Questa mattina sono stato in piazza
san Pietro, come nei grandi giorni, agghindato solennemente con veste e cotta!
Con posto riservato sul sagrato, subito dietro l’infinita schiera di vescovi e
qualche monsignore con tricorno in testa sormontato da pompon rosso.
Che evento straordinario: essere lì
con il papa, con tutti i membri del Sinodo, con Bartolomeo I, Patriarca di
Costantinopoli, e Rowan Williams, Arcivescovo di Canterbury, con tantissima
gente per l’apertura dell’anno della fede, nel 50° anniversario dell’apertura
del Concilio Vaticano II.
Il papa ci ha subito portato nel
cuore della fede: Gesù, e ci ha donato la sua esperienza: “durante il Concilio
vi era una tensione commovente nei confronti del comune compito di far risplendere
la verità e la bellezza della fede nell’oggi del nostro tempo”. Ha poi indicato
la direzione: “In questi decenni è avanzata una «desertificazione» spirituale.
Che cosa significasse una vita, un mondo senza Dio... È il vuoto che si è
diffuso”. In questo deserto tocca a noi riscoprire la gioia di credere e indicare
la strada. L’anno della fede sarà dunque “un pellegrinaggio nei deserti del
mondo contemporaneo, in cui portare con sé solo ciò che è essenziale: il
Vangelo e la fede della Chiesa”.
È ascoltare Dio che, come ci ricorda
proprio il Concilio, “nel suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e
si intrattiene con essi per invitarli ed ammetterli alla comunione con sé”. Ed
è rispondere a questo desiderio di Dio di instaurare un rapporto di amicizia e
di comunione, aderendo pienamente, con tutta la persona – mente, forse, cuore,
intelligenza – a quello che ci dice e a quello che vuole da noi (quindi metterlo
in pratica, fidandosi di lui, farlo diventare vita!), fino ad entrare in un rapporto
d’amicizia e di comunione con lui. Che dono grande!
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