Ieri sera, disteso
sul prato, testa all’insù, ho seguito lo spettacolo del montare dei nuvoloni
neri e dei lampaneggi lontani. Abbiamo dovuto aspettare questa sera perché il
cielo si rovesciasse con violenza sulla terra. Ora è tornata la pace…
Intanto racconto ai
vescovi qualche stralcio di storia della Scuola Abbà.
Per comprenderne le
origini occorre risalire a quel fatidico 1949, anno in cui iniziò un periodo di
grazie particolari, che a Chiara ricordavano quelle ricevute da grandi
fondatori come Benedetto, Ignazio di Loyola, e altre persone scelte da Dio per
svolgere una missione particolare nella Chiesa e nel mondo.
A mano a mano che procedeva
in quella esperienza di luce annotava quanto comprendeva e viveva. Poi quelle
carte le sembrava potessero diventare un ostacolo al cammino di quanti la
seguivano: ci si poteva “attaccare” ai testi piuttosto che viverne il
contenuto, o potevano essere fraintese, perché molto ardite. Di fatto furono
messe da parte e lei le ritenne sparite per sempre.
Al di là delle carte
quell’esperienza di luce è rimasta come un tesoro di famiglia, una fonte di
ispirazione per l’azione, il pensiero, l’insegnamento di Chiara lungo tutta la
sua vita. Da quanto aveva “visto” e sperimentato nello splendore della luce di
Dio attingeva le linee guida e l’orientamento della sua Opera che si andava costruendo,
diffondendo, consolidando negli anni. Era cosciente che da quell’esperienza ne
sarebbe nata anche una dottrina. Non a caso le sono stati conferiti numerosi dottorati
“honoris causa”, dalle Scienze Sociali a Lublino, alle Scienze delle
Comunicazioni Sociali a Bangkok, in Teologia a Manila e a Taipei, in Scienze
Umanistiche in USA, in Filosofia in Messico, e poi per altre discipline a
Buenos Aires, a San Paolo e a Recife in Brasile, soltanto per ricordare i primi
riconoscimenti.
Quando, verso la fine
degli anni Ottanta, il teologo e vescovo mons. Klaus Hemmerle chiese di poter
accedere all’esperienza del ’49 come a luogo fontale del carisma dell’unità e
della nascita dell’Opera di Maria, Chiara avvertì che era arrivata l’ora che
quel patrimonio di sapienza fosse esaminato, ordinato, e studiato in
profondità. Tra la fine del 1990 e l’inizio del 1991, riunisce attorno a sé i
primi studiosi: don Pasquale Foresi, Giuseppe Zanghì, Marisa Cerini, il
francescano Andrea Balbo, Piero Coda. Presto si aggiunge lo stesso mons.
Hemmerle. Nasceva quella che Chiara chiamò la “Scuola Abbà”. “Abbà”, Padre, era
stata la prima parola che ella aveva pronunciato all’inizio della sua
esperienza mistica; una parola con la quale era entrata nel seno del Padre, nel
Paradiso.
Dopo un periodo di
sospensione, iniziato nel 1992 e dovuto alla salute di Chiara, i lavori
ripresero nel febbraio 1995 con l’arrivo di nuovi membri: c’ero anch’io fra
essi… Attraverso l’interazione tra i membri del gruppo ella ha potuto annotare
le sue antiche carte e arricchirle con commenti, sviluppi, precisazioni; caso raro
o forse unico che la scrittura di una esperienza mistica sia letta, riletta e
commentata a distanza di tempo dalla persona che l’ha vissuta e scritta.
Da parte loro i
componenti la Scuola Abbà hanno pubblicato numerosi contributi sulla dottrina
che emerge da quella esperienza. Ma oltre ad approfondire i testi e farne
emergere la dottrina, il gruppo vuole compiere un percorso di vita per essere un
autentico “Cenacolo di santità”, come Chiara auspicava proponendo un programma
alto ed esigente come la sua esperienza. Quando il 29 novembre 2003 ella iniziò
di nuovo la lettura del suo libro, intitolato Paradiso ’49, scrisse
sulla prima pagina: «Questa volta lo leggiamo allo scopo di convertirci,
traducendolo in vita. Dobbiamo far in modo che la Scuola Abbà diventi Paradiso.
Fra il resto, solo così si capiscono i contenuti di questi volumi».
L’ultimo incontro di Chiara
con il gruppo si tenne il 18 settembre 2004. Dopo la sua morte, la Scuola Abbà ha
continuato il suo lavoro, fino ad adesso, anche se con modalità sempre nuove.
Bellissimo! È sempre emozionante partecipare dalla vita di Chiara, una brezza leggera che ci fa una carezza nel momento presente della nostra vita e ci incoraggia ad andare avanti. Grazie per la condivisione.
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