lunedì 15 giugno 2020

L'orazione oblata: una preghiera apostolica


L’orazione dell’Oblato è quella di un missionario ed ha quindi un orientamento apostolico.
Nella Regola leggiamo: «Mantenendosi in un’atmosfera di silenzio e di pace interiore, [gli Oblati] ricercano la presenza del Signore nel cuore della gente e negli avvenimenti della vita quotidiana, come lo ricercano nella Parola di Dio, nella preghiera e nei Sacramenti» (C 32).
L’inizio della frase richiama la primitiva Regola di sant’Eugenio nella quale chiedeva: «L’intera vita dei membri della Società deve essere un continuo raccoglimento. Per raggiungere questo scopo avranno a cuora, innanzitutto, l’esercizio della presenza di Dio, esercitandosi a recitare spesso brevi ma ferventi giaculatorie». Quindi annotava: «Il nostro ministero sarà sempre infruttuoso se non tendiamo alla perfezione».
Oltre a questo richiamo alla prima Regola del Fondatore, la Regola attuale mette in luce un elemento nuovo. Il Signore non lo si incontra soltanto nel silenzio della preghiera personale, nella Parola di Dio e nei sacramenti, ma anche “nel cuore della gente e negli avvenimenti della vita quotidiana”.
È questo in primo carattere dell’oblazione oblata, la capacità scoprire Dio nelle persone a cui si è inviati. Si tratta di imparare a riconoscere Dio nelle persone e negli avvenimenti. «Profondamente vicini alle persone con le quali lavorano – leggiamo nella Costituzione 7 – gli Oblati saranno costantemente attenti alle loro aspirazioni e ai valori che esse portano», così da lasciarsi «evangelizzare da loro, poiché spesso ci fanno capire in maniera nuova il Vangelo che annunciamo» (R 8a).
La contemplazione non si fa soltanto guardando in alto, ma anche guardando attorno, a condizione che si sia acquisito lo sguardo di Gesù! «Attraverso lo sguardo del Salvatore crocifisso vediamo il mondo riscattato dal suo sangue
La missione è preghiera e insieme nutre la preghiera» (C 4).

L’orazione oblata è alimentata dalla missione anche perché, come leggiamo sempre nella C 3, «portiamo davanti a lui il peso quotidiano della nostra sollecitudine per le persone alle quali siamo mandati (cf. 2 Cor 11, 28)». La missione alimenta la preghiera ed entra potentemente nella preghiera. Quando si va all’orazione non dobbiamo lasciare la parte le preoccupazioni, ma dobbiamo portarle nell’orazione stessa, facendole diventare oggetto di dialogo con il Signore e offerta a lui, che aiuta a discernere, purificare, rinsaldare.
Mi piace, in proposito, leggere nel diario di sant’Eugenio, come prega quando il 4 dicembre 1854 si trova in san Pietro a Roma: “Un pensiero mi ha occupato durante l’adorazione: il nostro divin Salvatore era là convenientemente posto sul suo trono, nel più bel tempio dell’universo, da dove regnava sul mondo intero. Mi sembrava che fosse là non solo per gli abitanti di quella città, ma per tutte le creature di cui è l’unico Signore e sovrano Maestro. Mi piaceva, per questo, rendergli omaggio a nome di tutta la terra e osavo implorare su di essa la sua grande misericordia”.
Nell’Eucaristia egli ritrova ormai l’umanità e l’intera creazione.

L’orazione oblata è infine apostolica perché rende capace di parlare di Colui che si è scoperto e amato nell’orazione. Soltanto chi conosce chi è Cristo può trasmettere la scoperta di Cristo.

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