sabato 31 agosto 2024

La Scuola Abbà da san Francesco

 

Il sorgere del sole mi sorprende tra i lecci del “sentiero natura spiritualità” di Greccio. La valle reatina si sveglia piena di luce. Le nebbie rimangono a pigrottare ancora un poco, adagiate tra i campi là in basso. 

San Francesco sapeva scegliere i suoi luoghi ove farsi aiutare dalla natura a salire fino al cielo. «Tu sei bellezza», cantava nelle Lodi di Dio Altissimo, contemplando la sua bellezza riflessa in tutte le creature.

Con la Scuola Abbà (è il secondo giorno che lavoriamo insieme circondati da tanto incanto) siamo scesi a Fonte Colombo proprio per rivivere, per un attimo l’esperienza di san Francesco, là dove ha scritto la Regola. 

Siamo entrati nelle fenditure della roccia dove amava stare, come fossero una memoria delle piaghe del Signore. 

Abbiamo celebrato la Messa nell’antica cappella dove celebrava frate Leone per Francesco e i suoi frati… Francesco si ha fatti ritrovare ancora una volta fratelli e sorelle tra tutti noi.



 

venerdì 30 agosto 2024

Quei cipressi fedeli e silenziosi

 

Prima di lasciare Marino un ultimo sguardo nella luce dell’alba. E si stagliano i cipressi, fedeli custodi, ben dritti, impassibili. Quasi un segno della fedeltà di un’esperienza che chiede di continuare.

Da qui è partita una vita nuova che tanto ha rinnovato tra gli Oblati. Come ogni vita che nasce ha creato anche scompiglio, ha generato sofferenza, prese di posizione contrastanti… Eppure ha rinnovato la formazione, la missione, e soprattutto lo stile di vita.

Quanti giovani sono passati da questa casa? Da tutta Italia, dall’estero. Quanti Oblati hanno trovato qui la loro vocazione. Centro Giovanile e Noviziato sono stati vissuti come momenti di freschezza evangelica, di entusiasmo: tutto sembrava possibile, si apriva davanti un futuro pieno di speranza, si è sperimentata una fraternità semplice e sincera, una presenza viva di Gesù fra tutti. Si è creduto al Vangelo. Si sono messi radici in Dio.

Poi… Poi la vita si fa complessa, sopraggiungono delusioni, difficoltà, prove, momenti di buio, rivalità…

Di tanto in tanto occorre tornare a Marino. A tutti quelli che qui hanno iniziato, prima o poi Gesù ripete: “Vi aspetto in Galilea”, “Vi aspetto a Marino”.

Dobbiamo tornare a Marino, senza remore, senza difese, da soli, a gruppi, tutti insieme, per bere nuovamente a quell’acqua fresca, per ritrovare l’idealità che ha animato gli inizi di ciascuno di noi, per riassaporare la bellezza dei rapporti semplici, per metterci ancora una volta, con nuova maturità, davanti a Gesù che ci chiede soltanto: “Mi ami tu?



giovedì 29 agosto 2024

Il cielo dentro di me

 


Stefano Bandinelli ha scritto su “Toscana oggi”:

A fine settembre esce il nuovo libro di padre Fabio Ciardi. S’intitola “Il cielo dentro di me” ed è la seconda puntata di un’immersione nell’esperienza del deserto; non a caso il sottotitolo è “Parole dal silenzio del deserto”. (…)

“Questo nuovo libro – spiega padre Fabio – è la continuazione del viaggio iniziato con il volume del 2014. Il mondo dei padri del deserto è affascinante. Sembrano persone fuori dal tempo e dalla storia, ma hanno una profondità umana così viva che sono di un’attualità straordinaria. Il deserto li prosciuga e li fa arrivare all’essenziale; ritrovano la loro umanità al di là delle maschere perché non ci si può più nascondere né davanti a se stessi né davanti a Dio. Nei padri del deserto c’è l’emergere dell’umanità in tutta la sua verità. Il secondo elemento che affascina di queste figure è la scoperta progressiva di Dio. Il deserto cancella gli idoli e appare chiaramente Dio; non è un caso che le grandi figure della Bibbia siano tutte legare al deserto, Io sono andato alla ricerca dei detti di apa Pafnunzio; apa vuol dire padre che è una parola copta con la stessa derivazione di abbà. Si tratta di un padre del deserto marginale, quasi sconosciuto. Il nome esatto sarebbe Pafnuzio; io ci ho aggiunto una enne, quindi è uno che non esiste, ma che mi assomiglia molto, quasi fosse uno pseudonimo, perché è molto moderno e va avanti con grande fiducia nell’amore di Dio nonostante i suoi limiti e le sue debolezze”.

Che differenza ci sono tra i due libri su apa Pafnunzio?

“Nel primo volume ho inserito non solo frasi particolari, ma anche sintesi di piccole esperienze prese da racconti su di lui. Poi ho continuato a raccogliere altri aneddoti che svelano delle situazioni di vita, delle tensioni interiori e così via e mi sono ritrovato ad avere materiale per una nuova raccolto che il mio editore, Città Nuova, ora pubblica in questo libretto. Sono soprattutto gli ultimi anni di questo apa che gettano uno sguardo sul cammino fatto e su quello che l’attende Così lascia parlare il cuore nella verità. E a verità ci fa liberi”.

In copertina avete messo la foto di un uomo di spalle che si inoltra nel deserto. Chi è quell’uomo?

