“C'era una volta un
ragazzetto chiamato Giovannin senza paura, perché non aveva paura di niente.
Girava per il mondo e capitò a una locanda a chiedere alloggio...”
Inizia così la novella di Giovannin senza paura.
La mia inizia così: “C’era una volta un Oblato chiamato
Giovannin senza paura. Girava il mondo e capitò a Pechino…”
Che ci fa a Pechino? Con altri della stessa banda dirige
un’agenzia di scambi culturali, regolarmente registrata. La sede è in un grande
centro commerciale. Si offrono corsi di lingua inglese, soprattutto per bambini
e per studenti che vengono da fuori, si organizzano visite per stranieri, si
preparano eventi culturali. Ma si fa anche altro: si seguono bambini
abbandonati e orfani con disabilità, si organizzano, sul posto, le adozioni con
altre famiglie cinesi, si aiutano le famiglie che prendono i bambini in
affidamento…
Giovannin senza paura va ancora più in là. Si avventura
nelle periferie dove ogni giorno arrivano nuovi immigranti dall’interno
dell’immenso Paese. Sono ormai 230 milioni i cinesi che dall’interno si
spostano verso la costa per trovare lavoro. A Pechino prendono alloggio nelle
vecchie piccole case del tempo di Mao, le uniche che possono permettersi, con
un guadagno giornaliero di 20 euro. Giovannin senza paura va per le strade, si
fa amico bambini e genitori – “anche quando incontra un cane lo saputa e gli
domanda come sta”, mi racconta uno dei suoi amici –, organizza qualche asilo,
coinvolge volontari, interessa i genitori dei bambini che studiano inglese
nella sua agenzia culturale che cominciano a portare vestiti, materiale
didattico…
Ma insomma, cosa ci fa Giovannin senza paura a Pechino? Fa l’Oblato!
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