venerdì 19 gennaio 2024

Dialogare come le pietre di Gerusalemme

 

Verso la fine del suo viaggio a Gerusalemme Eric-Emmanuel Schmitt sale da solo sul monte degli ulivi, perché vuole guardare con calma la città. Così la descrive ne suo libro La sfida di Gerusalemme:

«Contemplo questa città arrogante, dura, dai contorni spigo­losi. Al disopra del fiume Cedron che incide i rilievi si profi­lano bastioni merlati su un muraglione di roccia naturale. I tetti che oltrepassano la cinta sono ricoperti di tegole, d’oro, di nichel, qui a punta, là arrotondati, ancora più in là piatti, riva­leggiando negli aspetti più vari, campanili, torri, torrioni, minareti, belvedere, terrazze, cupole e globi in cui si mischiano gli stili dei crociati, dei saraceni, dei bizantini, dei templari, degli ottomani, dei francescani, degli ortodossi greci o russi, a destra un po’ d’arabo, a sinistra un po’ di turco, al centro stile coloniale. L’architettura mette insieme monumenti ebraici, cri­stiani e musulmani, eppure, paradossalmente, da quella profu­sione trapela un’armonia. Il diverso si cancella, come se, staccandosi dalla terra, gli edifici che svettano verso il cielo riu­scissero a trovare uno spazio di concordia. Le pietre riescono in qualcosa che gli uomini sono incapaci di realizzare: la coesi­stenza».

Perché, si domanda, non abbiamo anche noi la saggezza delle pietre? Cos’hanno imparato loro che a noi sfugge? E tenta una risposta:

«Le pietre sanno di essere pietre, fatte di una materia comune, e di avere forme soltanto per acquisizione. L’umanità, per quanto riguarda se stessa, si ostina invece a dimenticarlo. Tanto per cominciare ci riteniamo assolutamente diversi gli uni dagli altri, mentre siamo tutti modellati nella stessa pasta umana. Quanto alle forme rivestite dal nostro essere - la lingua, la spiritualità, la cultura - invece di riconoscerle come acquisite, contingenti, storiche, dovute al caso della nascita e alle circo­stanze, ci convinciamo che siano fatte di un cemento le cui colate hanno irrimediabilmente forgiato la nostra identità».

Dialogare come le pietre di Gerusalemme... potrebbe essere un’idea...

1 commento:

  1. Perché no! Le "Pietre pur mute si fanno interrogare, sono Memorie di tempi Presenti di tanti Passati", basta "saperle amare"sveleranno i loro segreti. D. Familiari

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