Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato con forza che siamo tutti chiamati alla
santità. Ma prima di essere una chiamata essa è un dono che Dio ci fa in Gesù,
che è la nostra santificazione (Cor
1, 30): «siete stati santificati, nel nome del Signore Gesù Cristo e nello
Spirito del nostro Dio» (1 Cor 6,
11). Ci ha resi partecipi della santità di Dio: dandoci la vita stessa di Dio: siamo
«partecipi della natura divina» (1 Pt 1,
4); un «germe divino dimora» in noi (1 Gv
3, 9); «Siamo figli di Dio, e lo siamo realmente!» (1 Gv 3, 1). È un dono che Gesù ha pagata a caro prezzo: «siamo
stati santificati mediante l'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta
per sempre» (Eb 10, 10).
Il frutto è la nascita di un popolo santo: «Voi siete la stirpe eletta, il
sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato» (1 Pt 2, 9-10). Gesù ha infatti «ha amato
la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa» (Ef 5, 25-27). È una “santità collettiva”,
come ci ricorda ancora il Concilio: «Dio ha voluto santificare e salvare gli
uomini non individualmente e senza alcun legame tra di loro, ma volle
costituire di loro un popolo che lo riconoscesse nella verità e fedelmente lo
servisse» (LG 9).
Dono di Dio la santità è un germe di vita che attende di crescere e
giungere a pienezza: è questo il nostro compito, la nostra riposta d’amore all’iniziativa
d’amore di Dio. «I fedeli – ci ricorda ancora il Vaticano II – devono, con
l'aiuto di Dio, mantenere e perfezionare, vivendola, la santità che hanno
ricevuta» (LG 40). È l’invito che
Gesù stesso ci rivolge: «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre
vostro celeste» (Mt 5, 48).
Festa di Tutti i Santi, invito a guardare in
alto, a quell’infinita schiera di “santi” che già popolano il Paradiso e che
fanno tifo per noi, perché siamo anche noi là dove sono loro. Non siamo soli in
questo cammino.
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