“Sono io. Siamo nel deserto del Sahara occidentale, in Marocco. Sono stato lì a febbraio a visitare una nostra comunità di Oblati di Maria Immacolata che è l’unica presenza cristiana in quella regione che è grande come l’Italia. Ci sono due gruppi di Oblati che vivono a 500 chilometri di distanza e si incontrano ogni dieci giorni in una comunità o a metà strada. Gli Oblati sono lì da 70 anni pur non avendo mai potuto avere nessuna conversione, altrimenti avrebbero rischiato la testa sia loro che dei convertiti, però è una presenza bella che testimonia Gesù. Sono stato lì ad animare gli esercizi spirituali e questo mi ha dato modo di inoltrarmi un po’ nel deserto per gustare quell’immensità straordinaria”.

Padre Fabio, è vero che sta lavorando a un progetto tutto pratese?

“Io sono molto legato a Prato dove torno appena posso a trovare sorelle, nipoti, pronipoti. E poi mi piace passeggiare per le vie del centro e fermarmi nei miei luoghi come la basilica di Santa Caterina e la cappella del Sacro Cingolo così da gustarmi la città. Da poco in effetti sto preparando un itinerario alla scoperta dei santi pratesi della storia, che sono tanti. Ho già cominciato a fare il catalogo: dovremmo partire dal beato Pietro vissuto in Vallata intorno all’anno 1000 e poi via via in avanti nei secoli sino ai più recenti. Porterò la mia famiglia in questi luoghi e racconterò loro la vita di questi santi e beati e speso ne venga fuori una nuova bella storia” (…)

mercoledì 28 agosto 2024

Un arcobaleno su Marino e una penna (o computer) per scrivere

 

Marino: “Luogo carismatico”? “Memoriale di un evento di grazia”? Dall’altra parte dell’oceano mi arriva un’altra definizione: “Marino looks, feels and sounds like a very inspirational place”.

Intanto questa mattina, dopo un’alba di feroce temporale, ecco sorgere l’arcobaleno che fa di Marino un luogo di alleanza perenne.

Dallo zaino spunta un regalino che mi hanno lasciato le Clarisse Cappuccine di Fiera di Primiero quando sono stato nella loro “chiesa del patto” all’inizio di luglio: una matita con su scritta una frase di una loro suora, la beata Maria Costanza, morta nel 1963: “Gettiamoci nell’Oceano dell’Amore divino”. Una matita, perché nel settembre 1915 – aveva 19 anni – fece il “voto della penna”, con il quale si impegnava a «non scrivere, in tutta la mia vita, che per Gesù e di Gesù, non adoperare la penna se non per Lui…”.

Un'esperienza analoga a quella di santa Teresa di Calcutta: «Sono come una piccola matita nelle Sue mani, nient’altro. È Lui che pensa. È Lui che scrive. La matita non ha nulla a che fare con tutto questo. La matita deve solo poter essere usata».

La stessa esperienza di Chiara Lubich: «La penna non sa quello che dovrà scrivere. Il pennello non sa quello che dovrà dipingere. Lo scalpello non sa ciò che dovrà scolpire. Così, quando Dio prende in mano una creatura, per far sorgere nella Chiesa qualche sua opera, la persona non sa quello che dovrà fare. È uno strumento. E questo, penso, può essere il caso mio».

Non potrebbe essere un programma di vita per tutti? Magari sostituendo la penna col computer…

 

martedì 27 agosto 2024

Marino: memoriale di un evento di grazia


Tuoni lampi fulmini e saette. Su Villa Desideri un cielo nero come un funerale. Un vento arruffato e tempestoso. Non una goccia d’acqua. Marino è anche questo.

Ma mi riserva ben altre sorprese: incontri, colloqui, confessioni…

Questa casa è un porto di mare che accoglie e trasmette speranza.

Ha una vocazione Marino, e va coltivata…

A conferma mi giunge questo messaggio:

Tra le tante cose belle trattate nel blog, una in particolare mi ha spinto a reagire e riguarda la comunità di Marino. Mi ha interpellato il tuo interrogativo: “Che sia un luogo carismatico?” Hai usato un’espressione che io ho utilizzato più volte per i Santuari, da me definiti luoghi carismatici, nel senso che Dio accorda uno speciale dono dello Spirito a quel dato luogo in ordine ad un cammino di salvezza. A mio avviso la comunità di Marino più che un luogo carismatico, è memoriale di un evento di grazia: rinnovamento, rinascita… Evento di grazia = Gesù in mezzo con tutto quello che significa per la Chiesa e per il mondo. Se si comprendesse la sua portata cosmica! Il suo realismo! Mi riferisco a lui tra noi, al Risorto. Un giorno mi chiesi: “Cosa faccio qui a Marino? Mi giunse una risposta convincente, rassicurante: “Ci sei perché Io ci sia”. Riportato a plurale: “Ci siamo perché Lui ci sia”. Ecco “Marino”.

 


lunedì 26 agosto 2024

Tutto sempre nuovo

 


Non mi assuefò ancora.

Continua a sorprendermi

il sorgere d’ogni alba

dai colori sempre nuovi.

Si fa bella

anche casa Solina.

È incanto, contemplazione,

invito a ricominciare.




domenica 25 agosto 2024

A Marino tutto è possibile




A Marino

Ogni mattina il sole ridà vita. 

La torretta del noviziato torna a brillare 

Si riaccendono gli ulivi. 

Senti che tutto è possibile. 

Che sia un luogo carismatico?



sabato 24 agosto 2024

Annina: questo bel garofano

Quando padre Liuzzo andò dalla mamma di Annina per sapere se acconsentiva alla figlia di seguire la sua vocazione, si sentì rispondere: “Le dono questo bel garofano”.

Sul cuscino di fiori che doveva essere posato sulla bara di Annina si sarebbero voluti dunque dei garofani… ma non è tempo di garofani questo. Eppure questa mattina, improvvisamente, la fioraia ha ricevuto garofani rossi e rosa, ed eccoli sulla bara di Annina.

