giovedì 7 giugno 2018

Con gli Indù sulla tomba di Chiara Lubich


  

Il nostro “pellegrinaggio alle sorgenti” con gli Indù, iniziato a Tonadico sui luoghi dell’esperienza di Chiara del 1949, è terminato alla sua casa e sulla sua tomba.
La visita alla casa è stata un’immersione nel soprannaturale, quasi la condivisione della sua scelta di Dio continuata e approfondita lungo tutta la vita. Il suo ultimo messaggio, dato tre giorni prima della morte, risuona ancora con forza: “Sempre in Dio”.


Nella cappella del Centro dell’Opera di Maria, alla tomba di Chiara, si è creato quel silenzio pieno di cui gli indiani sono maestri, espresso poi in preghiera e canto. Nel mosaico con la nuova Pentecoste del Concilio Vaticano II, a qualcuno è sembrato di vedere, in Maria madre della Chiesa, una dissolvenza che mostrava Chiara.
L’esperienza mistica di Chiara parla a loro come a poche altre persone. Sono, come ho già scritto, persone di alto profilo nel mondo indù, e rappresentano le diverse espressioni dell’induismo, da quella più intellettuale a quella più devozionale a quella più sociale. Tutti continuano ad affermare, con loro stessa meraviglia, che qui hanno trovato un’altissima spiritualità, la risposta al bisogno del divino… Noi pensiamo all’India come a uno dei luoghi dove la mistica ha raggiungo il massimo e quanti occidentali vanno lì per trovare i grandi uomini spirituali, capaci di introdurre nella sapienza. E loro invece vengono qui per cercare Chiara, per leggere insieme con noi i suoi testi mistici, e trovano l’ispirazione per la loro vita. Forse non apprezziamo adeguatamente quanto possediamo.
Una di loro si è così espressa: “Non sono venuta come professoressa di cultura indiana. L’intelletto non è tutto. Questo è l’inizio di una trasformazione. Sono grata a Dio per questo squarcio di luce e voglio crescere in questa spiritualità”.
Un rappresentante della religione Bahai: “Venire alla sorgente ci ricorda che la strada è piena di pietre, ma la fatica è ricompensata. In un momento in cui il mondo sta sperimentando energie distruttive questa unità è come un atomo che ha una grande potenza. In ogni creatura vi è il seme dell’unità. In questi giorni non siamo solo diventati buoni amici, ma siamo stati riempiti di energie”.


Siamo quindi saliti nell’Aula della Scuola Abbà. Ognuno di loro si è seduto attorno al tavolo provando una gioia indicibile e sentendosi grandemente onorati: è come fossero stati introdotti in un ambiente sacro.

Uno dei frutti non indifferente del pellegrinaggio è stata una maggiore fraternità e comunione tra i rappresentanti delle diverse correnti Indù. È quanto accader quando tra noi ci troviamo insieme tra luterani, anglicani, cattolici, ortodossi. Come ha detto uno di loro “Il nostro pellegrinaggio era alle sorgenti. La nostra anima ha davvero trovato le sorgenti. Vivere insieme in questi giorni ci ha portato a sperimentare nell’unità che la nostra Fondatrice vuole da noi. Siamo da diverse parti dell’India e lavoreremo insieme per portare l’unità. Siamo felici e ispirati perché abbiamo capito cos’è l’amore”.


Al termine del nostro pellegrinaggio ripenso ai nostri grandi Bede Griffith, Henri Le Saux e altri cristiani che sono andati in India per tentare di ripensare il cristianesimo con le categorie indù. Li ho sempre ammirati e compatiti. Ammirati perché sono stati dei profeti e hanno tentato l’intentabile. Compatiti perché hanno tentato un’impresa impossibile, che ha condotto alcuni di loro sull’orlo della pazzia. Il nostro cammino è completamente diverso. Abbiamo capito che non saremo noi a ripensare il cristianesimo in categorie orientali, ma saranno gli Indù stessi a pensare il messaggio di Gesù nelle loro categorie. È un cammino che facciamo insieme con loro.


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