giovedì 4 giugno 2020

Far comprendere e comprendere chi è Cristo


“Far comprendere chi è Cristo”, questa la missione che sant’Eugenio de Mazenod ha affidato agli Oblati.
L’ha scritto nell’introduzione alla sua Regola: “apprendre… ce que c’est que Jésus Christ”; “apprendre”, che traduciamo “insegnare”. Ma è molto di più che insegnare chi è Cristo.
Si tratta di introdurre nella conoscenza di Gesù, con quel senso profondo che la Bibbia dà questa parola “conoscenza”, che indica un rapporto profondo personale. È “appropriarsi” di qualcosa, di qualcuno, o “lasciarsi prendere”.
Per Gesù la vita eterna consiste nel “conoscere te, Padre, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv 17, 3). È dunque questa la missione dell’Oblato, portare la salvezza facendo conoscere Dio, Gesù, fare in modo che entri nella vita di quanti incontriamo nel nostro cammino.
Questo richiede che il povero Oblato conosca a sua volta Gesù, altrimenti cosa insegna? È chiamato, come Paolo, “a non sapere altro se non Gesù Cristo e Cristo crocifisso” (1 Cor 2, 2), a “conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza” (Ef 3, 19), a “imparare a conoscere il Cristo” (Ef 4, 20), a “conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, divenendogli conforme nella morte… (Fil 3, 10).

Sant’Eugenio ha imparato a conoscere Cristo soprattutto nella preghiera. «La meditazione – scriveva – dev’essere il pane quotidiano del sacerdote: là troverà forza luce consolazione in mez­zo alle difficoltà della sua vita travagliata, là in cui
“Dio si comunica a lui nell’unione intima delle sue ispira­zioni e della sua grazia (…); là e là soltanto imparerà la scienza dei santi e le vie da essi seguite per imitarli e giungere agli stessi risultati” (dicembre 1812).
Nella Regola ha chiesto agli Oblati: “Faremo la preghiera mentale insieme, in due momenti, durante il giorno: al mattino almeno per tre quarti d’ora, e la sera, intorno all’altare, come visita allo stesso Santissimo, per mezz’ora”. Spiega anche su cosa deve vertere la preghiera della sera: “Mediteremo in particolare sulle virtù teologali, sulla vita e sulle virtù di Nostro Signore Gesù Cristo, che i membri della Compagnia devono riprodurre profondamente in se stessi”.

Nelle Costituzione attuali, al n. 33, leggiamo: “Nella preghiera silenziosa e prolungata di ogni giorno, si lasciano plasmare dal Signore e trovano in lui l’ispirazione per il loro comportamento. Secondo la loro tradizione, consacrano un’ora al giorno all’orazione e vivono insieme una parte di questo tempo alla presenza del SS. Sacramento”.

Francis Kelly Nemeck, un Oblato di una intensa vita di preghiera, morto pochi giorni fa, che ha fondato e diretto una casa di ritiri negli Stati Uniti, così ha commentato:
“Nella preghiera silenziosa e prolungata di ogni giorno ...”. Dice “ogni giorno” e non “una volta ogni tanto”. Inoltre, il testo afferma: “Consacrano un’ora al giorno all’orazione “ e non dice, in maniera moraleggiante, che dovrebbero farlo, non ordina di farlo. Dice semplicemente che dedicano quest’ora alla preghiera. In altre parole, se sono veri Oblati, è quello che fanno.
“Si lasciano plasmare dal Signore”. Da notare la natura passiva dell’espressione. L’enfasi è sull’inclinazione della preghiera, l’atteggiamento accogliente, qualunque sia il metodo usato per pregare. Lasciamo che la preghiera sorga dall’intimo, come viene in quel momento, piuttosto che imporre una formula o una struttura. Lasciamo che il Padre, il Figlio e lo Spirito, vivendo nel più intimo, diventino fonte che zampilla in noi.


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