Una donna “trasparente”, come l’ha definita il parroco, a cui si addicono le beatitudini dei miti e dei puri di cuore.

Ha iniziato la sua avventura con gli Oblati negli anni ’50 a san Giorgio Canavese, mettendosi a loro servizio con semplicità. Ha poi lavorato nell’asilo con i bambini, nell’ospedale del Fatebenefratelli a Roma come assistente sanitaria, come volontaria in Uruguay… È stata accanto a donne anziane senza fissa dimora alle quali portava scatoloni per dormire al riparo, trovava un letto in ospedale, una casa di riposo… Portava la comunione agli ammalati e agli anziani… Sempre all’ultimo posto.

Il funerale è stato uno specchio della sua semplicità e essenzialità.

È morta il 22 agosto, festa di Maria Regina, giorno anniversario della nascita delle COMI, la sua famiglia, e il suo funerale non è stato venerdì come previsto: per ragioni burocratiche – ossia provvidenziali – è avvenuto di sabato, giorno della Madonna…

 

venerdì 23 agosto 2024

La pace della sera

È proprio vero: qua a Marino la pace dell’ aurora dura tutta la giornata. Anche a sera…



giovedì 22 agosto 2024

La pace dell’aurora…

“Qui la pace dell’aurora dura tutta la giornata”.

La scritta in ceramica sulla parete del noviziato che guarda a occidente è una promessa che si attua ogni giorno ormai da più di un secolo.

Me la godo tutta questa pace, qui a Marino, nell’ultimo periodo estivo che mi concede di stare qui a scrivere e lavorare in tutta tranquillità.

Leggo il primo numero di “Comunità Marino”, che ancora non ha titolo, in data Pasqua 1968: «Siamo qui in quattordici: due Missionari e dodici giovani dai quindici ai ventitré anni. Se qualcuno ce l’avesse detto meno di un anno fa lo avremmo preso per matto!... Abbiano sentito il bisogno di una casa per andare a vivere insieme. L’abbiamo chiesta insieme a Chi ne ha tante: in sostanza eravamo squattrinati, ma pieni di fede. Gli abbiamo detto: Noi Ti facciamo una casa “spirituale” tra noi, Tu ce ne fai una di “mattoni”? Ci ha preso in parola, qualche giorno dopo la casa c’era…”».

Il terzo numero del giornalino, che nel frattempo ha preso il nome di “Verso l’ideale!”, si racconta del primo campeggio a Vallada. Al termine di quel campeggio ho raggiunto a Vallada quelli che erano rimasti in vista del noviziato… Ritrovo tra l’altro la testimonianza della ragazza che allora cucinava, Sara, che scriveva le stesse cose che mi ha raccontato qualche giorno fa quando l’ho incontrata a Vallada: «Penso ancora a voi, così pieni di cortesia, umiltà, serenità e con tutta quella gioia che possono avere soltanto le anime in pace con Dio e con gli uomini… Ci avete lasciato un ricco patrimonio spirituale…”.

Bella anche quanto scriveva Scolastica riguardo al “Barba Berto”, il vecchio ultranovantenne che ci aveva accolto nella sua casa: «Sapeste come l’avete conquistato! Come avete riempito la sua vita! A tutti racconta di voi, mostra la foto e ne distribuisce felice le copie, Parla volentieri di voi tutti, e se non ricorda i nomi ha per ognuno un appellativo…». Me mi chiamava “il bel toscano”…

C’è anche la lettera di Orazio, coetaneo, che il giorno dopo il mio arrivo a Vallada ci guidò sulla ferrata del Civetta: “Ricordo volentieri il vostro soggiorno ad Andrich: avete portato assieme alla vostra cordialità, generosità e allegria, un esempio e una testimonianza di viya cristiana che hanno colpito tutti...”.

In questi giorni sono qui a Marino perché la comunità è partita per Vallada, con i giovani… la vita continua!

mercoledì 21 agosto 2024

Gli Oblati e la festa di Maria Regina

Fu Pio XII, nel 1955, a chiusura dell'Anno Mariano, a istituire questa festa, che celebriamo a una settimana dell’Assunzione di Maria al cielo. 

La Madre ha seguito in tutto il Figlio, fino alla croce, fino al cielo… e se lui è Re lei non poteva non seguirlo anche nella regalità.

Perché Maria Regina? Perché in lei la Chiesa, come afferma in Concilio Vaticano II, “ha già raggiunto nella beatissima Vergine quella perfezione, che la rende senza macchia e senza ruga (cf. Ef 5,27), i cristiani invece sono ancora impegnati a crescere in santità vincendo il peccato” (LG 65). In lei Gesù ha toccato il vertice delle sue possibilità di redentore vittorioso. In lei la Chiesa – noi – siamo già quello che ancora non siamo, e che pure siamo chiamati ad essere. Basterà seguirla, come lei ha seguito il Figlio.

Anche gli Oblati hanno fatto la loro parte. Nel 1938 il superiore generale, Théodore Labouré, aveva chiesto alla Santa Sede l’istituzione della festa liturgica di Maria, Regina del mondo. Poco dopo l’inizio dell’Anno Mariano del 1954, anche il superiore generale Léo Deschâtelets indirizzò una analoga supplica al papa:

A Sua Santità Papa Pio XII

Santissimo Padre,

È per me un ben dolce dovere rendere partecipe Vostra Santità di un desiderio espresso dal nostro Capitolo Generale, celebrato nel mese di maggio 1953.

Con voto unanime e grandissimo fervore, tutti i Capitolari hanno pregato il Superiore Generale della Congregazione di voler presentare a Vostra Santità una supplica in vista dell’istituzione di una Festa liturgica in onore della Regalità universale della Santissima Vergine Maria.

