Anche questa volta nel mio viaggio aereo, nell’andata e nel ritorno, ho fatto scalo a Dubai, centro di confluenza tra Europa, Asia, Africa. Nel moderno, spazioso e luminoso aeroporto si vedono persone di tutti i continenti, in moto perpetuo, tipico di ogni aeroporto.
Quante persone, quante sfumature di colori e lingue e fogge. Quanti
mondi diversi.
Tra le donne le differenze sono ancora più marcate, da quelle seminude
a quelle interamente coperte, con vesti che strascicano per terra in modo che anche
le scarpe o i sandali rimangano nascosti. Mi colpiscono due occhi grandi,
spalancati, di una donna bambina, che spuntano tra il curioso e lo spaventato dallo
chador. Sembra celino un mistero. Ma lo celano anche quelli di donne svelate, dai
sorrisi falsi e dagli shorts vertiginosi.
Rispettare il mistero di ciascuno, nella sua straordinaria differenza,
senza pretendere uniformità. Difficile da capire – che mistero sarebbe se fosse
diversamente? – eppure accolto, nella convinzione che ognuno ha una ricca irrepetibile
storia che vorrebbe raccontare, e che forse non sa narrare neppure a se stesso.
Come sempre i pensieri si affollano e sono carichi di mestizia sull' umanità che si affaccia da poche pennellate sulla folla di uno scalo aeroportuale .Tutte le persone che sono tratteggiate portano un'invisibile bagaglio di gioie e di dolori non proporzionato al tipo di vestito :spesso il dolore è ben mascherato da un aspetto esteriore frivolo e spudorato .Solo il Signore vede la verità del cuore
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