Ho terminato di leggere l’affascinante vita di padre Giuseppe
Gérard, il fondatore della Chiesa in Sud Africa.
Una persona estremamente semplice, umile, consapevole della
propria fragilità, con davanti a sé una missione impossibile. “Le mie
deficienze sono incolmabili, la mia vita è nulla, nullo il mio ministero: il
demonio ride. Quante anime abbandonate”.
Un uomo che non si scoraggia mai, anche se per dare il primo
battesimo deve aspettare undici anni. Non si scoraggia neppure davanti alla
propria povertà: “È da tanto tempo che vorrei cambiar vita, convertirmi. Dico
sempre: domani, domani. Ma oggi dico finalmente: Adesso comincio”. Ricordando
sant’Ignazio di Antiochia che alla vigilia della morte diceva: “Oggi comincio
ad essere cristiani”, padre Gérard ripeteva: “C’è sempre occasione per dire
questa bella parola”.
Un uomo amato da tutti, più madre che padre. Quando dopo anni
dovette lasciare il villaggio della Madre di Dio, le persone gli gridarono da
ogni parte: “Portaci sempre nel tuo tarì”,
la sciarpa di lana o la pelliccia di antilope con cui le mamme assicurano il
bambino dietro le loro spalle.
Un uomo che non si è mai risparmiato, fino all’ultimo. Ormai
vecchio scriveva: “Vado a visitare i vecchi, porto la S. Comunione agli
ammalati, è una grande consolazione fare una lunga strada in mezzo ai pagani ed
entrare nelle loro capanne. Le forze sono andate giù, la vista e l’udito si
sono indeboliti… Faccio ancora qualche cavalcata di cinque o sei chilometri con
un cavallino quieto quieto. Non posso andar più tanto lontano come un tempo. Mi
preparo al gran viaggio dal tempo all’eternità”.
È chiaro che un uomo così, in punto di morte, ripetesse: “Non
avrei mai creduto che fosse così dolce morire”.
Affido a lui il lavoro di questi giorni in Sud Africa. E
perché non chiedergli che porti anche noi nel suo tarì?
Nessun commento:
Posta un commento