Nel rileggere le origini delle comunità religiose spesso si
nota un particolare legame che unisce i primi membri attorno al fondatore e tra
di loro. Esso abitualmente precede e determina ogni ulteriore formulazione
giuridica mirante a rendere saldo e permanente tale legame. Si potrebbe
intendere questo primitivo rapporto come il frutto di un implicito o esplicito “patto”
che, nelle differenti formulazioni, richiama il comandamento nuovo di Gesù,
l’amore reciproco (cf. Gv 13, 34);
patto che ha le caratteristiche di una alleanza, di una relazione personale, di
tipo primario e insieme olistico, basato sulla fiducia vicendevole e sulla
condivisione di una forte e comune progettualità. All’inizio vi è dunque un ac-cordo (da “cuore”: mettere insieme i “cuori”
e, figurativo, gli animi, le menti; oppure da “corda”: portare più corde di uno
strumento o più strumenti o voci a un medesimo tono), un con-senso (il medesimo sentire), un “voto”, un “patto”, una
“risoluzione”, una “alleanza” tra persone che si prefiggono di vivere e operare
secondo un particolare stile di vita segnato da un comune desiderio di amore
reciproco e unità.
Sono le cose che dico sempre e che ho ripetuto anche
parlando al ritiro della nostra comunità. Forse ho colpito nel segno, perché in
questi giorni in casa si sente ripetere, tra il serio e il faceto: “Ma insomma,
qual è il legame tra me è te? Un patto o un contratto?”
Questo vale anche nel rapporto nascente tra un uomo e una
donna che intendono formare una famiglia.
Quando poi il gruppo carismatico delle origini si sviluppa,
si moltiplica in differenti comunità, si diffonde nello spazio geografico e nel
tempo, si avverte il bisogno di un insieme di norme capaci di assicurare il
legame tra le persone che ormai non vivono più insieme e non avranno più un
rapporto primario. Senza questa struttura il gruppo rimarrebbe una piccola
entità locale senza futuro. Una regola precisa, un “contratto”, diventa allora necessario
perché la comunità primitiva possa dilatarsi in tutto il mondo e mantenga la
propria identità.
Anche nel rapporto di coppia, al “patto” d’amore reciproco
si affianca il “contratto” matrimoniale, altrettanto necessario.
Il rischio sempre latente è dimenticare che questo accordo
tra persone che ha segnato gli inizi è il principale legame del gruppo, viene prima
del “contratto”, della “regola”. Di qui la necessità di “tornare” a quel patto
iniziale, prendere coscienza dell’unità dei cuori e delle menti che è all’origine.
La riflessione che ho letto mi porta a risalire al vero valore del "patto" come una perla preziosa che si converva gelosamente nel proprio mondo interiore e lì la ritroviamo intatta e luminosa .Invece il "contratto" si riveste di ufficialità e di freddezza che si trova all'esterno di noi e quasi ci spaventa perchè è nell'ambito della legge con tutte le sue formalità .Grazie di queste riflessioni preziose!
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