«Tu
seguimi». È l’ultima parola del Risorto. La stessa della prima, con la quale si
aprono i Vangeli. Quando Gesù incontra i suoi li chiama a seguirlo: “Seguimi”.
Sembrerebbe tutto fatto. Il cammino dietro a Gesù è invece sempre nuovo,
dinamico, creativo, fatto di alti e bassi, cadute e riprese, smarrimenti e
ritrovamenti, luci e tenebre, mai lineare.
Ogni
volta che ci viene rivolta la domanda: “Mi ami tu?”, è l’invito a un passo in
avanti, verso una nuova incognita. Ogni volta che gli diciamo “Tu sai che ti
voglio bene”, è la dichiarazione di disponibilità per una tappa nuova del
cammino.
La
chiamata non è fatta una volta per sempre, è un invito continuo che Gesù
rivolge lungo tutta la vita. Poco prima, al versetto 10, Gesù gli aveva detto
semplice- mente: «Seguimi»”. Ora - siamo al versetto 22 - specifica: «Tu
seguimi». Tu!
La
chiamata e la risposta sono sempre personali, così come l’itinerario. Per
ognuno è un’avventura diversa, ognuno ha la sua storia, anche se ogni chiamata
e ogni cammino sfociano alla stessa meta: “Me-Gesù!”.
La
chiamata è diretta a un “tu” concreto e apre all’incontro con un “tu”
altrettanto concreto: si segue Gesù, una persona, non un’idea, neppure un
ideale: “Segui-me”. In greco letteralmente è «Tu me segui».
Il
Vangelo si conclude con questa parola, e per ognuno di noi si apre la vita di
ogni giorno, una chiamata costante, una risposta sempre nuova, un amore sempre
conquistato, una missione sempre imprevedibile. Inizia la storia della Chiesa,
di tutti i cristiani, dell’intera umanità, di tutto il creato, in cammino verso
il Signore che viene.
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