martedì 16 giugno 2020

Orazione: Cosa non gli si direbbe!


Dalla teoria alla prassi. Come pregava sant’Eugenio nella sua silenziosa orazione quotidiana davanti a Gesù Eucaristia?
La sua era una autentica conversazione con Gesù, come testimoniano numerosi scritti.

Il 10 ottobre 1832, mentre a Roma si sta preparando all’ordinazione episcopale, apre uno spiraglio sulla sua preghiera: «Il Signore si comporta con me come al solito, cioè ogni volta che mi avvicino a lui si mostra così com’è, infinitamente buono, infinitamente misericordioso. Mi purifica il cuore, illumina la mia povera intelligenza, sprona e perfeziona la mia volontà. Alla sua presenza mi trovo a mio agio, nonostante le impressioni diverse che mi comunica il suo divino Spirito da me invocato con assiduità e insistenza, non oso dire con fervore. Sia che consideri l’im­mensa bontà di Dio che mi ha prevenuto sin dalla fanciullezza per condurmi a compiere le diverse opere che mi ha affidato nel corso della vita, sia che mediti sulle azioni interiori della grazia tutte volte a spronare la mia riconoscenza e il mio amore, sia che rifletta sui miei peccati e le innumerevoli infedeltà tali da sconvol­gere anche le pietre e far di me il mio primo accusatore, sento tuttavia di trattare col Padre mio che sta nel più alto dei cieli, con alla destra suo Figlio Gesù Cristo, nostro Salvatore, nostro avvocato, nostro mediatore, il quale non cessa di intercedere per noi con quella preghiera potente che ha diritto di essere esaudita e lo è sempre quando non mettiamo ostacoli».

Il 14 febbraio 1839 annota nel diario: «Quando sono davanti al Santissimo Sacramento, adoro il mio amabile Salvatore con tutta la potenza della mia anima per rendergli l’omaggio che gli è dovuto; in riparazione di tutti gli oltraggi che riceve in ogni tempo, ma soprattutto in questi giorni di dissoluzione [era carnevale]; per domandargli tutte le grazie che mi sono necessarie per governare santamente il popolo che mi ha affidato; per chiedergli perdono dei miei peccati e di tutto le negligenze nel suo servizio; prego per domandargli le grazie necessarie ai miei carissimi figli; per supplicarlo di non permettere mai che, essendo così contento di trovarmi alla sua pre­senza, adesso che è nascosto ai nostri occhi sotto le specie eucaristiche, sia separato da Lui per tutta l’eternità, gli domando cioè di vivere sempre e morire nella sua grazia. Cosa non si domanda ancora quando si è ai piedi del Trono della Misericordia che si adora, si ama, in cui si vede Gesù Cristo nostro Maestro, nostro Pa­dre, nostro Salvatore, a cui si parla e che risponde al nostro cuore con l’abbondanza delle sue consolazioni e delle sue grazie? Questa mezz’ora passa troppo in fretta! Come è impiegata deliziosamente».

Il 2 giugno 1839, trascorre la sua mezz’ora di preghiera nella chiesa di N. D. de Lumières, assieme a due suoi compagni e alla coppia di marito e moglie custodi del santuario: «Mi sembra che questi momenti sono stati preziosi. Eravamo proprio soli alla presenza del Divin Maestro, ma eravamo prostrati ai suoi piedi per mettere sotto la sua potente protezione le nostre persone, la nostra Società, il suo ministero, le sue opere, la casa di cui stavamo prendendo possesso. Gli abbiamo domandato di regnare su di noi, di essere nostro padre, nostra luce, nostro aiuto, nostro consiglio, nostro sostegno, nostro tutto. Abbiamo invocato le sue benedizioni su di noi e sulla nostra Congregazione che rappresentavamo con tanto più fervore quanto più eravamo pochi e, per conto mio».

Il 6 gennaio 1844: «Durante la mia adorazione al Santissimo Sacramento, sono stato preso dal pensiero che è impossibile stare meglio. Trovarsi alla presenza di Gesù Cristo, prostrato ai suoi piedi per adorarlo, amarlo e attendere dalla sua bontà le grazie di cui abbiamo bisogno è proprio l’anticamera del Paradiso».

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