martedì 9 giugno 2020

L'orazione col Vangelo in mano

La prima pagina del Nuovo Testamento dove sant'Eugenio
scrive che il libro apparteneva allo zio Andrea.
Una nota scritta dopo la sua porte attesta
che ha portato sempre con se in tasca questa copia
“Fine di questa piccola Società è che, vivendo insieme come fratelli si impegnino specialmente alla evangelizzazione dei poveri e si sforzino di imitare assiduamente le virtù e gli esempi di Gesù Cristo nostro Salvatore”. Così l’inizio della Regola di sant’Eugenio.
Rileggendola, durante gli esercizi spirituali nel 1831, egli stesso commenta:
“È tutto qui: Imitare assiduamente le virtù e gli esempi di Gesù Cristo nostro Salvatore. Che queste parole ci si imprimano nel cuore, che le si scrivano dappertutto per averle sempre davanti agli occhi”.
L’orazione è uno dei luoghi privilegiati per conoscere, contemplare, rispecchiare “le virtù e gli esempi di Gesù Cristo nostro Salvatore”.
Il Concilio Vaticano II ha ricordato che la “rivelazione comprende eventi e parole intimamente connessi” (Vei Verbum, 2). L’orazione si alimenta dunque degli eventi e delle parole del Signore, e trova il suo naturale nutrimento nel Vangelo, letto in maniera meditativa oppure richiamato alla memoria senza bisogna di ricorrere direttamente al testo.

Leggere, studiare, pregare, vivere la Parola di Dio nelle Sacre Scritture è affare di ogni giorno, di tutta la vita.
Da quando aveva 14-16 anni, sant’Eugenio leggeva ogni giorno almeno un capitolo del Nuovo Testamento. Appena divenuto sacerdote, durante un ritiro, ratificò la pratica della quotidiana lettura della Bibbia prescrivendosi: «leggerò la sacra Scrittura per una mezz’ora». Nel regolamento che si propose quando divenne vescovo di Marsiglia il tempo dedicato a questa lettura raddoppiò, un’ora al giorno. Agli Oblati, quale frutto della propria esperienza, nella Regola prescrive lo studio quotidiano della Sacra Scrittura. Li invita poi a fare come lui, a portare in tasca il libro del Nuovo Testamento. La sua copia, minuscola, la conserviamo ancora…
Nel maggio 1837, al momento di prendere possesso della sede vescovile di Marsiglia, ringraziava il Signore di averlo guidato con la sua Parola: “Ti ringrazio, o Signore, per aver fatto scaturire questa luce dal sacro deposito delle Sacre Scritture. Nel momento in cui mi indichi il cammino da seguire e mi comunichi il desiderio di seguirlo, donami anche il potente aiuto della tua grazia”.

Vangelo alla mano, l’orazione diventa l’esercizio di quel colloquio tra Dio e la sua creatura di cui parla il Concilio: con la Rivelazione “Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé” (Vei Verbum, 2). 
L’iniziativa è tutta sua: è lui che parla per primo a noi, come ad amici! Un’azione continua e prolungata: si intrattiene con noi! Perde tempo con noi, senza spazientirsi, senza lasciarsi scoraggiare dai nostri rifiuti. Incredibile! Un Dio che ci dedica tanto tempo…, senza stancarsi mai.
Scende accanto a noi, si mette al nostro livello e ci invita a stare con lui, ad aprirci al dialogo, a rispondergli… per portarci con sé. Viene sulla terra per portarci nel cielo.
In quel colloquio quotidiano ci dice cosa fare, come fare, e ce lo suggerisce mostrandoci cosa lui ha fatto, come lui l’ha fatto, per arrivare a essere come lui. Proprio così: “È tutto qui: imitare assiduamente le virtù e gli esempi di Gesù Cristo nostro Salvatore”.

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