L’indomani
sarebbe passata la carovana e si sarebbe accampata non poco distante dalla sua
cella. Apa Pafunzio avrebbe portato le ceste e le corde che aveva intrecciato
nei mesi precedenti e avrebbe ricevuto in cambio farina, sale, olio, sementi,
quanto gli sarebbe bastato per il magro sostentamento. I mercanti, dopo avere
accesi i fuochi per la notte, si sarebbero avvicinati, si sarebbero seduti alla
porta della cella e come ogni volta gli avrebbero chiesto: “Cosa dobbiamo fare,
apa, per salvarci?” e lui, come ogni volta, avrebbe aperto loro il cuore.
L’indomani però
avrebbe voluto fare di più: essere soltanto trasparenza, cristallo di luce.
Avrebbe voluto sparire perché solo il suo Signore apparisse agli occhi dei
mercanti. Fu questa la sua preghiera nella notte:
“Non vedranno le
mie colpe: la tua misericordia le ha bruciate.
Non vedranno
doppiezza: il cuore l’hai unificato, l’hai orientato a te, interamente.
Non pensieri
nascosti: un solo pensiero, il tuo.
Vedranno il
disegno tuo di me, da sempre pensato, che crei vivo di giorno in giorno e si fa
storia con tocchi sempre nuovi.
Vedranno la vita
tua che nasce e cresce e sempre si rinnova.
Vedranno te”.
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