Le foto che ho pubblicato ieri su Alassio erano mie.
Adesso me ne sono arrivate altre, così ha l’occasione per copiare altre due
righe su quello che ho detto ieri riguardo allo sguardo, in particolare lo sguardo
di Gesù. Ho accennato ad alcuni dei suoi sguardi.
«Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea…
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello…»
(Mc 1, 16-20). Il suo non è uno sguardo da turista o da curioso. È uno sguardo
che penetra nel cuore, vi coglie il disegno di Dio e lo fa emergere, lo attualizza:
«Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini…».
Quando a Cafarnao passò davanti al banco dell’esattore
delle tasse «vide un pubblicano di nome Levi…» (Lc 5, 27). Il verbo greco
indica un guardare con attenzione. Lo sguardo di Gesù non è mai superficiale. Vede
in profondità nel cuore di Levi. Non si ferma all’esterno, alla sua attività peccaminosa
– riscuote le tasse per conto dei romani. Non lo giudica dall’apparenza, ma scorge
in lui la possibilità di una vita nuova. Lo chiama e lo fa nuovo.
Lo stesso quando passò da Gerico: «alzò lo sguardo» e vide
Zaccheo (Lc 19, 5). Anche in questo caso va oltre l’apparenza, guarda “in
alto” (alza lo sguardo, guarda in alto!), lo vede nel disegno di Dio. Ancora una
volta il suo sguardo converte.
Andiamo ora a Gerusalemme. Gesù attraversò il cortile del
sommo sacerdote e «fissò lo sguardo su Pietro» che l’aveva appena rinnegato tre
volte (Lc 22, 61). Non è un rimprovero, non è una condanna. A differenza
dell’incontro con Levi e Zaccheo questa volta Gesù non dice una parola, guarda soltanto.
Ma quello sguardo guarisce Pietro. È uno sguardo amorevole, comprensivo, di misericordia.
Pietro, vedendo su di sé quello sguardo, si ricordò della prima volta che Gesù lo
aveva guardato sulla riva del lago, e pianse. Fu liberato da quello sguardo.
Cosa aveva di così speciale lo sguardo di Gesù da cambiare
le persone? Il segreto ce lo dice il Vangelo di Marco, quando racconta l’incontro
con un uomo ricco che gli chiede cosa fare per avere la vita eterna. Gesù «fissò
lo sguardo su di lui e l’amò» (10, 20). Il suo è uno sguardo d’amore, attraverso
lo sguardo passa tutto l’amore di Dio.
In quello sguardo prolungato e intenso – “fissatolo” –
sentiamo tutta una premura e un’attenzione particolare, prolungata, personale. Attraverso
quello sguardo passa tutto l’amore di un Dio. La scelta che egli ha fatto di me
da tutta l’eternità, accade in un tempo e in uno spazio determinati, si storicizza
qui e ora, e trova la sua attuazione in quell’incrociarsi del mio sguardo con quello
di Gesù.
È lo sguardo di uno che mi conosce da sempre. Guardandomi
mi “ri-conosce”! Sa già chi sono. Sa già il mio nome, prima ancora che io glielo
dica. Da sempre mi ha portato in cuore. Ogni persona, uomo o donna, è chiamata a
questo incontro con l’Amore: siamo fatti per amare, per incontrarci con la sorgente
stessa dell’Amore. Siamo fatti per vivere in rapporto di comunione con lui. La realtà
più bella e profonda della nostra umanità è la capacità di stare davanti a Dio a
tu per tu: è nostro Padre e noi siamo figli e figlie suoi.
Perché ogni tanto non ci fermiamo a fare memoria di quando
e di come Gesù è passato nella nostra vita? Abbiamo mai sentito il suo sguardo posarsi
su di noi? Non è un evento che rimane fissato nel passato, è una realtà viva, dinamica.
Gesù continua a chiamarci ogni giorno. Ci lasciamo guardare negli occhi? Ci lasciamo
amare?
Soltanto allora impareremo a guardare con il suo
stesso sguardo d’amore e sapremo rigenerare la vita attorno a noi.
Ho riletto più volte queste sue"riflessioni"vi sono grato! Se ritenete,pubblicatelo su Città Nuova. Domenico Familiari .
RispondiElimina