Sabato nel primo pomeriggio mi hanno
preso all’aeroporto di Torino e ci siamo diretti verso la Francia. Imbroccata
la strada della val di Susa ecco apparire su in alto, su un picco, la Sacra di
san Michele. È la prima volta che la vedo. Non posso non chiedere una
deviazione per salire fin lassù. Da quando sono stato a Mont Saint Michel ho
imparato che quell’isola è legata a Monte Sant’Angelo sul Gargano e che a metà
tra i due c’è la Sacra di san Michele: tre santuari dell’Arcangelo, luoghi che,
secondo gli esoterici, hanno particolari forze vitali. Soprattutto un cammino
di 2000 chilometri che i pellegrini hanno lungo i secoli.
Della Sacra di san Michele in val di
Susa mi avevano a lungo parlato i Rosminiani quando ero stato da loro a
Domodossola; re Carlo Alberto l’aveva infatti affidata ad Antonio Rosmini e da
allora i Rosminiani ne sono i custodi. Mai avrei immaginato che un giorno vi
sarei potuto andare. Sono quelle cose che accadono all’improvviso,
completamente inaspettate, un dono che casca dall’alto gratuitamente.
Per certi aspetti ricorda Mont Saint
Michel, ma forse è più “selvaggio”. Vi è la stessa ascesa faticosa, gradino
dopo gradino, quasi una salita al cielo, ricompensata dalla bellezza delle
architetture, della chiesa, dei suoi affreschi, degli antichi ruderi, del
panorama… Tutto degno della vigilia dell’Assunta, tra l’altro raffigurata da un
bellissimo affresco. La posizione del monastero e la ricca biblioteca hanno
ispirato Umberto Eco per il suo romanzo “Il nome della rosa”. Don Carlo,
rosminiano, mi regala un libro con la storia ultra millenaria del santuario,
testimonianza di fede, di spiritualità, di intensa vita monastica. Ora mi
rimane da visitare il luogo di origine della devozione a san Michele Arcangelo,
il santuario della Puglia. Chissà…
Il viaggio riprende salendo verso il
passo del Moncenisio. Il pensiero torna a quando l’ho attraversato 50 anni fa.
Da allora penso di non averlo più percorso. Un bell’anniversario! Un viaggio
indimenticabile, quello di allora, che da san Giorgio Canavese ci portò a
Aix-en-Provence, perché per strada, su per quei tornanti, si guastò il pulmino
che guidavo e rimanemmo due giorni su quelle montagne in attesa che fosse
riparato. Erano proprio altri tempi…
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