare al re Erode: “In Oriente abbiamo visto apparire la
sua stella e siamo venuti qui per onorarlo”. Come “onorarlo”? Non si è sempre
detto “adorarlo”? Questa infatti è anche la traduzione della CEI per l’uso
liturgico.
Sono venuti per onorarlo o per adorarlo? È la domanda che mi
sono sentito rivolto da più persone.
Premesso che la Parola di Vita è stata scelta e proposta dai
cristiani del Medio Oriente per celebrare la Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani, dobbiamo andare comunque a confrontare l’originale
greco. Che lingua avranno parlato i Magi? Il greco? che era la lingua corrente
del tempo. Oppure, più verosimilmente l’aramaico, comune in tutto il Medio
Oriente? Noi abbiamo comunque il testo greco, la lingua nella quale è scritto
il Vangelo di Matteo, il solo che riporta l’episodio.
La parola, in greco, è προσκυνέω (proskuneô),
da πρός ed una
probabile parola derivata da κύων (con
significato baciare). I Magi dichiarano dunque che sono venuti per “baciare la
mano verso qualcuno”, come segno di riverenza. Soprattutto tra i persiani (da
dove venivano i Magi?) era usanza cadere in ginocchia e toccare il terreno con
la fronte come espressione di profonda riverenza.
Nel Nuovo Testamento la parola proskuneô ricorre 60
volte, con significati diversi. Spesso indica proprio l’adorazione, ma altre
volte indica semplicemente l’inginocchiarsi o prostrarsi per rendere omaggio a
qualcuno. Restiamo nel Vangelo di Matteo. Troviamo il verbo per indicare
l’atteggiamento di un semplice, anche se profondo ossequio. Riporto alcuni
passaggi così come si leggono nella versione della CEI: “
“Ed ecco, si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui
e disse” (8,2). Qui il verbo proskuneô è tradotto con prostrarsi. Lo
stesso in 9,18: “Giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse”; in
15,25: la donna siro-fenicia “si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui”; in
18,26: “Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicata”.
La CEI traduce “prostrarsi” anche davanti a segni di
autentica adorazione, come in 14,33: “Quelli che erano sulla barca si
prostrarono davanti a lui, dicendo: Davvero tu sei Figlio di Dio”.
Dopo la risurrezione proskuneô viene tradotto
“adorare”, quando si racconta dell’apparizione del Signore alle donne: “Ed esse
[le donne] si avvicinarono gli abbracciarono i piedi e lo adoravano” (28,9). Ma
per gli Undici, al momento dell’Ascensione, torna la traduzione “prostrarsi”: “Quando
lo videro si prostrarono, essi però dubitarono” (28,17).
Torniamo ora ai Magi. Troviamo due volte il verbo proskuneô
e la CEI lo traduce tutte e due le volte: “adorare”.
2,2: “Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad
adorarlo”.
2,11: “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua
madre, si prostrarono e lo adorarono”.
Perché tante volte la CEI traduce proskuneô con
prostrarsi e qui con adorare? Occorrerebbe chiederlo a chi ha preparato la
traduzione.
La prima volta si riportano le parole dei Magi, la seconda
volta è Matteo che parla.
I Magi avranno detto veramente a Erode che intendevano
“adorare” il bambino? Hanno usato questa parola davanti a un re ebreo e a una
corte di scribi e farisei che si sarebbero rivoltai contro sentendo che si
intendeva adorare un bambino? Non avranno semplicemente detto che, secondo le
loro usanze, volevano onorare, prostrati a terra? Il verbo greco consente
questa traduzione, come negli altri casi elencati precedentemente.
Quando invece parla Matteo è diverso: egli vede l’omaggio
dei Magi come l’inizio del riconoscimento di tutte le genti del Signore Gesù, è
probabile che usi il verbo proskuneô nel senso forte di “adorare”.
Quella della CEI è di norma la traduzione che va impiegata
nella liturgia. Ma non certo l’unica possibile.
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