lunedì 22 ottobre 2012

Dominus vobiscum

A volte sento che il prete, all’inizio della messa, dopo aver proclamato: “Il Signore sia con voi”, avverte il bisogno di aggiungere: “Buon giorno”, così da rendere più familiare il rapporto con i fedeli.
Legittimissimo. Ma a volte può denotare l’incomprensione e lo svuotamento del senso del saluto liturgico trovo usato fino a diventare insignificante e formale.
Invece è il saluto che l’angelo rivolse a Maria e che noi ripetiamo almeno 50 volte al giorno nel Rosario: “Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te”.
Strano che la stessa frase alla messa si traduca con un esortativo e nell’Ave Maria con un indicativo, eppure in ambedue i casi nel latino manca il verbo: “Dominus vobiscum”; “Dominus tecum”. Perché nel primo caso si sottintende sit e nel secondo est? I liturgisti sapranno spiegarlo. Di fatto, almeno nella messa in lingua portoghese si dice “Il Signore è con voi”, si prende atto di una realtà: nell’assemblea riunita nel nome di Gesù per pregare insieme egli è presente. Mi colpì quando lo sentii per la prima volta in Brasile.
Si comprende allora la riforma liturgica, che invita il celebrante non più a rivolgere le spalle all’assemblea e a pregare verso oriente, verso la direzione di un Dio lontano; ma a rivolgersi verso l’assemblea, radunata attorno all’altare, perché è lì, nell’unità del popolo di Dio che si è reso presente l’Emmanuele, il Dio cristiano che insieme preghiamo.
Quel saluto, detto all’inizio e ripetuto prima del vangelo, della preghiera eucaristica e della preghiera cristiana, è più di un augurio o di un semplice bisogno; è lo svelamento del mistero di Dio tra noi.

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