Cripta della chiesa di santa Priscilla (Prisca) |
Nell’anno 52 l'imperatore romano Claudio, che si opponeva all'introduzione di nuovi culti in Roma, ordinò di espellere gli
Ebrei dalla città, come spiega lo storico Svetonio: "Scacciò da Roma gli
Ebrei che tumultuavano per incitamento di Cresto". È un chiaro riferimento
alla divisione sorta ormai all’interno del giudaismo, e non soltanto nella
capitale, tra i rappresentanti dell’antica religione e quelli che nel suo seno
seguivano l’insegnamento di Cristo, quel “Cresto” di cui i pagani avevano poche
e confuse notizie. È difficile pensare che tutti gli Ebrei fossero espulsi: erano
a Roma da almeno 200 anni, ne avevano ricevuto la cittadinanza, ed avevano
raggiunto il ragguardevole numero di 40.000 persone. In ogni caso Aquila e
Priscilla, una delle tante coppie di giudeo-cristiani, dovette abbandonare la
loro bella casa sull’Aventino e trovare rifugio a Corinto, in Grecia.
Fu lì che li trovò l’apostolo Paolo, proveniente da Atene, come ricordano
gli Atti degli Apostoli: «Qui trovò un ebreo, di nome Aquila, oriundo
del Ponto, giunto di recente dall'Italia insieme con sua moglie Priscilla,
perché Claudio aveva ordinato a tutti i Giudei di lasciare Roma». I due lo accolsero
nella loro casa e gli offrirono un lavoro, infatti «erano del medesimo mestiere…
fabbricanti di tende» (18, 1-3). Quando l’apostolo poté dedicarsi a tempo
pieno “alla Parola” (18, 5), provvidero lo stessi alle sue necessità materiali
e Paolo rimase con loro per 18 mesi. Il legame che si instauro tra loro deve
essere stato molto profondo se, dovendo lasciare Corinto, Paolo chiese ai due
di chiudere il laboratorio e di seguirlo. Così «Paolo... navigò verso la Siria,
con Priscilla e Aquila... giunsero a Efeso» (18, 18-19). Lì lasciò in città perché
continuassero il suo lavoro apostolico mentre egli proseguiva per Gerusalemme.
La coppia di sposi romana compì la missione che Paolo le aveva affidato e la
loro casa divenne luogo di incontro della nascente comunità cristiana. Lo
testimonia la prima Lettera ai Corinzi, scritta da Efeso in quel
periodo: «Le Chiese di Asia vi salutano. Aquila e Priscilla, con la Chiesa
che si trova nella loro casa, vi salutano molto nel Signore» (16, 19).
Nella loro opera di evangelizzazione aiutarono anche un grande teologo come
Apollo a conoscere «più esattezza la via di Dio» (Atti, 18, 26).
Dopo uno o due anni, con la morte dell’imperatore Claudio, poterono tornare
a Roma, dove continuarono l’annuncio della Parola di Dio, aprendo ancora una
volta la loro casa alla comunità cristiana. Quando Paolo nell'anno 58 scrive
una lettera ai cristiani della città chiede infatti: «Salutate Priscilla ed
Aquila, miei collaboratori in Gesù Cristo, che hanno rischiato la loro vita per
me; a loro non io soltanto sono grato, ma anche tutte le chiese delle nazioni.
Salutate anche la chiesa che si riunisce in casa loro» (16, 3-5).
Può esserci testimonianza più bella? Paolo li considera autentici
“collaboratori” suoi e del Vangelo, al punto da rischiare la vita. Nella
seconda Lettera a Timoteo li troviamo ancora una volta: adesso sono
tornati a Efeso per rafforzare la fede dei cristiani di quella città (4, 19),
quali autentici missionari, capaci di lasciare casa e lavoro per porsi
totalmente a servizio del Vangelo.
A Roma si può visitare la chiesa di santa Prisca sull'Aventino, sorta sulla casa di Aquila e Priscilla...
Nessun commento:
Posta un commento