giovedì 6 settembre 2012

Lo stile del Concilio: un linguaggio che la gente possa capire


Dovendo dialogare con gli uomini e le donne del nostro tempo e proporre ad essi la verità evangelica, il Concilio doveva necessariamente adottare un linguaggio adeguato. Ecco allora l’abbandono el linguaggio tecnico e giuridico caratteristico dei concili precedenti e della neoscolastica per uno stile più evangelico, che dice le verità di sempre, attinte dalla Scrittura, e nello stesso tempo comprensibili, ispirati al dialogo, sul tipo del modo di parlare utilizzato dai Padri della Chiesa.
Giovanni XXIII, nel discorso inaugurale del Concilio, indicava già l’importanza di una nuova forma di linguaggio: “la dottrina certa ed immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo. Altra cosa è infatti il deposito stesso della fede, vale a dire le verità contenute nella nostra dottrina, e altra cosa è la forma con cui quelle vengono enunciate, conservando ad esse tuttavia lo stesso senso e la stessa portata. Bisognerà attribuire molta importanza a questa forma e, se sarà necessario, bisognerà insistere con pazienza nella sua elaborazione”.
Presentando nell’aula conciliare il testo della Gaudium et spes il cardinal Garrone prendeva atto che fortunatamente “sono sempre più numerosi i Padre che desiderano uno stile diretto, semplice, pastorale, e per quanto possibile comprensibile da tutti”.
Ciò che si domandava, allora come oggi, è saper ascoltare Dio, per dire le cose di Dio, e saper ascoltare la gente per proporre le cose di Dio con il linguaggio della gente, che interessi la gente e che risponda alle attese della gente.

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