Con questa spontanea iniziativa, gli Oblati di Maria Immacolata hanno voluto mostrare la loro fedeltà a questa devozione mariana, lasciata loro in eredità come prezioso tesoro dal Fondatore, il Servo di Dio mons. Carlo Giuseppe Eugenio de Mazenod, Vescovo di Marsiglia.

Hanno voluto inoltre unire le loro voci a quelle della stragrande maggioranza dei cattolici che oggi riconoscono Maria Immacolata come Regina e Imperatrice e come tale l’annunciano alle folle nell’esercizio della loro vocazione di missionari dei poveri e delle anime più abbandonate.

Sono felice, Santo Padre, di rendermi interprete ufficiale di tutti i Missionari Oblati di Maria Immacolata, supplicando Vostra Santità di accogliere la preghiera e l’auspicio di più di seimila e cinquecento religiosi che desiderano ardentemente che Vostra Santità proclami in questo provvidenziale Anno mariano l’universale Regalità della Vergine e l’istituzione di una Festa liturgica che ricordi ogni anno questo glorioso privilegio della Regina del cielo e della terra.

martedì 20 agosto 2024

Fra Tommaso Giunti, figlio di san Bernardo

Sarà perché ormai sto invecchiando, ma spesso mi tornano alla mente  tante persone incontrate, con le quali si è instaurato un rapporto profondo. Oggi, festa di san Bernardo di Chiaravalle, ecco mi riappare un suo discepolo, fra Tommaso Giunti, di Pistoia, un cistercense pieno di umore e di gioia. Una di quelle persone di cui non c'è traccia su internet, eppure che rimane, anche se è morto nel 2005... Sono andato a rileggermi un breve racconto della sua vita che aveva rivolto a noi giovani religiosi... 

Ho avuto sempre una grande simpatia per i Cistercensi. La mia vocazione era maturata attraverso gli scritti dell’abate Chautard. Sia io che mia sorella volevamo farci cistercensi. La figura di San Bernardo mi attirava per la sua esperienza mistica e per la concretezza delle sue realizzazioni sociali.

Finito il noviziato a Foce d’Amelia, fui assegnato alla comunità monastica di Santa Croce in Gerusalemme, a Roma, presso l’omonima basilica. Era una comunità composta di una cinquantina di monaci, per metà sacerdoti, con una ventina di studenti; noi fratelli laici eravamo otto.

Io fui assegnato ad aiutare in cucina e facevo in pratica anche da vice economo. Svolgendo il mio turno come cuciniere, dovevo organizzarmi per preparare i pasti per una cinquantina di persone. Siccome non ne sapevo nulla, mi comprai un manuale; ne ricordo ancora il titolo, La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene, scritto da un toscano con una bella verve, ma con frequenti puntate anticlericali. Fu questo lavoro, non sempre facile, a favorire in qualche modo il mio incontro con il Movimento.

Ma non ero pienamente soddisfatto di come l’ideale di Bernardo era vissuto nella nostra comunità, dove c’era, tra l’altro, una certa tensione fra sacerdoti e fratelli conversi. Era un disagio diffuso, tanto che era maturato un gruppo informale fra noi Fratelli di diverse Congregazioni e Ordini religiosi. C’era anche il fratello economo della “Civiltà Cattolica”, e io ne ero un po’ il capoccia. Amavamo incontrarci in qualche sala parrocchiale per discutere le nostre problematiche. Ci sentivamo una specie di “servitori a buon prezzo” nella Chiesa, e ad un certo punto decidemmo di mettere per iscritto alcune proposte e richieste. Ricordo che facemmo giungere quella lettera addirittura al Papa Pacelli, che ci rispose con parole di incoraggiamento…

Verso la fine del 1949 avevo chiesto e ottenuto dal Superiore di poter partecipare ad un Corso di Esercizi Spirituali fuori della nostra Comunità. Avevo confidato il mio disagio anche a Don Italo Taddei, un sacerdote mio compaesano che a Pistoia lavorava per i ragazzi di strada. Venuto a Roma, egli parlò con il nostro Abate e lo convinse ad accogliere quella mia domanda, anzi si offrì di aiutarmi lui stesso. Fu lui a propormi di conoscere un’esperienza con cui anch’egli era venuto in contatto proprio in quelle settimane. Così in quel Natale 1949, Don Taddei, con le sue sorelle che erano pure venute a Roma dalla Toscana, mi condusse nella zona della Garbatella, per visitare dei “conoscenti”: si trattava del primo Focolare femminile. Egli stesso era stato impressionato dalla conversazione di una ragazza (Graziella De Luca) che raccontava come viveva un gruppo di Trento che aveva deciso di attuare il Vangelo. Ricordo che ci aveva prestato la macchina l’on. Foresi, pure di Pistoia, che a sua volta aveva da poco conosciuto Graziella. Il racconto di quella ragazza, pur essendo centrato sulla scelta radicale di Dio, non puzzava né di sacrestia né di clericalismo e mi colpì profondamente. Il giorno dopo, dovendo accompagnare un gruppo di pellegrini tedeschi verso la Basilica di San Paolo, ne approfittai per tornare da Graziella. Volevo saperne di più, e la stetti ad ascoltare per due ore. Fu come una folgorazione, avevo trovato la risposta ai miei dubbi e la chiave per risolvere i miei problemi: era la constatazione che Dio mi amava personalmente e che per corrispondere bastava fare la sua volontà, che si riassumeva nell’amare il prossimo. 

Avendo saputo di altri incontri simili che si svolgevano a Roma, cercavo il modo di andarvi. Così conobbi Antonio Petrilli, un giovane architetto che aveva lasciato tutto per vivere l’esperienza del Focolare, e altri giovani laici che avevano fatto la stessa scelta totalitaria. Ogni mese veniva proposta una frase della Scrittura come Parola di Vita, ed era bello sperimentare che queste espressioni, messe in pratica, si dimostravano vere ed erano fonte di gioia.

