Per sei anni ho insegnato teologia spirituale alla
Pontificia Università Lateranense. Da quarant’anni lavoro al “Claretianum”,
l’Istituto di Teologia della Vita Consacrata incorporato alla Lateranense. Sono
stato il primo studente a conseguire il dottorato e dopo essere stato
professore ordinario sono orgogliosamente professore emerito. Ai convegni
annuali indetti dall’Istituto sono quello che ha offerto il maggior numero di
relazioni. Tanti pensano che io sia un “claretiano” e, in giro per il mondo,
spesso vengo presentato come tale. Ne sono onorato!
Dieci anni di insegnamento alla Pontificia Università
Salesiana, come quelli all’Auxilium, mi hanno lasciato il marchio e alcuni
pensano che io sia un “salesiano”.
La mia assidua, quotidiana frequentazione, fin da
piccolo, dei Francescani, e più tardi delle Clarisse e in particolare di una
congregazione francescana femminile, mi ha conferito una particolare affinità
con l’esperienza di san Francesco: mi sento “francescano”.
Il guaio è che mi sento un po’ di tutti. Infatti, durante
l’Ufficio delle letture, da molti anni, leggo per intero i classici della
letteratura cristiana e, di volta in volta, mi sono ritrovano agostiniano,
cistercense, carmelitano… Non si tratta di letture soltanto. Intrattengo
rapporti di amicizia e di comunione con religiosi e religiose di tanti
istituti, di tante spiritualità…
Non avere insegnato in una istituzione accademica degli
Oblati di Maria Immacolata – anche noi abbiamo quattro università e parecchi
Istituti universitari – alla fine è risultato per me un vantaggio: mi sento di
tutti.
Che sia, la mia, mancanza di identità propria? O forse
l’inizio di un’esperienza di cattolicità? Che sia una risposta all’invito
dell’apostolo Paolo: «fratelli, tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro,
amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto
dei vostri pensieri» (Fil 4,8)?
Entrare in rapporto sempre più profondo con altri carismi mi ha aiutato a comprendere meglio il mio. Forse non è un caso se da 14 anni sono, per nomina del mio superiore generale, direttore del Servizio generale degli Studi Oblati, per il quale, tra l’altro, ho fondato e continuo a dirigere la nostra rivista di studio “Oblatio”.
Credo che inizierò così il mio intervento che fra pochi giorno dovrò tenere al Seminario su Carismi e Università che si svolgerà alla Gregoriana.
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