Oggi ricordiamo il trigesimo della morte di p. Valentino Ferrari,
domenicano. Riporto stralci di una lettera che mi scrisse nel maggio del 2007 a
testimonianza del suo incontro con il Movimento dei Focolari.
Ho conosciuto il Movimento quando
avevo 24 anni non ancora compiuti. Fresco di ordinazione sacerdotale, ero un
giovane domenicano, mentre oggi sono in procinto di compiere ottantun anni! Ma…
“la farina della giara non venne meno e l’olio dell’orcio non calò” (cfr. 1 Re
17,16), caso mai crebbe il mio entusiasmo e la mia riconoscenza per il dono di
Dio!
Mi dirai forse: “Ma che cosa hai
ricevuto che già non avessi nel tuo Ordine? Avevi nelle sue ‘Costituzioni’ la
sapienza di S. Domenico, nella sua teologia, la dottrina di S. Tommaso, nella
sua letteratura ascetica, l’incanto e l’ardore di S. Caterina; avevi l’esempio
di tanti confratelli e consorelle che la Chiesa venera come Santi e Beati… Che ti
mancava?”
Ti dirò: lì per lì non capii; ero
come affascinato dalla vista di una grande luce (…) Poi ho capito che Dio aveva
predisposto per me quell’incontro, (…) per chiedermi il mio contributo a quel
che, nel Credo, chiamiamo la ‘comunione dei Santi’. Quest’idea (che non è solo
un’idea) della comunione dei Santi mi era parsa già qualche anno avanti, come
una strada per andare a Dio, per andarci insieme, farsi santi insieme. (…) Quindi
non ci saremmo salvati vivendo, ogni anima, ‘sola col Solo’, secondo un detto
ascetico, male interpretato, ma inserendoci in questo popolo, qual “Corpo di
Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte” (1 Cor 23,27).
Allora cominciarono a parermi
stonate certe affermazioni che qua e là sentivo: “Noi abbiamo la nostra
spiritualità, loro, la loro!”. (…) Ben presto però mi venne in mente quel tratto
della prima lettera ai Corinzi ove Paolo dice: “Mi è stato segnalato che tra di
voi ci sono divisioni (…) c’è chi dice:
io sono di Paolo; io invece, io Apollo; io, di Cefa… ed io di Cristo! Ma forse
Cristo è diviso? O forse Paolo è stato crocifisso per voi o è nel nome di Paolo
che siete stati battezzati? (1 Cor 1,10-11). E il paragone balzava chiaro: “Io
sono di Basilio; io, invece, di Benedetto; e io di Domenico; io di Francesco;
io di Ignazio; io, invece, dell’Ordine di S. Pietro (il sacerdote diocesano) ..
ed io, della Chiesa universale di Cristo! (il laico secolare)”. “Mamma mi - mi
dissi - e che ha di cristiano questo arcipelago di isole incantate, divise da
un mare in navigabile? Non è un corpo, la Chiesa ? E poi non ha detto il Signore: Uno solo è
il vostro Maestro, il Cristo? (Mt 23,10) (…)”
L’unità dei discepoli non può
restare un fatto ontico-sacramentale. Deve essere cosa visibile perché il mondo
‘conosca’. La rete di gallerie intercomunicanti deve essere illuminata, direbbe
Chiara. (…)
Mi sono ritrovato attorno tanti
fratelli e sorelle pronti ad aiutarmi, a dar la vita per me, come anch’io per
loro (…). Chi ha visto noi religiosi dell’Opera nei nostri convegni
internazionale, o nelle nostre ‘scuolette estive’ non ha potuto non accorgersi
che “l’unità è una cosa vera”, come diceva il nostro Micor. Con quanta
commozione osservavo, io, io volto luminoso di religiosi tedeschi e inglesi,
francesi e spagnoli, oltre che italiani, di quelli venuti “dalle tante vie del
mondo”. E quale sobbalzo nel vederli arrivare! E sentire che ovunque andavo,
avrei trovato un amico, un fratello…!
Da principio, nelle prime Mariapoli
dolomitiche, tenevamo i nostri abiti, e l’unità nella varietà incantava le
pope. Poi tra di noi ce li togliemmo perché le nostre differenze non ci fossero
di ostacolo ad incontrarci solo come anime a nudo, come semplici cristiani,
tutti figli di un unico Padre. E chi di noi sapeva quale ufficio o quale ruolo svolgesse
l’altro? Spesso fuori di qui ci si pensa distinguendoci per Ordine, per uffici,
per ruoli; quel che conta, la persona, scompare come dietro a una maschera! Ma
poi, scopertici fratelli, i carismi si sono ricomposti in armonia, apparsi
tutti belli nel grande mosaico della nostra comune Chiesa, nel suo manto
iridato dai riflessi d’oro! Da allora chi vuole viene liberamente col suo
abito.
Siamo infatti divenuti un corpo
solo, “una famiglia compose l’amore: è la famiglia che nutre Maria, mistico
corpo del dolce Gesù”. (…)
Dio mi ha fatto conoscere l’Opera
di Maria e io gli do lodo; nella mia “passione per la Chiesa ”, in cui Caterina mi
è sorella maggiore, al crepuscolo della mia vita, grido la mia gioia. Ringrazio
Lui, Maria e la sua e nostra Chiara, madre, sorella e figlia nella comune vita.
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