Cercando di vivere con questo spirito, compresi presto che il mio atteggiamento verso il superiore doveva cambiare. Dovevo guardare a lui non tanto come alla persona cui rivolgermi per avere permessi ecc., ma come a un padre o a un fratello da amare in modo speciale, perché mi rappresentava Dio. Superiore della comunità di S. Croce era allora padre Giovanni Rosavini. Quando gli aprii l’anima, egli mi ascoltò e mi incoraggiò. Anzi, si stabilì presto un tacito consenso fra noi, per aiutarci a vivere in pienezza secondo il comandamento evangelico dell’amore reciproco. Una volta, scherzando sul mio entusiasmo, mi disse: “Tommaso, tu finirai per romperti la testa, con questo ideale!”

Mi chiedevo quale doveva essere il mio atteggiamento per la riforma dell’Ordine. Chiara Lubich, che ebbi occasione di conoscere poco dopo, non esitò a dirmi: “Fra Tommaso, la volontà di Dio per Lei non è la riforma dell’Ordine, ma l’obbedienza! Vedrà quante persone capiranno l’Ideale, se voi vivete così, preoccupandovi soltanto di amare”.

Nel 1951 fu decisa la riapertura dell’Abbazia di Chiaravalle, alla periferia di Milano, che era rimasta chiusa e abbandonata per oltre un secolo. E così fui assegnato anch’io a Chiaravalle.

Nella primavera seguente, nel 1952, dovendo tornare a Roma per le elezioni amministrative, chiesi al Padre Abate il permesso di poter passare qualche giorno durante l’estate nell’incontro di vacanza che i Focolarini tenevano sulle Dolomiti. Così potei partecipare alla mia prima “Mariapoli” a Tonadico, presso Fiera di Primiero.

A Chiaravalle c’era da ricostruire anche materialmente gran parte dell’abbazia, ma c’era soprattutto da creare una nuova comunità. Davanti al Tabernacolo, P. Giovanni, l’abate, ed io abbiamo fatto un patto di aiutarci a vicenda a realizzare fra noi e nell’abbazia l’unità voluta da Gesù, scegliendo di rivivere il mistero del suo Abbandono sulla Croce perché egli potesse essere sempre presente fra noi. In quello stesso anno 1952, mentre ero a Roma, ebbi l’opportunità di partecipare ad un raduno a Grottaferrata, in cui vari religiosi e sacerdoti condivisero qualche loro esperienza.

Il mio lavoro principale nell’abazia, oltre a curare l’economia, era quello di ricevere e accompagnare i pellegrini e visitatori che sempre più numerosi venivano a Chiaravalle. Trovavo spontaneo spiegare il carisma di San Bernardo con la luce che mi veniva dall’Ideale dell’unità. E molti ne rimanevano conquistati. In quegli anni la comunità crebbe da tre a 25 monaci! E sono partiti da Chiaravalle anche vari sacerdoti per il Brasile. Cercavamo di impostare la nuova comunità con questo spirito, in tutta semplicità, senza pretendere di fare nulla di nuovo o di speciale.

Adesso non posso più lavorare, sono ammalato e l’abazia sta attraversando un momento difficile. Ma sono convinto che il segreto della resurrezione sta in questo nostro saper morire con Gesù, come il chicco di grano, senza cessare di amare.

lunedì 19 agosto 2024

Michel Courvoisier in cielo assieme all'Assunta

P. Michel Courvoisier è partito il 15 agosto, a 93 anni, accompagnato in cielo da Maria Assunta!

L’ultima volta l’avevo sentito un paio di mesi fa per chiedergli se se la sentiva di rileggere tutto il numero di “Oblatio”, che questa volta era interamente in francese. “Le gambe non mi reggono più – mi ha risposto – ma la mente funziona ancora!”. È l’ultimo servizio reso agli studi oblati. “Amo il lavoro in archivio, sulla storia oblata, su sant’Eugenio. Offro ancora il mio servizio, come può farlo un anziano”, scriveva nel 2011, in occasione dei suoi 60 anni di vita oblata, aggiungendo: “La mia strada ha avuto gioie, sorprese, fallimenti… Cerco di dire sì al Signore che guiderà il mio cammino come lui lo sa e per il tempo che crederà”.

Dieci anni più tardi, nel 2021, faceva il punto della sua vita: “70 anni di oblazione... La mia memoria non mi tradisce più di tanto; tanti ricordi riaffiorano in questi giorni, anche nel momento in cui mi avvicino ai 90 anni. Alcuni dei compiti affidatimi sono stati portati a compimento, altri trascurati o abbandonati. Comunità e persone sono state aiutate, altre non hanno ricevuto l’aiuto che avevano il diritto di aspettarsi da me. Come posso mettere tutto questo nelle mani del Padrone della vigna? … Il Signore ha posto attorno a me dei fratelli che mi hanno aiutato, che sono stati per me testimoni di fede e di fedeltà. Lo ringrazio per questo, li ringrazio per questo. … Cerco anche di restare in cammino verso il futuro, ciò che resta da percorrere, sconosciuto, dove la chiamata del Signore rimarrà presente, dove con il suo sostegno e l'aiuto della comunità i passi sono possibili. Lavorare per procurarmi l'olio per le lampade degli altri e per la mia...”.

Ci lascia una nutrita bibliografia sulla storia di sant’Eugenio e delle comunità oblate delle origini.

