La notte del 22 gennaio 1964, i padri Pierre
Laebens, Gérard Defever e Nicolas Hardy venivano massacrati dai ribelli in
Congo. Tutti e tre provenivano dal Belgio.
Il 29 gennaio così il provinciale si rivolse ai genitori: «Consolatevi, pensando a vostro figlio, messaggero dell’amore di Dio, inviato come Gesù per dire agli uomini che si amassero l’un l’altro, pensate che ha compiuto il suo glorioso dovere nel dare la vita per salvare quella di migliaia di fratelli, e non c’è amore più grande o bel gesto sulla terra. Vi consoli la certezza che vostro figlio, martire per amore di Dio e dei “piccoli di Dio” è ora il primo intercessore davanti al trono di Dio. [...]
L’avete seguito da lontano, sostenendolo a ogni passo del
suo cammino missionario. E lo vedete: è andato con tutta l’anima, non per
profitto; come ben sapete, la missione non è questione di soldi, di un bel
posto al sole o di una temporale ambizione personale; è qualcosa di più
semplice e bello: la missione è rinuncia personale: vai a dire a quella gente
ciò che c’è di meglio nell’uomo, e di cui ha bisogno più che del pane: il dono
totale di sé, soprattutto l’amore totale per l’umanità più sfortunata.
Siate orgogliosi del vostro figlio e fratello, come siamo
tutti noi Oblati e ne è orgoglioso il Vescovo. Siamo inoltre orgogliosi di voi,
fieri nel vedere nei genitori dei nostri Oblati tanto coraggio, tanta fede e
tanta generosità spirituale».
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