San
Giovanni, quanti amici e amiche portano questo nome. Tra i primi quelli
che sono già con san Giovanni, come Giovanna Clemente e Giovanni Santolini.
Di
quest’ultimo ho cominciato a imbastire una biografia, compito che mi consente una nuova profonda intimità con lui. È risaputo che attorno ai 18 anni nacque in lui un
desiderio fortissimi di santità. Ha tentato tutte le vie, anche bizzarre, per
incamminarsi verso la santità. Finché, entrando dagli Oblati, tutto si è
semplificato e essenzializzato.
Ha
compreso che la vita concreta con gli altri membri della sua comunità gli
garantiva il cammino quotidiano di santità: «Posso dire, senza presunzione –
scrive quando si trova ancora nella comunità di Passirano a Brescia –, che
constato in me una maggiore maturità umana e spirituale dovuta al costante
sforzo della comunità di crescere insieme nella via della santità». Avrebbe
raggiunto la santità vivendo con il Santo vivente in mezzo a quanti il Signore
a chiamato alla sua sequela.
Il
frutto maturo di questa nuova comprensione della santità è forse espresso in
una conferenza tenuta nel 1989 a Ottawa, in Canada, in occasione di un convegno
dedicato a “La missione oblata attraverso la comunità apostolica”. Alla
conclusione della sua presentazione scrive:
«Siamo uniti nel nome di Gesù Cristo; quindi uniti nella carità, nel Vangelo, nell’amore reciproco. Di conseguenza, uniti per nessun altro motivo, per nessun’altra ragione che Lui. È Lui la sola ragione della nostra unità, Lui, Gesù, il solo motivo del nostro essere comunitario, e non l’apostolato, il ministero, la missione stesso, o non importa quale altre azione possiamo fare, tutte conseguenze… La comunità è dunque missionaria perché è il segno della presenza di Gesù: “Voi ne sarete testimoni” (Lc 24, 38). Essere testimoni della presenza di Cristo è continuare la sua missione. È tutto qui… Bisogna supporre lo sforzo personale di una conversione continua che conduce alla perfezione: una perfezione acquisita non in senso individualista, ma dell’amore reciproco, che ci consente di giungere fino in fondo, grazie alla presenza di Gesù che dobbiamo alimentare. È Lui il perfetto ed è in Lui che dobbiamo trovare la perfezione e dunque l’unità della nostra vita e delle nostre vite».
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