Importanti anche i nove anni nei quali è stato Direttore del Servizio informazione della Congregazione. La documentazione di quel periodo andrebbe studiata per capire il suo modo di intendere la comunicazione. Un solo esempio di quanto scrive in proposito al termine del suo mandato: “Ho considerato e cercato di vivere il mio compito essenzialmente come un servizio alla Congregazione in quanto comunità, per contribuire a far sì che quella comunità che è la Congregazione (un'unica comunità apostolica: cfr. C 71) si costruisca come comunità. Il mio lavoro aveva grossi limiti. Oserei sperare che io abbia servito la Congregazione come comunità e soprattutto abbia promosso la comunione (interesse fraterno verso gli altri Oblati, qualunque siano le distanze e le differenze, valorizzazione dei gruppi e delle persone, preoccupazione di non escludere nessuno…). Ho cercato di sottolineare l'aspetto comunitario missionario. Ho cercato di dare eco a ciò che fanno gli Oblati, a ciò che sperimentano, a ciò che costruiscono, ai loro progetti e anche ai loro sogni, purché non siano troppo formali e generali. Le informazioni che ricevevo spesso per me erano vangelo; facendo loro eco, penso di aver annunciato il vangelo... Ho cercato di essere il più universale possibile, di prestare attenzione all'internazionalità, di rispettare le differenze. Che ogni entità Oblata, anche ogni Oblato, avesse il suo posto (e non solo quelli più visibili), compresi i Fratelli, i giovani, gli ammalati...”

Grazie, p. Michel, per il tuo prezioso servizio. Che il Signore ti ricompensi!

domenica 18 agosto 2024

Abbiamo toccato un pezzettino di cielo

“Ci mancherai!” Così mi ha gridato Leonardo, quattro anni, mentre saliva in macchina per ripartire da Saint-Pierre-de-Chartreuse. Sicuramente due minuti dopo, mentre si addormentava scendendo a valle, si sarà dimenticato di tutto, ma intanto mi è piaciuto questo saluto spontaneo.


Nella pace domenicale romana, mentre fuori finalmente piove, ripenso alla mia lunga estate, iniziata a fine giugno sul Celio, con un ritiro ai sacerdoti… Ripenso soprattutto all’incontro con le famiglie in Francia. L’ultima mattina, senza che fosse programmato, una dopo l’altra si sono fatte avanti e, genitori e bambini insieme, hanno raccontato cos’era stata per loro la “Vacanza in Paradiso”. Tanti piangevano dalla commozione per una esperienza così profonda, e per i nuovi, completamente inaspettata. Si sono sentiti avvolti dalla pace, dalla gioia, dal divino. Sono nate o si sono rinsaldate relazioni profonde tra famiglie, tra bambini, e anche tra genitori e figli. Una coppia ha annunciato che si sarebbero sposati, avrebbero fatto la prima comunione e avrebbero fatto battezzare le due bambine.

La scommessa era dichiarata fin dall’inizio: lasciarci coinvolgere tutti, grandi e piccoli. In maniera attiva. Un programma preparato con cura lungo tutto l’anno, in cui ognuno si è reso protagonista. Bambini e ragazzi hanno respirato un’aria nuova, hanno assorbito il clima d’unità.

Qualcuno mi ha scritto in proposito: “Il divino così ben amalgamato con l’umano e l’umano trasformato. Che semina per futuri decenni!”.

Sarà questo che rimarrà, l’aver toccato un pezzettino di cielo.

sabato 17 agosto 2024

Saluto d'estate

Ieri una giornata di riposo assoluto. Mi incammino verso Forcella Lagazon. Sono mai stato su questo sentiero? Ecco apparire la grotta di Lourdes. Ma sì! Sono stato qui tante volte a pregare con la gente del paese. Più su c’è il Tedesc e poi il Piccolin… Ora ricordo tutte le passeggiate di cinquant’anni fa! Anche quella scorciatoia… Non salgo alla Forcella del Negher, tanto meno sulle Cime d’Auta. Ma tutto è ancora là, d’una bellezza unica. Quanto silenzio in mezzo a tanto verde e a tante cime. Una contemplazione. Cammino per tutta la mattinata, cinque ore, con piccole soste per guardarmi d’attorno.

Ci sono anche le macchie grigie degli aceri rossi ormai morti. Anche la natura è segnata dal male. Tanti i fattori di questa strage, ma sicuramente anche la mano rapace dell’uomo che sacrifica la biodiversità a vantaggio dello sfruttamento economico. “La natura geme, in attesa della rivelazione dei figli di Dio…”.

La mia “estate” - Indonesia, Tonadico, Zoldo, Cutigliano, Graz, St-Pierre-Chartreuse… - finisce qui. Sciolgo un canto di ringraziamento.

Intanto, a seguito del blog di ieri sulla commemorazione di p. Ettore, ecco un commento da Taranto: “Bellissimo dono ricordare p. Ettore. Anche per me è stato emozionante. E chi dimentica le prove di canto con lui a sette otto voci… Abbiamo vissuto periodi che ci tengono vivi anche oggi, non nostalgici, ma di fondamentale importanza per un cammino per la vita cristiana”.





venerdì 16 agosto 2024

A Vallada con p. Ettore Andrich guardando oltre le stelle

Vallada, un luogo carismatico? Sicuramente mitico. Quando venni per la prima volta nel 1968 mi misi sul primo sedile del pullman per guardare, incantato, le montagne che si levavano dritte sulle rocce. Scesi a Celat e chiedendo – allora non c’era il gps – iniziai a salire con la mia valigetta fino ad Andrich. Gli oblati mi videro in fondo al prato davanti alla casa dove erano alloggiati e scesero per accogliermi festosi.

