martedì 4 settembre 2012

Aria fresca di Concilio: ne abbiamo bisogno


Più ci si allontana dal Concilio – e ormai sono passati cinquant’anni – più si corre il rischio di leggere i suoi documenti – se pure si leggono – come puri scritti dottrinali, avulsi dal loro contesto, fermandosi ai nudi enunciati dell’insegnamento.
Prima dei documenti, ciò che ha fatto respirare aria nuova è stato l’evento in se stesso.
La Chiesa ha ricevuto uno straordinario impulso al proprio rinnovamento dal Concilio come tale, dal significato che assumeva giorno per giorno quell’assemblea di vescovi provenienti da tutto il mondo, di laici, di religiosi e religiosi, di membri di differenti Chiese.
Alcune immagini, a prima vista di sapore folcloristico, come le tiare esotiche dei patriarchi orientali che ondeggiavano tra le mitre dei vescovi latini, i Padri conciliari in giro per Roma sulla Vespa, le diverse provenienti evidente dai volti asiatici e africani, facevano prendere coscienza di una cattolicità fino ad allora proclamata ma mai sperimentata in maniera così immediata e diretta. Che i Padri provenissero da 116 nazioni faceva indubbiamente impressione: 849 dall’Europa occidentale, 601 dall’America latina, 332 dall’America del Nord, 250 dall’Africa nera, 174 dal blocco comunista, 95 dal mondo arabo, 256 dal mondo asiatico e 70 dall’Oceania. Quando mai si era vista una tale varietà.
 Durante gli intervalli tra una sessione  e l’altra spesso, prima di tornare nelle loro sedi, i vescovi di altri continenti, su invito dei loro colleghi, visitavano le Chiese d’Europa e mettevano davanti i fedeli all’evidenza di una Chiesa non più soltanto occidentale o latina. Non soltanto l’evento Concilio faceva prendere coscienza della cattolicità della Chiesa, ma anche della sua dimensione ecumenica, grazie agli osservatori delle cosiddette Chiese sorelle. O meglio la cattolicità di spiegava in tutta la sua realtà più profonda.
Ho letto la meraviglia che aveva suscitato il Concilio nel cardinal Martini:
“La mia educazione religiosa, catechetica, teologica è tutta preconciliare. Il sistema era molto organico, privo di fantasia e di creatività…. Un po’ noioso, pesante, un po’ ripetitivo, senza scioltezza.
Il Concilio fu un momento straordinario… forse quello più bello della mia vita, quello in cui si poteva ripensare, rilanciare e riproporre, in cui si sentiva vibrare una scioltezza, una libertà di parola, una capacità di penetrazione nuova…
In tanti di noi c’era davvero un desiderio di maggiore autenticità, verità, povertà, umiltà nella Chiesa: via gli onori, via tutte le pomposità, via tutti gli orpelli…”
C’è bisogno di tornare a respirare l’aria fresca del Concilio.

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