giovedì 18 gennaio 2024

Ricordando Jonathan Cotton

Tra le mie tonnellate di foto ce n’è una carissima (naturalmente non la ritrovo) che mi ritrae sulla passeggiata che costeggia il lago Leman a Vevay, in Svizzera, assieme ai due inglese più simpatici del mondo: Charley Chaplin e Jonathan Cotton. Charley Chaplin se ne sta lì a passeggio da qualche anno, bronzo a grandezza naturale con bombetta e bastone. Jonathan Cotton... sarà forse meno famoso, ma in compenso è un vecchio amico. Monaco benedettino, dal suo priorato a Leyland mi ha introdotto nel complesso mondo inglese, dalla Cave dei Beatles a Liverpool, a Stratford, il paese di Shakespeare.

Da lì un giorno siamo passati in Irlanda per un convegno. Al termine decide di farmi visitare il luogo più fascinoso dell’isola, il Ring of Kerry. Approdiamo nella città di Killarney senza la minima idea di dove andare ad alloggiare, ma appena arrivati un caso fortuito (è il modo laico per indicare la Provvidenza) ci offre una sistemazione ottimale. Per un paio di giorni passeggiamo nei dintorni sotto una pioggia torrenziale (che è il modo migliore per contemplare i verdi paesaggio irlandesi). Ma Jonathan, conoscendo il mio amore per il monachesimo antico, indovina il segreto desiderio di visitare le isole Skelligs.

I monaci irlandesi non avevano a portata di mano il deserto dove ritirarsi in solitudine con Dio. Allora o si facevano pellegrini (e hanno invaso l’intera Europa), oppure se ne andavano su isolette sperdute dell’oceano, deserto fatto d’acqua invece che di sabbia.

Telefoniamo a un vecchio lupo di mare: “Domani potremo metterci in mare?”. Dall’altro capo del telefono risposta immediata: “Domandatelo a Quello di lassù!”. Con Quello di lassù Jonathan e io non abbiamo il filo diretto. D’altra parte, visto che in Irlanda il tempo è sempre un rebus, non possiamo aspettarci altra risposta. Così la mattina seguente, di buon’ora, ci mettiamo in viaggio verso Portmagee, poche case dai colori vivaci allineate sul bordo del mare.

Nonostante il mare grosso, eccoci su una piccola imbarcazione dal motore potente diretti verso un famoso monastero costruito nel VI secolo su una delle isole Skelligs, due ammassi rocciosi privi di vegetazione e di acqua.

Le onde sono alte. Quando scendiamo nell’avvallamento fra un’onda e l’altra l’orizzonte sparisce, quando saliamo sulla cresta si vede la vastità del mare minaccioso. Come facevano una volta i monaci con le loro barchette? (In effetti le cronache parlano di molti morti, ché attraversare il mare era più rischioso che attraversare il deserto).

Raggiunta l’isola, un sentiero di gradoni di pietra ci conduce in cima all’erta montagna. Davanti a noi lo spettacolo di un monastero costruito interamente in pietra, a secco. Le celle, la sala comune, la chiesa: originali edifici a cupola che ad un Oblato come me ricordano immediatamente la forma degli igloo eschimesi. Con l’aiuto di una guida ricostruiamo i siti e la vita degli antichi monaci, spariti dal tempo delle incursioni dei Vichinghi. Di loro rimangono soltanto questi reperti, meta di un turismo esigente e colto. Alcuni tedeschi sono con noi ad ammirare le antichità.

Perché tanti luoghi di preghiera, qui come altrove, sono ridotti a musei? Ho un moto di ribellione. Spingo Jonathan nella chiesetta e in barba ai tedeschi gli grido: “Tutto questo è tuo. Sei un monaco, sei un Benedettino, sei l’erede di questa vita. Riappropriati del monastero, fallo rivivere!”. E tra quei sassi antichi, almeno per una volta, sale di nuovo al Cielo il canto del Padre nostro.

È una pagina del mio diario, datata: Killarney, 5 settembre 1998

Ieri, 17 gennaio 2024, Jonathan è salito al cielo, assieme al canto del Padre nostro.

PS: Ho ritrovato la foto!



2 commenti:

  1. Grazie Padre Fabio, abbiamo tradotto in inglese e messo sul sito di Focolare Ireland.

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    1. ... infatti la segnalazione di questo post mi é arrivata dalla figlia che sta in G.B.!

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