Questa volta è venuto Andrea a prendermi alla stazione di Mestre, un ragazzo di vent’anni, alto, gioioso. I suoi genitori si sono conosciuti a Vallada, agli incontri di p. Ettore e una volta sposati hanno comprato casa ad Andrich! Rivedo le montagne di allora. Non sono cambiate! È invece cambiata la strada che porta ad Andrich, ormai c’è una circonvallazione! Ad attendermi sotto i tendoni – anche questa per me una novità – 180 persone, riunite a pranzo: sono gli amici di p. Ettore. C’è addirittura una associazione degli amici di p. Ettore! Si chiama Ninfea, acronimo per: Noi Insieme Famiglie Ettore Andrich. Potenza di p. Ettore che ha dedicato tutta la sua vita alle missioni popolari e alle famiglie.

Dopo pranzo saliamo a San Simon la chiesa che solitaria dal 1200 domina l’intera vallata. 

Sono tornato a Roma dalla Francia il 14 notte e il 15 sono qui a presentare il libro su p. Ettore. Anzi, due libri: la biografia scritta da p. Alberto Gnemmi 

https://fabiociardi.blogspot.com/2024/08/ettore-andrich-ritratto-di-un.html

e “Guardando oltre le stelle. A dieci anni dalla sua scomparsa P. Ettore Andrich ci parla ancora”, una raccolta di testimonianze sulla sua vita e una breve raccolta di suoi pensieri.

L’antica chiesa monumentale è gremita. Presento i libri e do la voce ai testimoni e ai canti di p. Ettore. Sembra incredibile che un uomo così abbia potuto incidere tanto profondamente sulle persone. I racconti sono intensi. Ne esce fuori una figura viva, graffiante, umana, poliedrica, lontanissima da ogni oleografia.

Due ore d’incanto. E chi vorrebbe più andare via? Ritrovo volti conosciuti più di 50 anni fa: fisicamente siamo cambiati, ma siamo gli stessi. Come Sara, una ragazza che allora veniva a prepararci da mangiare. “Lavorano negli alberghi – mi racconta oggi – ma che differenza venire da voi. Era tutto un altro mondo. C’era una armonia…”. C’è Ester, la figlia di Orazio, il mio coetaneo che il giorno dopo che arrivai a Vallada mi portò sul Civetta; non avevo mai fatto una ferrata. Quella volta tutta Vallada era col fiato sospeso e non vedendoci arrivare – era ormai buio – si raccolse tutta in preghiera nella chiesetta di Andrich… Ester è ora mamma di tre bambini e fa la guida ambientale… C’è Donata, allora una bambina che seduta sulla soglia della porta di casa ci guardava incantata. Ma ci sono anche gli amici di Messina, di Napoli, di Firenze, del Veneto, tutti attirati da p. Ettore.

Termino la serata leggendo un’esperienza di p. Ettore. È all’origine di una delle sue canzoni, con la quale si conclude l’evento. Racconta l’esperienza quando ormai è alla fine della vita:

Eravamo in Val d’Aosta vicino al piccolo San Bernardo e mentre facevo una delle mie passeggiate ho capito improvvisamente con estrema chiarezza una cosa fondamentale. Come un lampo nel buio che all’improvviso rende tutto chiaro e visibile, ho sentito profondamente quelle parole di Gesù: “che tutti siano una cosa sola come io in te e tu in me” Ho capito che il Paradiso esiste, che tutto ciò che desideriamo esiste e che è il regno dei cieli che conta: beati i poveri in spirito perché di essi è il Regno dei Cieli. E il regno dei cieli non è di questo mondo, è inutile che continuiamo a cercare tra le nostre miserie di questa esperienza terrena di “quattro” giorni. Qui non c’è niente, è inutile cercare.

Guardiamo in alto, oltre le stelle perché tutto ciò che sogniamo non è qui, ma in Paradiso. In quel momento ho deciso che la mia vita l’avrei donata prima di tutto per andare io stesso in Paradiso, ma soprattutto per portare più gente possibile in paradiso che è l’unica cosa che conta. Ho vissuto una vita stupenda, sono un uomo felice e non cambierei nulla della mia vita. Purtroppo ho tante sorelle e fratelli che non lo sono, per loro ti prego Signore, ti dono la vita: prendila.

giovedì 15 agosto 2024

Tante vocazione per un mondo nuovo

 

Le nostre “Vacanze in Paradiso” sono terminate. Torniamo in terra per vivere come in cielo.

Ormai è chiaro che nell’impostazione di questi giorni mi sono ispirato a un famoso testo del Paradiso ’49, noto come “Resurrezione di Roma”. L’ho adattato ai bambini, ma l’hanno capito anche gli adulti. Ho così terminato con la visione finale dello scritto:

“Gesù va risuscitato nella città eterna ed immesso dovunque. È la Vita e la Vita completa. Non è solo un fatto religioso ... (…) Gesù è l'Uomo, l'uomo perfetto (…). E chi ha trovato quest'Uomo ha trovato la soluzione d'ogni problema umano e divino. Egli lo manifesta. Basta che Lo si ami. (…) Non è certo Gesù storico o Lui in quanto Capo del Corpo mistico che risolve tutti i problemi. Lo fa Gesù-noi, Gesù-io, Gesù tu, ecc. È Gesù nell'uomo, in quel dato uomo -quando la sua grazia è in lui -, che costruisce un ponte, fa una strada, ecc. Gesù è la personalità vera, più profonda di ognuno. (…) ogni uomo porta un contributo suo tipico in tutti i campi: nella scienza, nell'arte, nella politica, ecc. L'uomo è con ciò concreatore e corredentore di Cristo. È l'incarnazione che continua, incarnazione completa che riguarda tutti i Gesù del Corpo mistico di Cristo”.

Non è questo testo l’occasione per spiegare anche ai più piccoli, il senso della vocazione e delle vocazioni? Tutte, quelle ecclesiali e quelle sociali, il cui esercizio è essenziale per portare il cielo in terra e per fare della terra il cielo.

