domenica 14 giugno 2020

Orazione: metodo e libertà


Gli Oblati non hanno mai adottato un metodo unico per l’orazione, seguendo in questo l’esperienza del loro fondatore.
Sant’Eugenio, nella giovinezza e negli anni di seminario, aveva praticato e assimilato almeno tre metodi di preghiera: quello di Ignazio di Loyola, di Saint-Sulpice e di Alfonso di Liguori.
Il metodo di S. Ignazio lo si può trovare negli Esercizi Spirituali, dove parla della preghiera meditativa, della contemplazione immaginativa e dell’applicazione dei sensi. Nell’oblazione oblata è forse entrata in maniera più profonda la contemplazione immaginativa, che è la forma di preghiera più frequente negli Esercizi a partire dalla seconda settimana, e si applica ai misteri della vita, passione e resurrezione di Cristo fino a essere trasformati nel mistero contemplato.
Il metodo dei Sulpiziani e della cosiddetta spiritualità francese aiuta ad unirsi a Gesù, Verbo Incarnato, per onorare Dio e riprodurre, nel proprio spirito e nel proprio cuore, gli atteggiamenti e lo spirito di Cristo. Propone tre tappe: l’adorazione (guardare Gesù), la comunione (unirsi a Gesù) e la cooperazione (operare in Gesù).
Il metodo di S. Alfonso consiste in una lettura accompagnata da riflessioni e propositi. Il “colloquio” in particolare è forse ciò che più ha ispirato l’orazione oblata: «Immaginando Cristo nostro Signore davanti a me e posto in croce, farò un colloquio: egli da Creatore è venuto a farsi uomo, e dalla vita eterna è venuto alla morte temporale, così da morire per i miei peccati. Farò altrettanto esaminando me stesso: che cosa ho fatto per Cristo, che cosa faccio per Cristo, che cosa devo fare per Cristo. Infine, vedendolo in quello stato e appeso alla croce, esprimerò quei sentimenti che mi si presenteranno. Il colloquio deve essere spontaneo, come quando un amico parla all'amico, o un servitore parla al suo padrone, ora chiedendo un favore, ora accusandosi di una colpa, ora manifestando un suo problema e chiedendo consiglio».

Come ha notato Francis Kelly Nemeck, Eugene de Mazenod, nonostante il suo amore per le regole, aveva una mente troppo libera per attenersi a un solo metodo di preghiera. La sua naturale indipendenza non gli avrebbe permesso di limitarsi a una scuola di pensiero. Quindi ha preso qua e là degli elementi che ha adattato alla sua personalità, al suo temperamento e alle esigenze del momento. Non aveva scrupoli nell’usare elementi di origini diverse purché servissero al suo scopo. Aveva un modo creativo di essere eclettico ed era capace di incorporare costantemente elementi convergenti.
Come si è sentito libero di usare diversi metodi di preghiera, così ha lasciato liberi gli Oblati di fare lo stesso senza niente imporre. Ha specificato l’ora del giorno e la durata di ogni tempo di preghiera, al contenuto, ma non il metodo.
Il soggetto dell’orazione oblata è Gesù Cristo e il suo modo di compiere la volontà del Padre, i suoi “esempi e virtù”. Essa va dunque vissuta nel modo più adatto perché trasformi in Cristo, facendo rivivere i suoi misteri, intensificando il rapporto d’amicizia col Dio che dimora in noi.

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