Verso la fine del suo
viaggio a Gerusalemme Eric-Emmanuel Schmitt sale da solo sul monte degli ulivi,
perché vuole guardare con calma la città. Così la descrive ne suo libro La
sfida di Gerusalemme:
«Contemplo questa
città arrogante, dura, dai contorni spigolosi. Al disopra del fiume Cedron che
incide i rilievi si profilano bastioni merlati su un muraglione di roccia
naturale. I tetti che oltrepassano la cinta sono ricoperti di tegole, d’oro, di
nichel, qui a punta, là arrotondati, ancora più in là piatti, rivaleggiando
negli aspetti più vari, campanili, torri, torrioni, minareti, belvedere,
terrazze, cupole e globi in cui si mischiano gli stili dei crociati, dei
saraceni, dei bizantini, dei templari, degli ottomani, dei francescani, degli
ortodossi greci o russi, a destra un po’ d’arabo, a sinistra un po’ di turco,
al centro stile coloniale. L’architettura mette insieme monumenti ebraici, cristiani
e musulmani, eppure, paradossalmente, da quella profusione trapela un’armonia.
Il diverso si cancella, come se, staccandosi dalla terra, gli edifici che
svettano verso il cielo riuscissero a trovare uno spazio di concordia. Le
pietre riescono in qualcosa che gli uomini sono incapaci di realizzare: la
coesistenza».
Perché, si domanda,
non abbiamo anche noi la saggezza delle pietre? Cos’hanno imparato loro che a
noi sfugge? E tenta una risposta:
«Le pietre sanno di
essere pietre, fatte di una materia comune, e di avere forme soltanto per
acquisizione. L’umanità, per quanto riguarda se stessa, si ostina invece a
dimenticarlo. Tanto per cominciare ci riteniamo assolutamente diversi gli uni
dagli altri, mentre siamo tutti modellati nella stessa pasta umana. Quanto alle
forme rivestite dal nostro essere - la lingua, la spiritualità, la cultura -
invece di riconoscerle come acquisite, contingenti, storiche, dovute al caso
della nascita e alle circostanze, ci convinciamo che siano fatte di un cemento
le cui colate hanno irrimediabilmente forgiato la nostra identità».
Dialogare come le
pietre di Gerusalemme... potrebbe essere un’idea...
Perché no! Le "Pietre pur mute si fanno interrogare, sono Memorie di tempi Presenti di tanti Passati", basta "saperle amare"sveleranno i loro segreti. D. Familiari
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