Nei prossimi giorni tornerò su questa esperienza.

Comunque, dopo quattro edizioni è forse il tempo di passare la mano ai francesi, n’est pas?

Ciao St-Pierre-de-Chartreuse...




mercoledì 14 agosto 2024

L'Assunta, la nostra festa

 

La definizione del dogma dell’Assunzione di Maria al cielo in anima e corpo risale al 1950, ad opera di Pio XII, che ha confermato un’antichissima tradizione. Essendo Maria la «piena di grazia», senza nessuna ombra di peccato, il Padre l’ha associata pienamente alla risurrezione di Gesù così che il suo corpo non conoscesse la corruzione.

Per gli Oblati il giorno dell’Assunta è particolarmente caro perché ricorda l’esperienza vissuta da sant’Eugenio de Mazenod il 15 agosto 1822. Quel giorno la statua di Maria Immacolata viene presentata alla venerazione dei fedeli nella chiesa dei Missionari di Aix. Eugenio ne parla con tutta l'effusione del suo cuore. Ha una profonda esperienza interiore che subito confida in una lettera a Padre Tempier: «Vorrei tanto poter condividere con voi tutto ciò che ho sperimentato in termini di consolazione in questo bel giorno dedicato a Maria nostra Regina!». Eugenio avverte lo sguardo materno di Maria, pieno di tenerezza, posarsi su di lui. Attraverso di lei vede tutta la bellezza della Famiglia nata appena sei anni prima e intuisce tutte le grazie che la accompagneranno sempre: “Mi pareva di vedere e toccar con mano che essa contiene in germe virtù altissime e potrebbe compiere un bene immenso. (…) Mi piacevano le sue Regole e i suoi Statuti, il suo ministero mi pareva sublime, com’è effettivamente”.

Grazie a quella esperienza la statua dell’Immacolata, che oggi si trova sull’altare della Casa generalizia a Roma, è chiamata “la Madonna del sorriso”.

martedì 13 agosto 2024

Tante piccole cellule vive che generano vita

Ieri, tra le altre cose, i più piccoli hanno creato degli occhiali magici, coloratissimi, per poter vedere il mondo con lo sguardo di Gesù… 

Infine hanno concluso la giornata con uno spettacolo eccezionale, animato dai piccoli e dai più grandi!

E oggi? Grande passeggiata sui monti e l’immancabile picnic lungo il torrente, senza resistere alla tentazione di fare il bagno!

Prima la mia piccola conversazione per spiegare che non basta l’unità in famiglia. Per portare il cielo sulla terra, per creare una società nuova, dobbiamo metterci insieme e dare vita a piccole cellule vive nei nostri ambienti. Quanto stiamo sperimentando in questi giorni – una vera comunione tra famiglie, tra adulti, ragazzi, bambini, che dà gioia, sostiene, dà speranza – dovremmo continuare a viverlo anche nei nostri ambienti, nel quartiere, nella parrocchia. Allora perché non rimanere in contatto tra di noi e organizzare, spesso o ogni tanto, piccoli incontri per condividere le esperienze, le gioie, le difficoltà, per aiutarci, per coinvolgere altri? 

La tenda costruita questi giorni nel giardino ne è un piccolo segno…




lunedì 12 agosto 2024

Sempre in paradiso... coi piedi per terra

Gli atelier delle famiglie stanno andando a gonfie vele. È da un anno che li prepariamo! Ogni mese abbiamo avuto un incontro collegati via internet, dicendoci il tema che avremmo affrontato giorno per giorno e come avremmo potuto articolarli durante la giornata. I genitori sono stati bravissimi a preparare tutto nei minimi particolari.

Oggi ogni famiglia si è ritrovata e insieme si sono detti il positivo di ciascuno… Ogni famiglia ha poi preparato un dolce con gli ingredienti messi a disposizione. Là dove prevalgono i maschi hanno riprodotto dolci che rappresentavano delle automobili, le femmine invece hanno prediletto i fiori. Poi tutti i dolci sono stati assemblati per un’unica grande torta… I più grande hanno preparato le marionette e fatto uno spettacolo per i più piccini.

Un gruppo è stato a visitare l’atelier di uno scultore del paese, un altro ad ascoltare le storia di un vecchio centenario, altri in municipio per farsi spiegare la storia del comune ed andare a visitare i luoghi caratteristici…

Ogni giorno è di una ricchezza inimmaginabile. Oltre alle passeggiate, naturalmente.

C’è sempre il mio incontro serale con i genitori, dopo che i bambini sono andati a letto, per preparare la meditazione del giorno dopo. Così la mattutina parlo ai bambini (e allora i genitori capiscono…).

Oggi il tema era “aprire gli occhi”. Li avevamo chiusi per non vedere il male e le cose brutte e li avevamo aperti dentro di noi per trovare in noi il Paradiso… Ora bisognava riaprirli, perché non possiamo fuggire davanti al negativo. Ma lo sguardo di adesso non è più quello di prima: ora abbiamo lo sguardo di Gesù. Gli occhi diventano la finestra che ci mostra le cose come Gesù le vede. Come lui diventiamo pieni di misericordia, pieni di amore… Siamo allora andati sulla terrazza e dà lì abbiamo guardato le montagne, il paese, le poche macchine che passano… e cosa abbiamo visto? Abbiamo provato a vedere queste cose con lo sguardo di Gesù…

E come guardare gli amici e i compagni di scuola violenti? E quando litighiamo in casa? Cosa vediamo dalla “finestra” dei nostri occhi dalle quale ormai guarda Gesù?

Poi a fine giornata c’è la messa, con tutti i bambini attorno che vi partecipano come autentici attori… Troppo bello!