La città e la casa
Domenica mattina. A Montréal piove
e fa freddo. Nelle periferie della grande città ci si muove soltanto con l’auto;
troppo vasti gli spazi. Le strade anonime mi sembrano troppo larghe e lunghe; anonimi
i grandi magazzini che si agglomerano uno accanto all’altro, eleganti, sterminati
e freddi; anonimi i ristoranti dove si consuma scialbe e tristi colazioni-pranzo…
La città, che sempre mi ha incantato, oggi mi trasmette un senso di solitudine
e di dispersione: mancanza di centro e d’unità.
A pranzo la famiglia si riunisce.
Ritrovo finalmente la casa, il calore di volti cari e dell’amicizia. Il nome
dice la realtà: focolare. Nel pomeriggio incontro la piccola comunità, una
quarantina di persone che non conosco e che pure non hanno un volto anonimo; la
comunione rende il rapporto amicale e fraterno: è focolare. A cena rimangono i
vecchi amici religiosi con i quali mi lega una conoscenza più che trentennale:
è festa, è focolare.
Intanto fuori il freddo e la
pioggia hanno lasciato il posto al caldo sole del tramonto: l’anonima città ha
lasciato il posto alla casa e agli affetti familiari, al focolare.
A pranzo la famiglia si riunisce. Ritrovo finalmente la casa, il calore di volti cari e dell’amicizia. Il nome dice la realtà: focolare. Nel pomeriggio incontro la piccola comunità, una quarantina di persone che non conosco e che pure non hanno un volto anonimo; la comunione rende il rapporto amicale e fraterno: è focolare. A cena rimangono i vecchi amici religiosi con i quali mi lega una conoscenza più che trentennale: è festa, è focolare.
Intanto fuori il freddo e la pioggia hanno lasciato il posto al caldo sole del tramonto: l’anonima città ha lasciato il posto alla casa e agli affetti familiari, al focolare.
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